Stranieri residenti in aumento in tutte le Regioni

Stranieri residenti in aumento in tutte le Regioni

A cura dell’Istat

GLI ULTIMI DATI DALL’ISTITUTO NAZIONALE DI STATISTICA

Al 31 dicembre 2023 la popolazione abitualmente dimorante in Italia conta 58.971.230 individui. Rispetto alla stessa data dell’anno precedente la popolazione è inferiore di 25.971 unità, con una riduzione dello 0,4 per mille. Il lieve calo della popolazione su base nazionale è il frutto di andamenti demografici sul territorio tutt’altro che omogenei. In termini relativi il calo maggiore rispetto all’anno precedente si riscontra nel Sud (-3,7 per mille) e nelle Isole (-3,8 per mille). Perde popolazione anche il Centro (-1 per mille) mentre il Nord-ovest (+2,3 per mille) e il Nord-est (+2,0 per mille) conseguono incrementi positivi. A livello regionale il quadro complessivo presenta variazioni negative della popolazione in tutte le regioni del Mezzogiorno (con un picco del -8,1 per mille in Basilicata) e in tutte quelle del Centro (-3,9 per mille in Umbria). Al contrario, nel Nord, con l’eccezione della sola Valle d’Aosta/Vallée d’Aoste (-2,1 per mille), la popolazione cresce ovunque, con un massimo del +6,3 per mille nella Provincia autonoma di Bolzano/Bozen. A giustificare la modesta flessione della popolazione nazionale e la crescita riscontrata in quella residente al Nord concorre la componente straniera. Gli stranieri censiti come residenti, infatti, salgono a 5.253.658 individui al 31 dicembre 2023 (+21,8 per mille rispetto al 2022) e la loro incidenza sul totale della popolazione residente cresce all’8,9% (8,7% nel 2022).

Nel 2023 il 57,8% dei 7.900 Comuni italiani (4.568 Comuni) perde popolazione rispetto all’anno precedente (nel 2022 la quota era pari al 61,3%). Nei 3.332 restanti Comuni, in cui complessivamente risiedono 26 milioni e 360mila persone, si osserva invece un aumento. Il calo di popolazione interessa soprattutto i Comuni fino a 5mila abitanti che registrano una variazione negativa nel 60,8% dei casi. In questi Comuni, che rappresentano ben il 70% dei Comuni italiani e in cui risulta residente il 16,4% della popolazione, il saldo complessivo rispetto al Censimento 2022 è negativo ed è pari a circa 25mila individui. Perde popolazione anche il 60% dei Comuni nella classe 50-100mila abitanti, dove risiede circa l’11% della popolazione. Dei 44 Comuni con oltre 100mila abitanti, dove si contabilizza il 23,2% dei residenti, 25 perdono popolazione rispetto al 2022, mentre tra i restanti 19 il saldo è positivo (25.789 residenti in più). Nei Comuni medio-piccoli (da 5mila a 20mila e quelli da 20mila a 50mila abitanti), dove si conta circa il 50% dei residenti in Italia, poco più della metà perdono popolazione. Roma, con 2.751.747 residenti, è il Comune con la popolazione più numerosa e, a differenza dello scorso anno, fa registrare una variazione negativa (-3.562). Morterone (in provincia di Lecco), con appena 33 abitanti, continua a essere il Comune più piccolo per numero di residenti.

Le donne superano gli uomini di 1.277.774 unità e rappresentano il 51,1% della popolazione residente. Il rapporto di mascolinità nella popolazione è pari a 95,8 uomini ogni 100 donne. Per effetto di una ben nota maggiore longevità delle donne, il peso della componente femminile cresce progressivamente al crescere dell’età. Fino ai 43 anni di età si registra una prevalenza della componente maschile, principalmente dovuta non solo al fatto che dal punto di vista biologico il rapporto alla nascita tra i sessi è costantemente a favore degli uomini (105-106 maschi ogni 100 femmine), ma anche alla maggiore presenza di uomini tra gli immigrati dall’estero nelle classi di età giovanili-adulte. Nelle classi di età successive, dove si rileva una presenza femminile sempre maggiore, le donne sono il 52% in corrispondenza dei 65 anni di età, il 57% a 80 anni, il 75% a 95 anni e l’83,0% tra gli ultracentenari. Nel 2023, tra le regioni, il rapporto di mascolinità più alto si registra nel Molise (98,2), davanti al Trentino-Alto Adige (98,0) che fino al 2022 si caratterizzava per l’indice più elevato. Il più basso è in Liguria (93,5). Rispetto al quadro generale, tuttavia, coesistono realtà a livello locale dove si denota una prevalenza maschile nella popolazione. Tale circostanza si riscontra in 2.712 Comuni. Il record è detenuto dal Comune di Salza di Pinerolo che, con appena 71 residenti, presenta un rapporto di mascolinità pari a 184,0.

A fine 2023 l’età media della popolazione è pari a 46,6 anni (48,0 anni per le donne e 45,2 anni per gli uomini), in ulteriore crescita rispetto al 2022 (+0,2), portando così ancora avanti il processo di invecchiamento. Rispetto all’anno precedente la quota relativa degli individui in età 0-14 anni scende dal 12,4% al 12,2%. Stabile al 63,5%, invece, la quota degli individui 15-64enni, mentre gli ultrasessantacinquenni salgono dal 24% al 24,3%. L’invecchiamento della popolazione accomuna tutte le realtà del territorio, sebbene si osservi una certa variabilità nei livelli e nella velocità del processo. La Campania, con un’età media di 44,2 anni (era 43,9 nel 2022), continua a essere la regione più ‘giovane’, anche se negli anni si osserva un costante aumento del livello di invecchiamento. La Liguria, con un’età media di 49,5 anni rimane stabile ai livelli dell’anno precedente, confermandosi tuttavia quale regione più ‘anziana’. Platì (in provincia di Reggio Calabria) è il Comune più ‘giovane’ di Italia, con un’età media di 37,2 anni (era 37,0 nel 2022), mentre Drenchia (provincia di Udine), un Comune con appena 98 abitanti, è quello con l’età media più alta, pari a 65,0 anni (era 64,8 nel 2022).

Il progressivo invecchiamento della popolazione, visibile nella piramide delle età che rappresenta la struttura per età e sesso della popolazione, è ben evidenziato anche dal confronto tra il peso degli anziani (65 anni e più) e quello dei bambini sotto i 6 anni di età. Nel 2023 per ogni bambino si contano 5,8 anziani a livello nazionale (erano 5,6 nel 2022, 3,8 nel 2011). Cresce anche l’indice di vecchiaia (che misura il numero persone di 65 anni e più ogni 100 giovani di 0-14 anni) che passa dal 193% nel 2022 al 200% nel 2023 (era pari al 149% nel 2011). I valori più bassi di tale indicatore si registrano in Campania e in Trentino-Alto Adige (rispettivamente 154% e 156%), mentre il valore più alto in Liguria (277%).

Sono 5.253.658 i cittadini stranieri abitualmente dimoranti in Italia al 31 dicembre 2023, sono 112mila in più sull’anno precedente e rappresentano l’8,9% della popolazione totale (nel 2022 l’8,7%). Come per il complesso della popolazione, si registra un sostanziale bilanciamento tra i sessi con la componente femminile che rappresenta il 50,5% della popolazione straniera. La popolazione residente straniera cresce in tutte le Regioni. La Regione che registra il maggior aumento in numeri assoluti è la Lombardia (circa 27mila individui in più, corrispondente a un tasso di incremento del 22,9 per mille), davanti alla Campania (circa 12mila individui pari a un +46,4 per mille) e al Lazio (oltre 9mila cittadini in più, +14,6 per mille). Il 34,2% della popolazione straniera censita come residente vive nel Nord-ovest, che rappresenta anche quest’anno l’area con la maggiore presenza di stranieri (circa 1 milione e 800mila individui). Il Nord-est e il Centro accolgono entrambe il 24,5% di stranieri, mentre il Sud e le Isole, rispettivamente, il 12,1% e il 4,7%. L’incidenza sul totale della popolazione residente si attesta all’11% sia al Nord sia al Centro. Nel Sud e nelle Isole l’incidenza degli stranieri è decisamente inferiore, rispettivamente pari al 4,7% e al 3,9%. Il 32,0% degli stranieri residenti vive in Comuni sopra i 100mila abitanti, un’incidenza sul totale superiore al 12%. Nei Comuni tra i 50 e 100mila abitanti vive invece il 10,8% degli stranieri residenti con un’incidenza pari all’8,8%.

Rispetto all’anno precedente diminuisce, anche se lievemente, il peso percentuale degli stranieri in età 0-4 anni (era il 5,6% nel 2022, 5,2% nel 2023) e, più in generale, il peso della popolazione con meno di 18 anni (20,1% nel 2022, 19,6% nel 2023). Si registra anche tra i cittadini stranieri un progressivo aumento dell’età media, che passa dai 36,2 anni del 2022 ai 36,8 del 2023.L’età media è pari a 38,5 anni per le donne e a 34,7 per gli uomini. Il peso della componente femminile straniera è progressivamente maggiore a partire dalla classe 40-49 anni. La popolazione straniera residente resta comunque nettamente più giovane della popolazione di cittadinanza italiana (47,6 anni nel 2023). Quasi la metà degli stranieri censiti nel 2023 è di cittadinanza europea (46,2%), il 23,4% asiatica, il 22,7% africana e il 7,6% americana. In particolare, la cittadinanza dell’Unione europea è quella più rappresentata (26,5%), seguono quelle dell’Europa centro orientale (19,1%), dell’Africa settentrionale (13,5%) e dell’Asia centro meridionale (12,5%).

I cittadini stranieri residenti in Italia posseggono 194 nazionalità differenti, i due terzi (63,3%) dei quali concentrati entro i primi 10 Paesi esteri nella graduatoria per cittadinanza. La Romania si conferma il Paese di cittadinanza con il maggior numero di residenti (20,4% del totale), seguita a distanza dall’Albania e dal Marocco, come nel 2022 con un contingente pari al 7,9% e 7,8% della presenza straniera in Italia. Le collettività cinese (5,9% del totale) e ucraina (5,2%) si confermano la quarta e quinta per numero di individui, seguite da quelle di Bangladesh, India, Egitto, Pakistan e Filippine. Si registra un aumento significativo di presenze rispetto al 2022 soprattutto per i cittadini del Bangladesh (+10,7%), del Pakistan (+10,5%), dell’Ucraina (+9,6) e dell‘Egitto (+9,3%), mentre le prime tre collettività registrano un lieve calo di presenze, pari al -0,8% tra i rumeni, al -0,1% tra gli albanesi e al -0,7% tra i marocchini.

A fronte di un rapporto di mascolinità che evidenzia un equilibrio tra i sessi per quanto riguarda la popolazione straniera residente nel complesso (98 uomini ogni 100 donne), quando si scende nel dettaglio delle singole cittadinanze si osserva una maggiore eterogeneità. In particolare, si conferma una presenza femminile prevalente per l’Ucraina (con un rapporto di mascolinità pari a 31,9), già elevata nel periodo pre-bellico ma accentuata dall’arrivo di molti rifugiati, giunti in Italia a partire dall’inizio della guerra; seguono le collettività rumena e filippina (con un rapporto di mascolinità pari rispettivamente a 77,2 e 75,8). Viceversa, rapporti di mascolinità molto elevati si rilevano per le comunità pakistana, bangladese ed egiziana (rispettivamente pari a 284,1, 262,7 e 211,7 uomini per 100 donne).

Il decremento demografico nel 2023 (-25.971 individui, per un calo del -0,4 per mille) è frutto di una dinamica demografica caratterizzata da un saldo naturale negativo (-4,9 per mille) che in larga parte è compensato da una dinamica migratoria positiva (+4,8 per mille). Se non fosse per un ulteriore -0,3 per mille (frutto di operazioni di aggiustamento statistico) si parlerebbe di popolazione in sostanziale equilibrio numerico. Peraltro, rispetto al biennio precedente (-0,6 per mille nel 2022 e -3,5 per mille nel 2021) si evidenzia un rallentamento nel calo della popolazione, fenomeno che contraddistingue il Paese nel suo insieme dal 2014 e che aveva subito un’accelerazione negli anni della pandemia. Con un numero di nascite pari a 379.890 unità e un numero di decessi uguale a 671.065, il saldo naturale della popolazione nel 2023 continua a essere negativo (291.175 unità in meno), sebbene in misura meno intensa rispetto all’anno precedente (-321.744). I movimenti con l’estero crescono rispetto al 2022, con le immigrazioni che raggiungono quota 439.658 unità nel 2023 mentre le emigrazioni si attestano a 158.438. La differenza determina un saldo migratorio positivo di 281.220 unità, il più alto degli ultimi 12 anni, in aumento sul 2022 (quando era pari a +260.796). Le migrazioni interne risultano in lieve diminuzione: nel 2023 il numero di movimenti tra Comuni è pari a 1.433.803 (-2,6% sul 2022).

La dinamica naturale presenta valori negativi in ogni ripartizione geografica. Il tasso di crescita naturale, pari al -4,9 per mille a livello nazionale, varia dal -4,2 per mille del Sud al -5,8 per mille del Centro. Il tasso di migratorietà (interno ed estero), pur se positivo ovunque, mostra differenze rilevanti tra le ripartizioni, passando dallo 0,1 per mille del Sud all’8,2 del Nord-ovest. Nel Nord, quindi, la dinamica migratoria compensa del tutto il tasso di crescita naturale negativo; viceversa nel Mezzogiorno i tassi di migratorietà decisamente più bassi non controbilanciano la dinamica naturale negativa. La popolazione di cittadinanza straniera, che nel 2023 aumenta di 112.317 unità sull’anno precedente (+2,2%), registra una dinamica demografica decisamente positiva. Il saldo naturale della popolazione straniera continua a essere positivo, sebbene in calo rispetto allo scorso anno. Con un numero di nati stranieri in Italia pari a 51.447 unità e un numero di decessi uguale a 10.743, il saldo naturale è di 40.704 unità (-5,8% rispetto al 2022). In aumento sono sia le immigrazioni dei cittadini stranieri (378.372 nel 2023) sia le emigrazioni (44.381), determinando un saldo migratorio della popolazione straniera positivo e in aumento sul 2022 (333.991, +16,9%). Le acquisizioni della cittadinanza italiana, che nel bilancio demografico rappresentano una voce in uscita per la popolazione straniera e in entrata per quella italiana, sono 213.567, risultando decisamente stabili rispetto al 2022 quando se ne riscontrarono 213.716.

I decessi nel 2023 sono 671.065, nel 48% dei casi si tratta di uomini, nel 52% di donne. Rispetto al 2022 si verifica una diminuzione di circa 44mila unità (-6,1%), con un tasso di mortalità che scende dal 12,1 per mille nel 2022 all’11,4 per mille nel 2023. Il calo riguarda soprattutto la componente più anziana della popolazione, all’interno della quale si concentra la maggior parte dei decessi. In particolare, il 78% della diminuzione di mortalità riguarda la fascia di popolazione dagli 80 anni in su. Si tratta di un collettivo che, soprattutto nella sua componente più fragile, è stato particolarmente colpito da eccesso di mortalità negli anni della pandemia. La mortalità precoce di questi individui, verificatasi nel 2020-2022 comporta oggi un ritorno a livelli di mortalità vicini a quelli che si registravano prima della pandemia (10,6 per mille nel 2019). Al calo della mortalità consegue un aumento della speranza di vita alla nascita. Nel 2023 gli uomini guadagnano circa 5 mesi sul 2022, con una speranza di vita alla nascita pari a 81 anni. Le donne, con un numero di anni pari a 85,1, guadagnano circa 4 mesi in più sul 2022. La speranza di vita alla nascita è più alta nel Nord: per gli uomini è di 81,5 anni nel Nord-ovest e 81,7 nel Nord-est, per le donne è pari a, rispettivamente, 85,6 e 85,9 anni. Rispetto al 2022, nel Nord-Ovest gli uomini guadagnano circa 8 mesi e le donne circa 6 mesi, nel Nord-est l’aumento è per entrambi di circa 5 mesi. Nel Centro, con una speranza di vita alla nascita di poco inferiore a quella del Nord, gli uomini registrano nel 2023 un guadagno di circa 5 mesi (81,4 anni), le donne di quasi 2 mesi (85,4). Il Mezzogiorno è l’area geografica dove si registra la più bassa speranza di vita alla nascita: nel 2023, nel Sud e nelle Isole la speranza di vita tra gli uomini è pari a, rispettivamente, 80 e 79,8 anni, mentre tra le donne i valori sono uguali a 84,3 anni nel Sud e 84,1 anni nelle Isole. Uomini e donne, indistintamente, guadagnano circa 3 mesi di vita nel Sud, circa 4 nelle Isole. Tra i territori, la provincia autonoma di Trento è quella in cui si vive più a lungo: la speranza di vita alla nascita è pari a 82,3 anni per gli uomini e a 86,9 anni per le donne. La Campania è invece la regione in cui si osserva la più bassa speranza di vita alla nascita: 79,3 anni per gli uomini e 83,5 per le donne.

Nel 2023 i nati residenti in Italia sono 379.890, poco più di 6 ogni mille abitanti. Rispetto al 2022 si osserva una diminuzione di circa 13mila nascite (-3,4%), che è in linea con il trend decrescente ormai di lungo corso. Dal 2008, anno in cui il numero delle nascite ha registrato il più alto valore dall’inizio del nuovo millennio, la diminuzione è stata di 196.769 unità (-34,1%). A diminuire sono sia le nascite da partner entrambi italiani (-3,9% sul 2022), che costituiscono oltre i tre quarti delle nascite totali (298.948 nel 2023), sia quelle da genitori in cui almeno uno dei due è straniero (80.942, -1,5%). Tra queste ultime, le nascite da coppie miste (pari a 29.495) registrano un lieve aumento (+1,2%), mentre quelle da coppie di genitori stranieri (51.447 nel 2023) diminuiscono (-3,1%). In linea con la geografia di destinazione della popolazione straniera, la quota di nati da genitori entrambi stranieri sul totale è più elevata nel Nord (19,1% sia nel Nord-ovest sia nel Nord-est) e nel Centro (15,4%). Nel Mezzogiorno le percentuali sono decisamente inferiori: 5,9% nel Sud e 4,9% nelle Isole, contro un valore nazionale pari al 13,5%. La diminuzione dei nati residenti è in gran parte determinata dal calo della popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (dai 15 ai 49 anni) oltre che dal continuo calo della propensione ad avere figli.

Il numero medio di figli per donna scende da 1,24 del 2022 a 1,20 del 2023, in linea con il trend decrescente in atto dal 2010, anno in cui si registrò il massimo relativo di 1,44 figli per donna e quando ebbe fine la lieve ripresa iniziata dopo il 1995. La diminuzione si registra sia per le donne di cittadinanza italiana (da 1,18 del 2022 a 1,14) sia per le straniere (da 1,86 a 1,82). La diminuzione della fecondità è territorialmente omogenea. Il Centro è la ripartizione con la fecondità più bassa, pari a 1,12 (1,15 nel 2022), seguita dal Nord-ovest che, quest’anno come lo scorso, è in linea con il valore nazionale (1,20, contro 1,24 del 2022). Le Isole registrano una fecondità pari a 1,23 (1,26 nel 2022), mentre nel Nord-est e nel Sud l’indicatore è pari a 1,24 figli per donna (da valori che erano uguali a, rispettivamente, 1,29 e 1,26). A livello regionale, la fecondità più elevata si osserva nella Provincia Autonoma di Bolzano/Bozen (1,57), mentre la più bassa è in Sardegna (0,91). L’età media al parto aumenta lievemente passando da 32,4 a 32,5 anni. Risulta più elevata per le donne italiane (33,0), mentre per le donne straniere, sebbene in aumento, rimane al di sotto dei 30 anni (29,6). Centro e Nord sono le ripartizioni in cui l’età media al parto è più elevata (32,9 nel Centro, 32,6 nel Nord-ovest e 32,5 nel Nord-est). Nel Sud e nelle Isole l’età media al parto è, rispettivamente, pari a 32,3 e 31,9 anni. Le madri più giovani d’Italia risiedono in Sicilia (31,6 anni), una delle regioni con la più alta fecondità nel panorama nazionale (1,32). Alla Sardegna, oltre al primato della bassa fecondità, spetta quello della fecondità più tardiva (33,2 anni), a riprova di quanto la diminuzione della fecondità sia legata alla continua posticipazione dell’esperienza della maternità.

Nel 2023 il numero di movimenti tra i Comuni italiani è uguale a 1.433.803, in diminuzione del 2,6% rispetto al 2022, che ha però rappresentato un anno di importante ripresa dopo il brusco calo dei trasferimenti di residenza legato all’emergenza pandemica. La maggior parte dei flussi migratori interni avviene all’interno della stessa regione (74,8%), mentre il restante 25,2% è costituito da spostamenti tra regioni diverse. Tra questi ultimi movimenti migratori, il 34,7% interessa la tradizionale direttrice dei flussi che dal Mezzogiorno si dirigono al Centro-nord. Si tratta di 125.120 spostamenti, in calo del 2,8% sul 2022. Questi movimenti in uscita dal Sud e dalle Isole non sono rimpiazzati da altrettanti ingressi da altri Comuni (60.912). Il tasso migratorio di queste due ripartizioni è quindi negativo, pari a rispettivamente al -3,5 e al -2,7 per mille. Il Nord e il Centro continuano a essere le ripartizioni più attrattive, con un tasso migratorio interno pari al +2,1 per mille in entrambe le ripartizioni del Nord e al +0,6 per mille nel Centro. Le regioni con il tasso migratorio interno più elevato sono Emilia-Romagna e Provincia Autonoma di Trento (rispettivamente, +3,2 per mille e +2,5 per mille). Basilicata e Calabria sono invece le regioni con i tassi migratori interni meno favorevoli (-6,1 per mille la prima e -5,4 per mille la seconda). Tra i cittadini stranieri si conferma una tendenza maggiore, rispetto ai cittadini italiani, a spostarsi da un Comune all’altro: nel 2023, il tasso di migratorietà interno degli individui con cittadinanza straniera è pari al 48,4 per mille, contro un tasso del 21,0 per mille degli italiani.

Le immigrazioni per trasferimento di residenza dall’estero sono 439.658 nel 2023, in aumento del 7,0% sul 2022 (+28.673 unità in più). La variazione positiva è dovuta esclusivamente agli ingressi di cittadini stranieri che sono 378.372 nel 2023 e crescono del 12,4% rispetto al 2022, mentre gli ingressi di cittadini italiani (rimpatri) diminuiscono del 17,7% e si attestano sulle 61.286 unità. I principali Paesi di provenienza degli immigrati di cittadinanza straniera sono l’Ucraina (34.238), l’Albania (29.981) e il Bangladesh (25.931), mentre quelli di provenienza dei rimpatriati sono la Germania (9.243) e il Regno Unito (8.006). Nel 2023 aumentano anche le emigrazioni per l’estero (+5,5%), che raggiungono quota 158.438. L’aumento in questo caso è invece dovuto alla crescita delle emigrazioni dei cittadini italiani (espatri) che, nel 2023, sono 114.057 (+14,6%). Le emigrazioni dei cittadini stranieri sono invece 44.381, in calo del 12,4% sul 2022. I principali Paesi di destinazioni dei cittadini stranieri sono la Romania (8.942) e l’Ucraina (3.847), mentre i cittadini italiani espatriano prevalentemente verso il Regno Unito (16.133), la Germania (14.653) e la Svizzera (12.092). Tutte le ripartizioni mostrano una dinamica migratoria con l’estero positiva, sebbene di diversa entità. Il tasso migratorio estero nel Nord-ovest e nel Centro è pari a, rispettivamente, +6,1 e +5,2 per mille, superiore al valore nazionale (+4,8 per mille). Nel Nord-est è pari a +4,7 per mille, nel Mezzogiorno invece si ferma al +3,6 per mille del Sud e al +3,1 per mille delle Isole, valori inferiori quindi rispetto al dato nazionale e non in grado di controbilanciare la dinamica migratoria interna negativa. I tassi migratori con l’estero più bassi si registrano in Sardegna (2,2 per mille), Puglia (2,6 per mille) e Campania (3,0 per mille). Queste ultime due regioni, insieme alla Basilicata, sono le uniche a non riuscire a compensare con i movimenti con l’estero la perdita di residenti dovuta ai movimenti verso altre regioni.

Al 31 dicembre 2023 la stima provvisoria dei cittadini italiani residenti all’estero è pari a 6.138.338 unità. Rispetto al 2022 si registra un incremento di oltre 198mila individui. La determinazione del numero di cittadini italiani residenti all’estero è il risultato dell’integrazione di
diverse fonti amministrative e dei risultati censuari della popolazione abitualmente dimorante in Italia al 31 dicembre 2023. In linea con queste premesse, la nuova procedura, che ha permesso di ottenere una prima stima per il 2022, ha utilizzato come fonti non solo l’AIRE e le Anagrafi Consolari, ma anche i “segnali di vita” provenienti da altre fonti amministrative, con l’obiettivo di rendere coerenti i dati relativi ai cittadini italiani nel loro complesso, siano essi residenti in Italia o all’estero. Più della metà dei cittadini italiani all’estero al 31 dicembre 2023 è residente in Europa (il 54,2%, pari a 3.325.699 italiani), ma è rilevante anche la quota di coloro che risiedono in America (il 40,7%, pari a 2.497.432 italiani). Più residuale è il numero degli italiani in Oceania (2,7%, pari a 166.238), in Asia (1,3%, 78.372) e in Africa (1,2%, 70.597). I principali Paesi per numero di residenti sono l’Argentina che accoglie 958.096 residenti (il 15,6% del totale degli italiani all’estero), la Germania con 830.414 (13,5%), la Svizzera con 638.015 (10,4%), il Brasile con 617.752 (10,1%) e la Francia con 470.387 (7,7%). Dal confronto 2022-2023 i Paesi esteri dove si osserva un aumento più consistente, in valore assoluto, di cittadini italiani sono il Brasile (+55mila presenze), l’Argentina (+34mila), il Regno Unito (+23mila) e la Spagna (+22mila). L’incremento relativo maggiore ha invece interessato l’Irlanda (+13,3%) con 3mila italiani in più.

L’età mediana è pari a 43 anni, con variazioni che vanno dai 33 anni dei residenti in Austria ai 57 anni dei residenti in Canada. I cittadini italiani residenti all’estero, anche per il 2023, sono in prevalenza uomini (107 ogni 100 donne). La distribuzione per sesso mostra una tendenza difforme tra i diversi Paesi di residenza: nei Paesi asiatici, il numero di uomini rispetto alle donne si attesta intorno al 138%, in Germania tale rapporto è circa il 119%; al contrario, nei Paesi dell’America centro meridionale le donne risultano essere in maggioranza, con 96 uomini ogni 100 donne, e il dato più basso si registra in Argentina, dove il rapporto di mascolinità è circa del 92%. L’analisi per luogo di nascita consente di approfondire la complessità del fenomeno che, di fatto, rappresenta una sintesi dell’antica e della recente emigrazione dei cittadini italiani. Le emigrazioni più antiche erano dirette principalmente oltre oceano, nelle Americhe, e l’elevato numero di italiani residenti oggi in questi Paesi è dovuto prevalentemente al mantenimento della cittadinanza di origine dei genitori o alla sua riacquisizione per discendenza (“iure sanguinis”) da un progenitore italiano. Questo fenomeno è testimoniato dall’elevato numero di nati all’estero, pari a circa il 70%, e da un esiguo numero di nati in Italia pari a poco più del 30,8% (1.889.511 individui). Inoltre è da osservare che tra gli oltre 4 milioni di nati all’estero, il 15,4% risiede in un Paese diverso da quello di nascita. In particolare, i Paesi dove gli italiani sono nati prevalentemente nello stesso Paese di residenza si trovano in America centro meridionale: Brasile (94,1%), Uruguay (92,9%), Argentina e Cile (89,3%), Perù (88,6%) e Venezuela (82,9%). Inoltre, è importante considerare la recente tendenza dei nuovi cittadini italiani che, dopo aver acquisito la cittadinanza, decidono di emigrare nuovamente in un altro Paese, sfruttando le opportunità offerte dal possesso di un passaporto dell’Unione europea. Ciò spiega l’incremento dei residenti italiani in Spagna e in Irlanda dove, rispettivamente nel 44,3% e nel 32,4% dei casi si tratta di individui nati in un Paese dell’America latina. Allo stesso modo, nel Regno Unito, una delle mete preferite di emigrazione sia per i nati in Italia, sia per quelli nati in America latina e nelle ex colonie britanniche, la quota degli italiani residenti nati in un Paese diverso dal Regno Unito rappresenta il 28%.

Le distribuzioni per genere ed età degli italiani dimoranti all’estero non evidenziano modifiche sostanziali: da un lato, la struttura per età dei nati in Italia mostra uno sbilanciamento verso le classi più anziane con una predominanza maschile, come conseguenza degli ingenti espatri degli anni ‘50 e ’60, a cui si sono aggiunte le emigrazioni degli ultimi 15 anni; dall’altro, la struttura per età degli italiani nati in un Paese estero si presenta più equilibrata per genere e classi di età. Al 31 dicembre 2023 si conferma che il contingente maschile e quello femminile dei nati in Italia presentano valori simili fino ai 29 anni di età, mentre a partire dai 30 anni si evidenzia una predominanza maschile che diventa particolarmente accentuata nelle due classi di età dai 50 ai 69 anni. Per gli italiani nati e residenti all’estero risulta una prevalenza maschile fino ai 50-59 anni, mentre si osserva una predominanza femminile a partire dai 60-69 anni, particolarmente ampia nella classe di età 70-79 anni. In conclusione, la presenza italiana all’estero continua a crescere, mantenendo quella complessità che si riflette nella diversità delle storie migratorie che la compongono: da chi ricerca condizioni di vita migliori partendo dall’Italia, ai percorsi migratori e alle scelte dei figli degli emigrati di vecchia generazione, a cui si aggiungono gli immigrati in Italia diventati cittadini italiani, che proseguono il loro percorso migratorio spostandosi in un altro Paese o rientrando in quello di origine.

Ai fini del conteggio della popolazione censita al 31 dicembre 2023 sono stati inclusi circa 98mila individui non iscritti in anagrafe ma identificati grazie a segnali di vita amministrativi riscontrati nelle fonti non anagrafiche (sottocopertura anagrafica). Quasi 55mila di essi mostrano forti segnali di una presenza stabile nel territorio dal 2021, costituendo un aggregato di particolare interesse vista la permanenza continuativa, nonostante la mancata registrazione anagrafica. Di quest’ultimo aggregato sono descritte, di seguito, le principali caratteristiche socio-demografiche e la distribuzione sul territorio. Delle 54.871 persone con ininterrotti segnali di presenza sul territorio dal 2021 quasi 9 su 10 sono cittadinistranieri. Questi individui presentano complessivamente una età media di 44,7 anni, che scende a 41,8 anni se italiani e sale a 45,0 se stranieri, in evidente controtendenza rispetto a quanto si rileva nella popolazione residente complessiva. I maschi ne rappresentano la componente principale, pari a circa il 70% dei censiti come residenti e non iscritti in anagrafe, stranieri o italiani che siano. Il 90,7% degli individui in sottocopertura è stato identificato grazie a fonti amministrative relative al mercato del lavoro, il 7,6% presenta segnali di studio e solo una quota marginale, pari all’1,7%, manifesta altre tipologie di segnale (redditi di sostegno, contratto d’affitto, pensione, ecc.). La quota di individui con segnali di studio è più elevata per gli italiani (25,0%, contro il 5,2% degli stranieri), elemento che giustifica, almeno in parte, l’età media più bassa rilevata tra gli italiani, dato che i segnali di studio individuano una popolazione più giovane. L’Unione europea è l’area maggiormente rappresentata dai cittadini stranieri censiti come residenti ma non iscritti in anagrafe (27,0%), seguita dall’Africa settentrionale (17,2%), dall’Asia orientale (14,9%) e dall’Europa centro-orientale extra-UE (14,0%). La composizione percentuale degli individui stranieri in sottocopertura per singolo Paese di cittadinanza è in parte diversa da quella che si rileva tra gli individui di pari condizione ma censiti quali residenti e contestualmente anche iscritti in anagrafe (Prospetto 10). In particolare, si rileva una quota di sottocopertura anagrafica più alta tra i cittadini cinesi (12,6% contro il 5,9% del gruppo di controllo) e tunisini (4,1% contro il 2,1%), mentre sono più contenute le percentuali di albanesi e ucraini (rispettivamente 3,4% e 3,0%, a fronte di circa l’8% e il 5,2%). In altri termini, la distanza intercorrente tra i due valori, quando osservato sulla singola cittadinanza, restituisce una preziosa informazione circa il livello di sottocopertura delle anagrafi per specifiche collettività straniere.

Al pari della popolazione censita come residente complessiva, oltre l’80% degli stranieri, censiti grazie a forti segnali di vita ma non iscritti in anagrafe, dimora nel Centro-nord, ma con quote più elevate nel Nord-est (29,4%) e nel Centro (30,4%), dove, per ciascuna delle due aree geografiche, oltre 11 stranieri su mille risultano censiti ma non iscritti in anagrafe, mentre tale quota è pari a 6,7 per mille nel Nord-ovest e all’8,4 per mille nel Mezzogiorno. Il 25,8% degli italiani censiti come residenti ma non iscritti in anagrafe si rileva nel Centro e il 28,3% nel Sud. Si osserva, infine, che i tassi di sottocopertura anagrafica aumentano, mediamente, al crescere della dimensione demografica dei Comuni. Sia per gli italiani sia per gli stranieri si osservano quote significative nei Comuni di maggiore ampiezza demografica. In particolare, il 42,6% degli stranieri e il 38,7% degli italiani censiti come residenti ma non iscritti in anagrafe sono stati identificati in Comuni con oltre 100mila abitanti. Relativamente agli stranieri, interessati da livelli di sottocopertura anagrafica più elevati rispetto agli italiani, l’analisi a livello comunale permette di individuare aree caratterizzate da incidenze più alte di cittadini censiti come residenti ma non iscritti in anagrafe. In particolare, valori più elevati si rilevano ai confini nord-orientali, in corrispondenza della provincia di Bolzano/Bozen, nel bellunese e nelle province friulane di Trieste, Gorizia e Udine, nonché in diverse province dell’Emilia-Romagna. Livelli di sottocopertura degli stranieri particolarmente elevati si hanno inoltre in Toscana, nelle province di Prato e Firenze, e nel Mezzogiorno in corrispondenza delle province di Palermo e Napoli.

In particolare, nelle aree di confine del Nord-est con elevata sottocopertura anagrafica, complessivamente 3 censiti come residenti ma non iscritti in anagrafe su 4 presentano una cittadinanza dell’Est Europa (da Paesi comunitari e non comunitari, indifferentemente). Tra le province emiliane i livelli di sottocopertura anagrafica risultano più elevati in corrispondenza di Reggio Emilia e Rimini. Nella provincia di Reggio Emilia la metà dei censiti come residenti ma non iscritti in anagrafe proviene dall’Africa settentrionale, mentre nella provincia di Rimini quasi la metà presenta cittadinanze dell’Est Europa (comunitarie o non). In Toscana, nelle province di Prato e Firenze, un’ampia parte dell’aggregato in esame, pari rispettivamente a oltre l’80% nel pratese e oltre un terzo nella provincia di Firenze, risulta costituito da cittadini cinesi. Nel Mezzogiorno, nella provincia di Palermo oltre la metà dei residenti ma non iscritti in anagrafe proviene dall’Asia centro-meridionale (31,9%) e dall’Africa settentrionale (23,6%), mentre nella provincia di Napoli le cittadinanze più rappresentate sono quelle dei paesi dell’Asia centro-meridionale (28,0%) e dell’Est Europa (22,5%). Le aree sopra descritte corrispondono alle province con maggiore incidenza di sottocopertura anagrafica, ma è possibile individuare altre aree estese con incidenze rilevanti, in particolare per la popolazione straniera, in corrispondenza di buona parte delle province emiliane (Ferrara, Ravenna, Bologna e Modena) e delle province di Pordenone, Treviso, Lucca, Ancona, Roma, Brindisi e Taranto.

 

Foto di copertina da: https://depositphotos.com/home.html

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments