Ancora una parola sugli astensionisti

Ancora una parola sugli astensionisti

di Pietro Licciardi

INVECE DI NON VOTARE PERCHE’ NON SI RICORRE ALLE PREFERENZE?

Torniamo sulla questione dell’astensionismo per ribadire e chiarire alcuni concetti. Premesso che la democrazia moderna, quella partorita dal primo totalitarismo della storia che fu La Rivoluzione francese, è una schifezza, tanto che consente a personaggi come Ilaria Salis o autentiche nullità politiche e professionali come molti 5 Stelle, per non parlare dei corrotti, profittatori e farabutti che hanno frequentato i Palazzi del potere, di essere eletti.

Premesso che chi ha ormai la nausea di un sistema politico che per lo più se ne frega delle reali istanze popolari per inseguire e imporre bislacche ideologie e fantomatici “diritti” ha molte e giustificate ragioni per restarsene a casa. 

Si dà però il caso che chi cerca il potere per perseguire più che il bene comune, il bene proprio o delle lobby da cui è sponsorizzato, del consenso popolare fa volentieri a meno e fosse per lui tanto meglio se a votare fosse il 10% degli elettori. O anche meno.

La “democrazia” giacobina e sinistra ha perseguito fin da subito l’allargamento progressivo del suffragio: una testa, un voto; ma non per garantire una maggiore rappresentanza, quanto per sovrastare col numero dei molti che non avrebbero alcun titolo valido per esprimersi, i pochi in grado di esprimere un consenso informato e responsabile.

Una prova? Il fatto che le campagne elettorali hanno mutuato dalla pubblicità le sofisticate tecniche di marketing capaci di orientare i gusti e gli acquisti dei consumatori. Insomma il voto è una cosa che oggigiorno si orienta, si manipola e quando occorre si falsa ricorrendo ai brogli, come avvenuto nelle ultime elezioni presidenziali Usa. 

Salvo ripensarci come quando in Italia il centrodestra ha vinto le elezioni politiche e sui social circolarono post – e anche qualche esponente della “democratica” sinistra ribadì il concetto  – secondo i quali bisognava tornare a limitare il diritto al voto.

Detto questo purtroppo dobbiamo fare i conti con la realtà, ovvero che siamo in un regime di imperfettissima democrazia e che l’unica arma che hanno i cittadini è il voto. Non votare quindi potrà esprimere tutta la disaffezione e il disagio di questo mondo ma nella pratica non cambia nulla e anzi legittima le minoranze organizzate e agguerrite che riescono a riunire attorno a sé uno zoccolo duro di elettori a oltranza, come è riuscito a fare per moltissimi anni il PCI, dal momento che non è realisticamente possibile convincere tutti, ma proprio tutti, a non votare. 

Comunque i governi e le maggioranze saranno formate sulla base di coloro che hanno votato, per quanto scarsi essi siano. Per caso qualcuno in queste ore sta valutando l’eventualità di ripetere o annullare le elezioni europee, considerato l’alto numero di astensioni? Non ci risulta. Eppure ci sono esponenti dell’astensionismo che parlano sui social di una loro fantomatica vittoria.

Per meglio chiarire quanto importa a certi del consenso popolare e quanto sono favoriti dall’astensione al voto ecco un passo tratto dal Manifesto di Ventotene, il documento scritto nel 1941, spiccatamente antipopolare ed elitario che è oggi alla base dell’Unione Europea: «La metodologia politica democratica sarà un peso morto nella crisi rivoluzionaria.[…] Nel momento in cui occorre la massima decisione e audacia, i democratici si sentono smarriti, non avendo dietro di sé uno spontaneo consenso popolare, ma solo un torbido tumultuare di passioni. […] [Il partito rivoluzionario] attinge la visione e la sicurezza di quel che va fatto non da una preventiva consacrazione da parte dell’ancora inesistente volontà popolare, ma dalla coscienza di rappresentare le esigenze profonde della società moderna. […] Attraverso questa dittatura del partito rivoluzionario si forma il nuovo stato, e intorno ad esso la nuova vera democrazia». 

Appunto. A certe élite rivoluzionarie detentrici, secondo loro, della vera democrazia, meno elettori hanno tra i piedi e meglio è. Dunque: non andare a votare serve solo a legittimare i soliti noti, i professionisti del potere. In Italia come in Europa.

Gli astensionisti pertanto farebbero bene a votare ma col cervello; ovvero facendo ricorso ad una arma ancora più potente e della quale – guarda caso – non si parla mai: la preferenza. Scegliendo persone degne, fidate, che hanno dato prova nel tempo e non con le sole chiacchiere improvvisate in campagna elettorale, di lavorare per il bene comune è possibile ripulire le istituzioni e sanificare un po’ alla volta i Parlamenti. 

Certo, questo implica impegno e una certa fatica da parte dell’elettore, che deve seguire la politica e le vicende dei vari candidati, per esser pronto a rinnovare o togliere la fiducia nella successiva tornata. Meglio per certuni stare alla finestra a recriminare e quando è il momento entrare nella cabina del vicino stabilimento balneare invece che in quella elettorale. E non sono da meno quelli che se la cavano con una generica croce sul simbolo perché in tal modo a guadagnarci è solo il capolista, anche se in odore di mafia o è in galera in Ungheria in attesa di processo per reati giudiziari gravi. 

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