Gli ebrei reagiscono determinati
di Fred Maroun*
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RICAPITOLANDO…
Il 7 ottobre 2023, il capo militare di Hamas Yahya Sinwar ordinò un attacco contro Israele che sperava avrebbe indebolito lo stato ebraico facendo a pezzi il senso di sicurezza della popolazione israeliana, spingendola a dubitare della propria capacità di difendersi e gettandola nello sconforto.
Il giorno dopo, il capo di Hezbollah Hassan Nasrallah aprì un secondo fronte dal Libano per supportare il suo alleato Sinwar. A seguire vennero aperti altri cinque fronti contro Israele: Cisgiordania, Siria, Iraq, Yemen e Iran.
Quasi quattordici mesi dopo, la situazione non è affatto come Sinwar sperava. Lo stesso Sinwar è morto, così come Nasrallah, uccisi entrambi da Israele. Anche il capo politico di Hamas Ismail Haniyeh è morto, ucciso in Iran in un attacco da tutti attribuito a Israele. I tentativi dell’Iran di vendicare l’uccisione di Haniyeh sono stati rumorosi e costosi, ma non hanno indebolito Israele, riuscendo ad uccidere una sola persona: un palestinese in Cisgiordania.
Le risposte di Israele all’Iran, invece, sono state precise ed efficaci, hanno colpito molte infrastrutture militari ed anche una parte del programma nucleare di Teheran. Il regime iraniano ora sa che Israele può fare molto di più. Intanto, sono morti almeno ventimila terroristi palestinesi e tre o quattromila terroristi libanesi. L’arsenale di Hamas è pressoché azzerato. L’arsenale di Hezbollah è gravemente ridotto.
La maggior parte dei dirigenti e dei comandanti di Hamas e Hezbollah sono morti. Gli Houti dello Yemen hanno subìto colpi devastanti. Il regime iraniano vive nella paura.
Il 26 novembre scorso Hezbollah, dopo essere stato implacabilmente martellato da Israele per mesi, ha fatto ciò che aveva giurato di non fare: ha infranto la promessa di continuare la sua guerra contro Israele a sostegno di Hamas. Ora Hamas è isolata e il sedicente “asse della resistenza” è l’ombra di se stesso.
Questa notevole sconfitta militare è una storia significativa di per sé. Gli ultimi quattordici mesi raccontano una storia ancora più interessante: la storia del popolo ebraico. I palestinesi e libanesi che sostengono il terrorismo, gli attivisti occidentali che si dicono “pro-palestinesi” e chiunque altro sia ossessionato dall’odio per Israele: dovrebbero tutti mettersi comodi e cercare di capire cosa è successo davanti ai loro occhi.
Ciò che vedranno, se per un minuto metteranno da parte il loro odio, è la storia del popolo ebraico.
Vedranno come mai il popolo ebraico è durato così a lungo e perché continua ad essere forte e resiliente nonostante costituisca un’esigua minoranza in un mondo in cui a lungo gli ebrei sono stati – e sono ancora oggi – odiati, demonizzati, attaccati e uccisi per il solo fatto di essere ebrei.
Vedranno che gli ebrei spesso non sono d’accordo fra loro, pubblicamente e senza riguardo per l’idea che il resto di noi ci facciamo di loro, esercitando un diritto alla libertà di pensiero ed espressione cui tengono tantissimo, e che i loro nemici possono solo sognarsi.
Vedranno che gli ebrei piangono i loro morti e amano i loro vivi con tutto il cuore, senza temere che il mondo possa vederli come deboli, mentre i loro nemici esaltano la morte e usano cinicamente lo loro stessa gente come scudi umani.
Vedranno che, nonostante le loro discordie e nonostante il loro rispetto per la vita, o forse proprio per questo, gli ebrei reagiscono con grande determinazione quando vengono attaccati. E vedranno che gli ebrei reagiscono non solo con forza e capacità, ma anche con integrità morale e rispetto per la vita delle persone innocenti, anche quando vengono falsamente accusati del contrario.
Vedranno che questi ebrei d’Israele sono proprio come il sabra (in ebraico, il frutto del fico d’India): duri e spinosi all’esterno, ma dolci e morbidi all’interno. E che come il sabra, resistono e prosperano in condizioni in cui molti altri non sopravvivrebbero. E speriamo che vedano soprattutto che gli ebrei possono essere nemici formidabili, ma anche amici ancora più straordinari. Tuttavia il popolo ebraico non si affida a ingenue speranze. Continueranno ad essere buoni amici e allo stesso tempo nemici formidabili.
Sta a noi arabi decidere da che parte vogliamo stare. Con gli accordi di Abramo il mondo arabo ha fatto un passo avanti verso l’essere amico, anziché nemico, dello stato ebraico, e quindi del popolo ebraico. Ma c’è ancora molta strada da fare. Speriamo che gli ultimi quattordici mesi siano serviti a mostrare la strada giusta da seguire.
* Times of Israel, 27.11.24