Un intervento, senza censure, dell’Ambasciatore russo in Italia
A cura della Redazione
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IL DISCORSO DI ALEXEY PARAMONOV IN OCCASIONE DELLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO, EDITO DA VISIONE EDITORE, “LE VERE CAUSE DEL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO”
Egregi colleghi Ambasciatori, Egregi membri del corpo diplomatico, Gentili signore e signori, Cari amici,
Quest’oggi parleremo di un importante progetto editoriale. Tutti voi avrete già visto il rispettivo video pubblicitario dell’opera appena pubblicata da “Visione Editore”, il cui titolo, “Le vere cause del conflitto russo-ucraino”, invita moltissimo alla lettura.
Più dettagliatamente del progetto parleranno i nostri illustri ospiti che hanno avuto e realizzato l’idea di pubblicazione del volume che stiamo presentando – Dottor Francesco Toscano e l’Ambasciatore Bruno Scapini. Proporrei di salutarli!
Per togliere subito ogni tipo di pretesto per le polemiche e speculazioni ci tengo a precisare che stiamo presentando il progetto pienamente italiano, ideato e realizzato dagli italiani e a spese di un ente italiano.
L’Ambasciata della Federazione Russa nella Repubblica Italiana si è limitata solo alla concessione della nulla osta alla pubblicazione e all’ospitalità di questa serata come gesto di cortesia.
Tornando all’opera, qui si raccolgono dei lavori davvero notevoli: primo tra tutti, l’articolo del Presidente della Federazione Russa Vladimir Putin intitolato “Sull’unità storica di russi e ucraini”, scritto nel luglio del 2021 e divenuto, probabilmente, ancor più attuale al momento presente. I punti espressi dal Presidente della Federazione Russa nel suo articolo vengono poi ripresi e sviluppati nell’articolo “La creazione dell’Ucraina e il ruolo strutturale del nazionalismo/nazismo ucraino”, frutto del lavoro congiunto svolto da Eduard Popov, politologo russo e Dottore in scienze filosofiche, e da Kirill Ševčenko, storico bielorusso e professore presso la succursale di Minsk dell’Università Statale Russa di Scienze Sociali. Tali punti vengono poi sviluppati più avanti anche nell’articolo di György Varga, ricercatore ungherese, Dottore in teoria delle relazioni internazionali, membro del Consiglio dell’Accademia Ungherese delle Scienze e Capo della missione OSCE in Russia dal 2017 al 2021, dal titolo “L’Ucraina come danno collaterale sulla via dell’atlantismo militante”.
Il grande merito di questa iniziativa editoriale risiede nel fatto che prende le distanze dalla tendenza alla semplificazione che, ultimamente, sembra dominare la sfera della politica globale. È animata piuttosto dal desiderio di analizzare e spiegare nel dettaglio le cause e gli antefatti della tragedia che oggigiorno vediamo imperversare nell’Europa dell’Est. Purtroppo, tanti commentatori e opinionisti molto spesso fanno risalire volontariamente l’inizio delle vicende ucraine al 24 febbraio 2022, rigettando tutto ciò che è accaduto prima di quella data. Cosa che peraltro fanno anche quando forniscono la loro interpretazione della nuova spirale nella quale è sprofondato il conflitto israelo-palestinese. Si pone anche qui grande enfasi sulla data del 7 ottobre, evento indubbiamente tragico e sanguinoso, ma volendo ignorare tutti gli eventi che, nel tempo, hanno portato a ciò che è successo in quella data, e quindi trascurando ogni avvenimento sin quasi dalla fine degli anni ‘40 del secolo scorso.
Tale approccio ci appare scellerato, e noi siamo lieti che oggi, nel mondo e, in particolare, in Italia, siano sempre più numerosi coloro che condividono questa nostra visione delle cose. Dopotutto, se non si sono comprese a fondo le cause di un problema, anche solo sperare di poterlo risolvere diventa impossibile.
Anche nelle attuali circostanze, caratterizzate dal dominio assoluto della propaganda all’interno dei media occidentali, a farsi strada con tenacia sempre maggiore è la comprensione che l’Operazione Militare Speciale avviata dalla Russia nel febbraio 2022 aveva l’obiettivo di porre fine al conflitto in corso nell’Ucraina sud-orientale, conflitto scatenato dalle nuove autorità al potere in Ucraina contro una parte del loro stesso popolo. Come sappiamo, la Crimea, la Repubblica Popolare di Lugansk, la Repubblica Popolare di Donetsk, e in seguito anche le regioni di Zaporozhye e di Kherson si sono rifiutate di piegarsi al regime nazionalista giunto al potere a seguito del colpo di stato anticostituzionale sostenuto dall’esterno che ha avuto luogo nel 2014. Dopotutto, sin dai primi giorni al potere, i nazionalisti si erano imposti di ripulire l’intero territorio ucraino da tutto ciò che c’era di russo: le persone, la lingua, la storia, la religione e i valori. È stato proprio così che ha avuto inizio il conflitto interno in Ucraina, costato la vita in otto anni a 14.000 civili e a quasi mille bambini.
Vale la pena di rammentare che anche le cause della lunga serie di riprovevoli e pericolosi avvenimenti alla quale stiamo assistendo oggi in tutto il mondo, che di fatto rappresenta la crisi geopolitica più acuta mai vista dai tempi della Seconda Guerra Mondiale, risalgono a tempi lontani. Tali avvenimenti sono la conseguenza del fenomeno, in pratica mai arrestatosi, dell’“assalto all’Oriente” da parte dell’Occidente storico. Inoltre, sin dal 2014, siamo stati testimoni e partecipanti inconsapevoli dell’ennesima, folle condotta criminale in ambito geopolitico.
I “demiurghi” d’oltreoceano hanno cominciato ad allevare, a ridosso dei confini russi, un’entità che sarebbe dovuta diventare una sorta di “ariete” da usare contro il nostro Paese: l’Antirussia. Grazie alle generose sovvenzioni giunte dai fondi americani e al denaro del quale gli oligarchi locali hanno derubato la popolazione, al posto della buona vecchia Ucraina, a noi tanto affine, ha fatto la sua ascesa un orrendo mostro, intossicato dal veleno del nazionalismo e avido delle elemosine concessegli dei suoi padroni. Niente di nuovo, dopotutto. Perché è proprio in questo modo, generando frammentazione tra popoli che, in molti casi, sono fratelli, che gli USA e i loro satelliti tentano di preservare la propria egemonia e la loro posizione di eccezionalità. Di esempi di questo genere ce ne sono molti.
Di fronte alla crescente aggressività di Kiev nei confronti della popolazione del sud-est dell’Ucraina, la Russia ha dovuto avvalersi del proprio diritto a riconoscere ufficialmente le Repubbliche Popolari di Donetsk e di Lugansk, e a siglare con loro degli accordi riguardanti l’assistenza militare contro un Paese che stava conducendo operazioni militari ai loro danni. Considerato tutto ciò, le azioni intraprese dalla Russia a partire dal febbraio del 2022 rientrano pienamente nelle condizioni previste dall’Articolo 51 della Carta dell’ONU.
L’Ucraina attuale è un triste esempio di ciò che accade a un Paese che si sia lasciato sottomettere a ingerenze esterne mirate a influenzare le dinamiche interne del suo sviluppo, nel momento in cui tali forze esterne decidono di imporre una scelta geopolitica forzata e innaturale. Tra l’altro, a seguito della dissoluzione dell’URSS nel 1991, la nuova, moderna Russia, a prescindere da ciò che se ne dice, non aveva motivo di rimproverarsi alcun tipo di condotta espansionistica. Al contrario, Mosca era pronta anche a diventare parte dello stesso Occidente, ma ha ricevuto in tal senso un sonoro rifiuto, per non dir di peggio. Nel frattempo, le strutture occidentali, ossia la NATO e l’UE, davano inizio al loro infido avanzamento verso i confini della Russia. Alla Conferenza di Monaco sulla Sicurezza del 2007, il Presidente Vladimir Putin mise chiaramente in guardia in merito alle conseguenze dell’eventuale apertura di una linea di conflitto con l’Occidente, nonché di quelle derivanti dal fatto che gli interessi della Russia venissero ignorati. Se solo allora i leader Occidentali avessero dato ascolto all’avvertimento di Mosca, sarebbe stato possibile siglare il Trattato sulla Sicurezza Europea che proponemmo nel 2008, avremmo potuto trovare una soluzione alle gravi divergenze presenti tra la Russia e la NATO, avremmo potuto proseguire il lavoro nell’ambito del Consiglio Russia-NATO, non ci sarebbe stata una crisi nei rapporti tra la Russia e l’Unione Europea, l’Ucraina avrebbe preservato le sue precedenti linee di confine e sarebbe adesso un Paese europeo prospero, poiché godrebbe di tutti i possibili benefici derivanti dalla sua cooperazione e dal suo rapporto di amicizia con la Russia, nonché dalla sua collocazione geografica tra la Russia e l’Unione Europea; i nostri rapporti starebbero continuando ad evolversi, e i nostri due Paesi starebbero continuando ad avvicinarsi. Ma la storia non riconosce il condizionale.
Il caso vuole che il nostro evento di questa sera si svolga sullo sfondo del Vertice dei BRICS a Kazan’, i cui risultati non sono ancora noti. Vorrei quindi rivolgere la mia attenzione, adesso, alla questione principale: il formato BRICS, a differenza di quelli occidentali, non è diretto contro nessuno, bensì è orientato esclusivamente alla risoluzione delle questioni legate allo sviluppo sovrano dei suoi Paesi membri. Questo è un raggruppamento di Paesi nel quale non esistono “leader” e “seguaci”, e i BRICS non costringono nessuno a sacrificare nulla. I BRICS sono un raggruppamento di Paesi che lavorano insieme sulla base di valori comuni, quali la giustizia, il rispetto reciproco, l’indipendenza, la non ingerenza negli affari interni degli altri Paesi, l’impegno al dialogo, il rispetto delle diversità culturali di ognuno; e, cosa più importante, il rispetto degli interessi reciproci.
Il Presidente Vladimir Putin ha concluso il suo articolo del 2021 con queste parole: “La Russia non è mai stata e non sarà mai «anti-Ucraina»”. E neppure adesso lo è. Il folle, sanguinoso decennio di storia ucraina trascorso dagli eventi di Piazza Maidan del 2014 non può comunque cancellare i tre secoli e oltre durante i quali il popolo russo e quello ucraino hanno condiviso la loro esistenza. I nostri popoli sono legati da una storia e da una lingua comuni, ma anche dalla comune fede e da tradizioni culturali condivise. Kharkov, Kiev e Odessa, come altre città russe ed ucraine, rimangono tuttora un lascito del grande patrimonio comune. Ad esempio, è proprio alla città di Kharkov che sono legate la vita e le opere dei Premi Nobel russi Il’ja Mečnikov (Premio Nobel per la Medicina nel 1908), Ivan Bunin (Premio Nobel per la Letteratura nel 1933) e di Lev Landau (Premio Nobel per la Fisica nel 1962). Kiev invece è la “Madre delle Città Russe tutte”, nonché centro spirituale della fede ortodossa russa con il suo Monastero delle Grotte di Kiev. E infine c’è Odessa, che fu fondata su decreto dell’Imperatrice russa Caterina II nel 1794. Molti russi, sui banchi di scuola, hanno fatto la conoscenza delle opere degli autori ucraini Taras Ševčenko e Ivan Franko, ma anche delle melodiose canzoni popolari ucraine.
Le speranze legate a una resurrezione di quell’Ucraina cristiana, ortodossa, amica, buona e amata da tutti, il cui ricordo è ancora vivo nei nostri cuori, sopravvivono tuttora. Il grande scrittore russo Nikolaj Gogol’ non fu mai del tutto sicuro di quale delle due nature prevalesse in lui: se quella russa, o quella ucraina. Ma egli era convinto che entrambe fossero un generoso dono di Dio, e che soltanto attraverso la loro unione e il loro divenire un tutt’uno esse avrebbero potuto dare vita a un qualcosa di assolutamente perfetto dal punto di vista umano.
Per darvi una piccola dimostrazione di tutto ciò, abbiamo organizzato un concerto il cui programma prevede l’esecuzione di opere ideate da compositori sia russi che ucraini. A seguire, siete tutti invitati a degustare i piatti tipici della cucina tradizionale russa e ucraina.
Grazie a tutti per l’attenzione.