La strategia di “accerchiamento” cinese
–
LA STRATEGIA GEOPOLITICA DI PECHINO
La strategia geopolitica e nucleare della Cina si sta evolvendo rapidamente, con significativi riflessi sul panorama internazionale. Negli ultimi anni, Pechino ha puntato a rafforzare il proprio arsenale nucleare e a consolidare la sua influenza regionale e globale.
La Cina ha accelerato lo sviluppo della propria “triade nucleare”, che include missili intercontinentali, sottomarini e bombardieri strategici. Questo sforzo mira a garantire un secondo colpo credibile, rafforzando la capacità di deterrenza di fronte a possibili attacchi nucleari. Tra le innovazioni recenti figurano i missili balistici Dongfeng-41 e i sottomarini Type 096, entrambi armati con testate avanzate. La dottrina cinese del “no first use” rimane centrale, ma il potenziamento delle forze dimostra un cambio verso una postura più assertiva.
Washington percepisce l’espansione dell’arsenale cinese come una minaccia strategica. La nuova strategia nucleare americana, approvata da Joe Biden, è esplicitamente orientata a contenere la Cina, tenendo conto anche di possibili alleanze con Russia e Corea del Nord. Gli Stati Uniti temono che la crescita cinese possa eguagliare gli arsenali di potenze storiche come la Russia nei prossimi anni.
Sul piano geopolitico, la Cina ha esteso la propria influenza attraverso investimenti economici, soprattutto in Africa e Medio Oriente, e consolidando il controllo sul Mar Cinese Meridionale. Queste strategie, definite da alcuni come “neo-imperialiste”, mirano a creare dipendenze economiche e a rafforzare la sua posizione di potenza globale. Tuttavia, tali mosse aumentano le tensioni con Stati Uniti e alleati regionali come Giappone e Taiwan, che stanno rispondendo con un rafforzamento delle proprie difese.
L’espansione cinese sta ridisegnando l’equilibrio nucleare globale. Mentre Pechino cerca un ruolo di leadership nel Sud Globale, molti Paesi iniziano a vedere la Cina come alternativa all’egemonia occidentale. Tuttavia, l’aumento della trasparenza cinese nei test nucleari potrebbe influire sulle future negoziazioni per il controllo degli armamenti, ridefinendo le dinamiche tra le grandi potenze.
In sintesi, la strategia cinese intreccia obiettivi di deterrenza nucleare, proiezione economica e sfida alle strutture di potere esistenti, posizionandola come uno dei principali attori di una nuova fase di competizione geopolitica.
Su tutto questo incide la “Questione Taiwan”.
Il conflitto tra Cina e Taiwan è una delle questioni geopolitiche più delicate e complesse al mondo, con radici che risalgono alla guerra civile cinese del 1949, quando il governo nazionalista si rifugiò a Taiwan dopo la vittoria comunista nella Cina continentale.
Sebbene l’isola sia di fatto indipendente, Pechino la considera una parte “sacra e inalienabile” del proprio territorio e non esclude l’uso della forza per realizzarne l’annessione.
Le tensioni si sono intensificate nel 2024, con la Cina che ha condotto esercitazioni militari su larga scala intorno all’isola. Queste manovre mirano a simulare un possibile blocco navale e a esercitare pressione psicologica sulla popolazione taiwanese, scoraggiandone il sostegno al governo democratico.
Pechino utilizza una strategia di “accerchiamento”, cercando di fiaccare le resistenze senza necessariamente avviare un conflitto diretto.
Dal punto di vista internazionale, pochi Stati riconoscono formalmente l’indipendenza di Taiwan, ma molti, come gli Stati Uniti, sostengono lo status quo attraverso la vendita di armi e la protezione indiretta. Washington ha ribadito la sua adesione alla “politica di Unica Cina” ma ha avvertito Pechino contro azioni unilaterali o aggressive che possano minare la stabilità nello Stretto di Taiwan.
La questione coinvolge interessi strategici globali.
Taiwan per la Cina è una base per proiettare le sue navi nel Mar Cinese e nell’oceano Pacifico, per difendere il suolo metropolitano più lontano dalle proprie coste e uscire in mare aperto più in sicurezza, evitando le attuali pericolose strettoie.
Taiwan è cruciale per il commercio internazionale, soprattutto per la produzione di semiconduttori, e rappresenta un avamposto strategico nel Pacifico. Per la Cina, il controllo dell’isola è essenziale non solo per motivi storici ma anche per motivazioni economiche e militari, mentre per gli Stati Uniti è una questione di contenimento geopolitico.
Questa situazione rimane altamente volatile, con il rischio di un’escalation che potrebbe coinvolgere le principali potenze globali. L’equilibrio si regge su un delicato compromesso tra pressione, deterrenza e diplomazia, mentre la popolazione di Taiwan continua a resistere a un destino imposto dall’esterno.
Tuttavia diversi analisti geopolitici fanno notare che una guerra per Taiwan sembra improbabile perchè costerebbe moltissimo in termini di navi, aerei e uomini. Forse la Cina potrebbe attuare blocchi navali intermittenti costringendo gli americani a costosi interventi a protezione dell’isola.