Un cammino attraverso la ricchezza di un carisma
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LA VIAE SANCTI ROMUALDI RESTITUISCE IL RICORDO DI LUOGHI E DI SANTI CHE COSTRUIRONO LA COMUNITÀ APPENNINICA E CHE OCCORRE RISCOPRIRE
La Viæ Sancti Romualdi, il Cammino di San Romualdo che da Ravenna, città che vide i nobili natali di Romualdo (figlio del duca Sergio degli Onesti e della nobile Traversara Traversari) tra il 951 e il 953 e Fabriano, dove il santo morì nel giugno del 1027 e dove si conservano ancora oggi le sue spoglie, è un progetto che è stato avviato da due anni. Trenta tappe per oltre 500 chilometri che attraversano quattro regioni: Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Marche. Un percorso che segue rotte non lineari zigzagando, come amava fare il santo ravennate, tra luoghi romualdini e benedettini con frequenti immersioni in grandi aree verdi, ora protette, come l’antica Pineta di Classe, le Foreste Casentinesi, i parchi di Monte Cucco e la Gola della Rossa, a testimonianza di quanto il rapporto uomo-natura sia simbiotico sin dalle origini della congregazione.
In vista del millenario della morte di San Romualdo del 2027, il comitato promotore sta avviando diverse attività per promuovere il cammino: pubblicazioni, prodotti multimediali, incontri, e soprattutto manifestazioni culturali che, insieme alla conoscenza e alla tutela dell’ambiente e la spiritualità dei luoghi camaldolesi attraversati, ne caratterizzano l’identità.
La parola “Viæ” è stata scelta proprio per sottolineare questa molteplicità di aspetti che nel mondo dei cammini, ultimamente in grande espansione, rappresenta sicuramente un unicum. L’erranza pellegrina di Romualdo inoltre, apre a futuri collegamenti nazionali come Venezia, Ascoli Piceno, Orvieto, Cassino, Roma, e internazionali verso la Croazia (Parenzo), la Polonia (Bielany) e la Francia (Cuxa). Non sono solo i luoghi ad evidenziare la ricchezza di questa esperienza. Il carisma di San Romualdo, mirabilmente innestato su quello benedettino, è stato anche generativo per la realtà dei santi che si sono ispirati al suo esempio e che spesso sono molto legati alle comunità che li hanno visti protagonisti.
Alcuni sono oggi ricordati solo dagli specialisti, altri raccolgono ancora la devozione degli abitanti dei borghi. Ne possiamo ricordare alcuni.
San Pier Damiani ( 1007-1072), dottore della Chiesa, ravennate come Romualdo e suo biografo, fu il grande abate di Fonte Avellana, una delle tappe del cammino ed eremo millenario, citato anche nella Divina Commedia. Raccomandava la cura della proprietà ecclesiastica perché essa doveva servire anche alla carità nei confronti delle popolazioni vicine. Per questo indicava l’opportunità di amministrarli con cura e innovazione perché risultassero più produttivi.
Sant’Albertino da Montone (1250-1294), definito homo iustissimus, abate di Fonte Avellana era noto per la sua capacità di risolvere come arbitro le controversie, anche quelle fra i servi della gleba, l’abazia e i comuni vicini come Gubbio, che lo elesse come compatrono. Promosse la liberazione dei servi della gleba della proprietà monastica adeguandosi alla nuova realtà dei comuni.
Fra i santi del cammino bisogna ricordare Ubaldo Baldassini (1085-1160), vescovo di Gubbio ancora oggi festeggiato con la travolgente Corsa dei Ceri. Legato alla comunità di Costacciaro è il Beato Tommaso (1262-1337), il cui corpo è venerato nella Chiesa di San Francesco, avellanita famoso per la sua austerità che praticò sul monte Cucco, presso quello che diventerà l’eremo di San Gerolamo.
L’elenco dei santi legati al cammino è lungo e indicativo di come il carisma di San Romualdo, che voleva trasformare il mondo attraverso gli eremi, abbia generato luoghi eremitici e santi che, in maniera molto diversificata, ne seguirono, in secoli diversi, l’esempio interagendo con comunità che furono profondamente influenzate dal punto di vista spirituale, ma anche sociale.