Il sapore famigliare di una Roma sparita
“ROMAAMOR”
Roma anni Sessanta. Il padre di Benedetta, con un collega ingegnere, costruì una bella villa ai piedi dell’Aventino. Una casa bianca e grigia, con un grande giardino tutt’intorno, abitata da molti bambini e dai tanti che, per un giorno o per tutta la vita, vissero quel sogno ricamato di verde. La villa unì i destini di due famiglie che, pur non essendo parenti, strinsero legami forti e per sempre. La vita fiorì e le storie si intrecciarono, allegre e a volte tristi.
Il cuore s’apre al ricordo ed ecco, in danza, si presentano cugini, fratelli, donne di servizio che furono mamme a modo loro, le sister dell’Istituto Mater Dei, i cani amatissimi, lo zio ministro, la zia “quattroquarti”. Un libro corale che ha al suo centro Roma ma che corre anche su e giù per l’Italia inseguendo il filo del ricordo e le persone che in esso respirano.
“Romaamor” (Bookabook, 2024, 11 €), di Maria Benedetta de Vito, è un libro già ordinabile col Crowdfunding, che restituisce il sapore famigliare di una Roma sparita, ancora viva nel ricordo di chi l’ha vissuta.
Maria Benedetta de Vito, laureata in Letteratura portoghese, giornalista professionista, ghostwriter, traduttrice, scrittrice, è nata e vive a Roma. Ha lavorato per più di vent’anni al Gazzettino e collabora con diversi siti Internet. Ha scritto L’ingegnere e altri racconti (Stampa alternativa, Millelire, 1990), Il naso Augusto (Moby Dick edizioni edizioni, 1995), C’ero una volta (Oltre edizioni, 2019), Cuoresardo (bookabook, 2023). Ha tradotto Lei non sarà mai infedele di Jeanne De Casalis (Nutrimenti, 2003) e L’enigma delle sabbie di Erskine Childers (Nuova Editrice Berti, 2012).
Perché ha scritto questo libro? chiediamo all’autrice. Ci risponde: “Andando, un giorno di sole, da mia madre ancora viva, udii la voce della villa romana offesa da me che solo di quella sarda ho scritto. “E di me, dimmi, di me, perché ti sei dimenticata? Tra le mie ora deserte stanze, ti sei fatta grande, nel mio giardino hai inseguito il lume lassù?”. Dentro, mia madre mi attendeva con il caffè servito col cucchiaino d’argento e lì, intorno a noi, c’erano – lo sentivo – la Mimma, Sormario, la nonna Lisetta. Non eravamo sole. Dovevo scrivere e ora l’ho fatto”.