Il centrodestra otterrà per le Regioni solo frammenti di competenze
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LA CORTE COSTITUZIONALE E L’AUTONOMIA DIFFERENZIATA
In attesa del deposito delle motivazioni inerenti alla recentissima sentenza della Corte costituzionale sulla illegittimitá parziale di alcune disposizioni normative contenute nella legge ordinaria dello Stato 24 giugno 2024, n. 86 (c.d. “legge Calderoli”), dal comunicato dell’ufficio stampa del giudice costituzionale un dato é chiaro: non ci sará alcun conferimento delle 23 materie richieste dal Veneto sulle quali, peraltro, pendono i criteri di individuazione elaborati da Palazzo della Consulta dopo la riforma costituzionale del Titolo V avvenuta nel 2001 (uniformitá, prevalenza, chiamata in sussidiarietá etc.).
La Corte, infatti, parla di specifiche funzioni legislative e amministrative, ovvero di singoli ambiti, dal momento che, all’interno delle materie (criterio assolutamente inadeguato per conferire “forme e condizioni particolari di autonomia” alle Regioni ordinarie ai sensi del comma 3 dell’art. 116 della Costituzione vigente), troviamo una pluralitá ed eterogeneitá di interessi pubblici.
In altri termini, anche ammesso che il Parlamento apporti delle modifiche alla legge n. 86/2024, seguendo i rilievi del giudice delle leggi, qualora si dovesse concludere il complesso iter del “regionalismo a geometria variabile”, saranno attribuiti alle Regioni solo frammenti di competenze.
Quello che la politica dovrebbe fare, e non fa, non é certamente continuare con la vuota e inconcludente retorica della “pseudo autonomia”, ma prendere atto che la norma costituzionale di cui all’art. 116, comma 3, del Testo fondamentale non é congrua rispetto allo scopo (sicuramente legittimo) che intende perseguire.
*Professore strutturato in Diritto Costituzionale e Diritto Pubblico Comparato presso la SSML/Istituto di grado universitario “san Domenico” di Roma. Dottore di Ricerca in Istituzioni di Diritto Pubblico).