La morte esige silenzio

La morte esige silenzio

di Antonella Paniccia

UN FUNERALE, UNA DANZA, TANTO DOLORE

Come un malinconico tam tam è stata riportata su tanti giornali, con grande enfasi, la  notizia di un nonno che, sconvolto dalla morte del giovanissimo nipote a causa di un  incidente stradale, ha voluto dargli l’estremo saluto improvvisando al suo funerale,  proprio sul sagrato della chiesa, una danza ritmata perché all’amato nipote piaceva tanto  la musica tecno. All’inconsueta performance si sono subito unite alcune donne presenti  che battevano le mani mentre il nonno ballava, si dimenava e gridava sulla bara:  “Libero, ora sei libero, vola! Vivere! Vivere! Vivere!”

Intorno, una folla di persone assisteva muta, il sacerdote e alcune bimbe vestite da chierichette attendevano di poter entrare in chiesa. Al termine della strana esibizione  un grande applauso…

Una infinita tristezza è parsa rimanere nell’aria, una voglia forse di chiedere: ma  davvero, in questa nostra società, i sentimenti sono così mutati? Possibile che un  dramma enorme come la perdita di un figlio, di un nipote, si possa liquidare con una  sorta di rituale apparentemente festoso, come se si volesse sconfiggere il senso della morte e dissimulare la lacerazione tremenda prodotta dal distacco da un caro  congiunto? Perché, nella nostra epoca, si sente il bisogno di ridurre tutto ad esteriorità,  ricorrendo anche ad un finto festeggiamento come se il dolore dovesse per forza essere  mascherato? Eppure, tanti sono stati i commenti positivi di gente ansiosa di voler  esorcizzare il potere della morte, come per affermare che l’ultima parola, quella  vincente, appartenga all’uomo. Ma non è così!

Pur rispettando e comprendendo l’infinito dolore del nonno dinanzi ad una così  fulminea tragedia, non si può assolutamente accettare che tale condotta venga esaltata,  quasi fosse un modello da seguire o da riproporre. La morte esige silenzio. Ci interroga  nel profondo del nostro animo, richiede il rispetto del dolore di tutti e anche la  preghiera, se si è credenti. Troppe volte il telegiornale ci annuncia morti di adolescenti.  Bisogna riflettere, interrogarsi su questo. Non è tempo di ballare. Non si può danzare  in presenza di una bara. Su una bara si lasciano fiori, preghiere, carezze fuggenti: è  tutto ciò che possiamo offrire.

La morte è un mistero così grande e straziante che può essere accolto ed accettato  dall’uomo solo con l’aiuto di un Dio consolatore, un Dio che va però pregato, implorato  affinché ci sostenga e accolga quell’anima nel Suo regno per l’eternità. Altrimenti si  può impazzire dal dolore perché non c’è danza che possa lenirlo, né applauso che possa  consolare un cuore profondamente ferito. Le anime dei defunti, se si è cristiani, devono  essere accompagnate nel loro viaggio dalla preghiera, dai suffragi, dalle comunioni  offerte con cuore puro perché, per morire, bisogna essere pronti.

E non sempre si è pronti, per questo San Francesco così ammoniva nel suo mirabile  Cantico delle Creature: “Laudato sii, o mio Signore, per nostra sora Morte corporale, 

dalla quale nessun uomo vivente può scampare. Guai a quelli che morranno nel  peccato mortale. Beati quelli che si troveranno nella tua volontà poiché loro la morte  non farà alcun male.” 

Il dolore della morte va dunque vissuto in silenzio, non si può cercare di annullarlo  immergendosi nel frastuono di una musica da discoteca. Siamo dinanzi ad una vita non  più terrena, caduca e fallace, ma alla vita eterna, cioè per sempre: per i nostri cari, per  quanti abbiamo amato, noi possiamo solo implorare la misericordia di Dio, chiedendola  anche per noi, perché scenda sui nostri errori di esseri fragili e imperfetti.

Sant’ Agostino scrisse: “Se mi ami non piangere.” Vero. Io non ho pianto al funerale di  mia madre, ma il dolore lo sentivo lì al centro della mia anima, conficcato come lama  tagliente in ogni ricordo, in ogni attimo della mia vita. Il dolore poi emergeva con  violenza maggiore nei giorni successivi e si manifestava dentro di me, non all’ esterno,  quando sentivo che lei era comunque presente in ogni azione, sia che io sorridessi,  parlassi o insegnassi. Allora ti rendi conto che la persona che ami è lì con te ma tu,  nello stesso tempo, sai che non potrai più trattenerla in un abbraccio né sentirne il  profumo o la voce; non potrai sprofondare nei suoi occhi né deliziarti del suo sguardo.

A me succedeva così. Eppure, in tutto ciò, io mi sono sentita protetta, consolata, come  se una mano invisibile si fosse posata sul mio capo ed io percepivo che mi rasserenava,  mi riscaldava il cuore e mi impediva di disperare e di impazzire. La morte vuole, esige  il silenzio. E la preghiera. Si viene strappati alla vita per essere introdotti nell’ eternità.  Come sarà l’eternità? Sarà come noi stessi la dipingeremo con la nostra vita… sarà un  riflesso di infinito amore se avremo amato, se avremo cercato la luce di Dio;sarà invece  tenebra se avremo preferito vivere nelle tenebre dell’errore.

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