Ecco il Trump che ci aspetta
–
LA POLITICA ESTERA DEL NEOPRESIDENTE USA. INTERVISTA ALL’ANALISTA AMEDEO MADDALUNO
In una serie di tre interviste l’analista Amedeo Maddaluno risponde ad alcune nostre sollecitazioni riguardo la politica estera del neoeletto presidente Donald Trump.
Amedeo Maddaluno è laureato in economia alla Bocconi di Milano e collabora con diverse riviste di studi internazionali. Si occupa di storia ed economia politica nonché di strategia e affari militari inoltre fa parte del think tank di Parabellum, apprezzatissimo canale You Tube che offre documentate riflessioni, informazioni e approfondimenti sulle crisi in atto nel mondo. In questo momento segue con attenzione il conflitto russo-ucraino.
Dottor Maddaluno, Donald Trump è di nuovo presidente. Secondo lei ci possiamo aspettare un cambiamento nella politica estera americana? Gli Stati Uniti saranno ancora una potenza di tipo imperiale o assisteremo ad un progressivo isolazionismo?
«Possiamo aspettarci qualcosa di nuovo da Trump? Direi sì, non è certo, ma sicuramente il personaggio ha una sua dose di imprevedibilità. Ha fatto enormi promesse in campagna elettorale, bisogna vedere a quale di queste promesse darà seguito. Tra queste promesse c’era il marcare una discontinuità con quanto hanno fatto i democratici negli ultimi quattro anni, ad esempio rispetto all’Ucraina. Non è detto che avvenga perché come ho detto il personaggio è imprevedibile».
Riguardo al fatto se gli Stati Uniti cesseranno di essere una potenza imperiale?
«Penso assolutamente di no, perché non si tratta di girare un interruttore e soprattutto non può deciderlo un uomo solo. Un impero diventa tale dopo un lungo processo storico che nel caso degli gli Stati Uniti dura dal 1776, da quando sono stati fondati. Quindi sicuramente non sarà un uomo solo a cambiare la natura geopolitica del paese più importante al mondo. Ecco, su questo sono certo e quindi non saranno isolazionisti. Trump ce lo hanno raccontato e anche alcuni suoi sostenitori ce lo raccontano come un isolazionista ma lui è quello che ha dato all’Ucraina le armi più utili nelle prime fasi della guerra, come i lanciarazzi anticarro Javelin, per fare un esempio. Inoltre, ha collaborato fattivamente con Israele a partire dalla eliminazione del generale iraniano Quasem Soleimani. Quindi questo Trump isolazionista sinceramente non lo vedo. Poi tutto è possibile domani».
Lei crede che Trump riuscirà a far cessare la guerra tra Russia e Ucraina come si è vantato in campagna elettorale? Qualcuno parla della eventualità di far sedere ad un tavolo America, Russia e Cina per una sorta di nuova Yalta, ovvero la spartizione del mondo in rispettive zone di influenza.
«Si tratta di un programma molto ambizioso e ancora una volta dubito che ciò sia nella possibilità di un uomo solo. Yalta fu una conferenza tra vincitori che si spartivano il mondo, non fra la potenza in carica e una potenza in relativo – sottolineo relativo, non assoluto -declino come la Russia, mentre la Cina è in ascesa. Sinceramente credo siano due mondi, due situazioni storiche, due contesti geopolitici completamente diversi. Non vedo come un uomo solo possa in modo così incisivo, ridisegnare la mappa geopolitica del pianeta per fermare la guerra in Ucraina. Scusate se divento noioso, ma è difficile che un uomo solo abbia questa possibilità e queste capacità».
Lei vede dunque un declino russo?
«Prima ho definito la Russia una potenza in relativo declino, facendomi odiare dai russofili; adesso le prendo dai russofobi perché devo dire che la Russia in Ucraina se proprio non sta vincendo, ha comunque la mano vincente. E questo non propende sicuramente a farla correre a sedersi ad un tavolo negoziale. Trump dimostra una certa fretta, perché ha dato il segnale di volersi mettere a trattare con Putin – il quale anche se stesse perdendo gli avrebbe risposto di prendere appuntamento con la segretaria, per dirlo in battuta, proprio come tattica negoziale. Figuriamoci adesso che in Ucraina oggettivamente le sue truppe stanno avanzando. Quindi è tutto da vedere: la possibilità in astratto ci sarebbe, poiché Trump ha affermato di voler indirizzare lì la politica estera americana e di questo sì, gli va dato atto».
Lei si riferisce a Trump come ad un uomo solo ma forse dovremmo precisare che comunque il Presidente americano è un po’ il vertice di una piramide di lobby, gruppi di potere e di affari che lo sostengono e lo hanno finanziato; quindi, quello che lui ha detto in campagna elettorale magari non è un suo esclusivo pensiero, ma il pensiero dei gruppi che stanno alle sue spalle. Pertanto, qualcosa che lui sta dicendo potrebbe verificarsi…
«Assolutamente vero e stiamo vedendo già da queste prime ore che c’è un vicepresidente de jure e un vicepresidente de facto che è Elon Musk; quindi, quando ho detto un uomo solo non intendevo un solo uomo. Intendevo dire che Trump ovviamente è uno, ma dietro di sé ha apparati con interessi anche divergenti. Il partito repubblicano, che aveva gli isolazionisti storici, aveva i neocon, aveva i conservatori fiscali, l’area del Tea Party, aveva un’estrema destra… aveva correnti che poi si intrecciavano anche fra di loro, come fanno notare gli americanisti tutto questo non esiste più ed è diventato il partito di Trump. Il partito repubblicano oggi è completamente piallato, mi si permetta l’espressione poco formale, ed è il partito di Donald Trump. Un segnale l’ha dato proprio lui in queste ore dicendo che Nikki Haley e Mike Pompeo non entreranno nella sua amministrazione. Le correnti che al giro precedente gli avevano imposto John Bolton non so se avranno la forza adesso di imporgli esponenti della vecchia guardia neocon. Nondimeno Trump ha assunto alcune tematiche delle loro: l’America che va avanti da sola fregandosene del multilateralismo, l’America che deve tornare a far paura al mondo… Queste sono tematiche di tempi che personalmente non rimpiango ma che potrebbero tornare perché c’è una parte di elettorato repubblicano che vuole vedere le stelle e strisce sventolare. Insomma: tutto questo isolazionismo lo voglio vedere».
Trump però è stato quello che nel suo precedente mandato non ha iniziato nessuna guerra…
«Chiaramente quantomeno un indirizzo programmatico Trump alla politica estera lo vuole dare: non meno guerre, ma solo guerre nell’interesse dell’America. L’Ucraina che oggi si scanna con la Russia secondo Trump non è nell’interesse americano, mentre i democratici con Hillary Clinton dicevano chiaramente che tenere la Russia impantanata in Ucraina per farne un nuovo Afghanistan interesse americano lo è eccome. Si tratta di due visioni diverse della politica statunitense su quel teatro».
Sempre riguardo l’Ucraina c’è chi pensa che Trump sia una manna per Zelensky, che può attribuire agli americani la responsabilità di una cessazione forzata delle ostilità e dunque la mancata riconquista dei territori perduti. Cosa che Zelensky continua a sostenere anche adesso che l’esercito di Kiev è in palese difficoltà.
«Zelensky si è da mesi, forse da anni, legato le mani da solo dicendo che l’obiettivo è il ritorno ai confini del 1991. Addirittura, suoi uomini come Kyrylo Budanov, [già capo della intelligence militare di Kiev e ministro della difesa fino al settembre 2023 n.d.r.] parlano di divisione della Russia, volendo addirittura ridisegnare la mappa della galassia. Ecco, che i vertici ucraini si siano legati le mani e i piedi a questi obiettivi massimalisti è sotto gli occhi di tutti. Non so se Trump sia un uomo capace di certi ghirigori e arzigogoli per levare le castagne dal fuoco a Zelensky che lo può usare come scusa, Sinceramente, ammetto un mio limite, non vedo Trump neanche come un uomo che fa la politique politicienn per dirla in francese, quindi su questo mi fermo, senza fare “totocalcio”».