Dove sta andando la Germania?

Dove sta andando la Germania?

di Sergio Caldarella

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QUELLE FOTO DEL PRESIDENTE STEINMEIER

Esattamente un mese fa, il 24 novembre 2023, il presidente tedesco Frank-Walter Steinmeier ha accolto, al Bellevue Palace di Berlino, un gruppo di cittadini tedeschi giunti da Gaza. La motivazione ufficiale dell’invito è stata quella di un “colloquio con i tedeschi che hanno lasciato la striscia di Gaza”. I contenuti di questo colloquio non sono stati resi noti. Una domanda si pone da subito: perché il Presidente della Repubblica Federale Tedesca ha scelto di ricevere proprio questo gruppetto proveniente da Gaza e non altri?

La brigata dei visitatori comprendeva residenti di Gaza da lungo termine, 30 anni di permanenza per Hazim e Karin Lulu, fino a 9 anni per Ehab ed Alaa Rayan con prole, così come altri quali Mazen El-Danaf, Khitam El-Danaf e Mohammed Jouba che si trovavano in visita alla famiglia quando sono stati sorpresi dall’inizio delle operazioni militari. Tra questi anche il chirurgo Ahmed Abunada, in forza da otto anni presso l’ospedale Al-Shifa di Gaza sotto il quale l’esercito israeliano ha di recente scoperto tunnel ed arsenali correlati alle attività criminali di Hamas. Il 19 dicembre 2023, Ahmad Kahlot, anch’egli medico e direttore dell’ospedale Kamal Adwan a Jabliya, uno dei più grandi di Gaza, ha ammesso di essere un alto dirigente di Hamas e di aver usato l’ospedale per attività terroristiche. Le implicazioni di queste recenti scoperte dovrebbero quantomeno rappresentare un invito alla cautela onde evitare di inviare segnali politicamente ambigui se non catastrofici.

Il Presidente Steinmeier ha ricevuto a colazione questo gruppo di cittadini con passaporto tedesco che vivevano a Gaza, eppure dei circa 122.000 tedeschi che si sono trasferiti in anni recenti in altri Paesi, il 78%, ossia 95.000 cittadini, hanno fatto ritorno in Germania e nessuno di questi espatriati è mai stato ricevuto al palazzo presidenziale per una colazione con il Presidente. Non c’è allora già qualcosa di strano in questo invito? Oppure gli altri 95.000 rimpatriati, come nella ben nota dichiarazione della Fattoria degli animali di Orwell, non sono così speciali come questi altri? Ed in cosa consiste questa loro particolarità? È un fatto noto che i membri di questo gruppo risiedevano in uno staterello che, durante le ultime elezioni legislative del 2006, ha democraticamente conferito la maggioranza al gruppo terrorista Hamas il quale ha ottenuto il 44,45% dei voti, mentre Fatah ha ottenuto il 41,43% ed è stato, immediatamente dopo, eliminato in una sanguinosa guerra civile palestinese.

Il 7 ottobre 2023, dopo anni ed anni di lanci di razzi contro Israele che, nel 2005 aveva abbandonato la striscia di Gaza alla gestione araba, Hamas ha poi brutalmente attaccato lo Stato confinante, commettendo mostruosità per il cui equivalente è necessario tornare alle SS, ai massacri dell’ucraino Bohdan Chmel’nyc’kyj, oppure ai mongoli di Temugin Yesugei, meglio noto come Gengis Khan.

David Bedein del Center for Near East Policy ha anche denunciato come l’UNRWA (Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione dei rifugiati palestinesi nel Vicino Oriente), un’agenzia molto particolare dedicata unicamente al sostegno della popolazione detta “palestinese”, ha anche sponsorizzato dei libri di testo scolastici i quali glorificano personaggi come Dalal Mughrabi, una terrorista di al-Fataḥ la quale, nel 1978, prese parte al dirottamento di un autobus che costò la vita a 35 persone tra cui 13 bambini e viene invece considerata un eroe nazionale da molti palestinesi. Un clima politico ed ideologico non certo rassicurante.

Non sorprende allora che un recente sondaggio dell’AWRAD (Arab World for Research & Development) condotto sulla popolazione detta “palestinese” tra Gaza e la West Bank ha fatto emergere che il 59% si schiera ancor’oggi a sostegno dell’operato di Hamas, il 16% vi è in un certo modo favorevole, l’11% è indifferente e solo il 13% vi si oppone. Questo significa che il 75% degli intervistati approva apertamente la strage del 7 ottobre!

Il gruppo ricevuto dal Presidente tedesco rappresenta forse un’anomalia statistica rispetto a questi dati? L’entourage del Palazzo Bellevue ha forse selezionato un campione di tedeschi di Gaza i quali fanno parte di quell’esiguo 13% contrario alla strage del 7 ottobre? Oppure ha preferito prenderli dall’11% degli indifferenti, perché magari il Presidente li sente spiritualmente più vicini?

È noto che il Presidente Steinmeier ha inviato le sue condoglianze formali alla madre di Shani Louk, la turista tedesca ventiduenne presa in ostaggio da Hamas ed uccisa mentre era in visita in Israele partecipando ad un festival musicale, non risulta però che la madre di questa ragazza, brutalmente assassinata da Hamas, sia stata invitata a colazione al Palazzo presidenziale. Forse alla politica tedesca non è più chiaro cosa significhi inviare un messaggio politico, oppure gli è chiaro ed è proprio in questo che consiste l’accoglienza riservata al gruppo del 24 novembre?

Qualunque gesto ed immagine di un’alta carica dello Stato è sempre anche un atto politico. Quale segnale politico vuole allora inviare il Presidente tedesco? A chi sta lanciando questi segnali di fumo? Ad Israele? Ai media? Oppure, solo un’ipotesi, al Qatar il quale è uno dei maggiori investitori stranieri in Germania? L’Emirato del Qatar detiene, tra gli altri, il 17% della Volkswagen, il 12,3% di Hapag Lloyd, il 6,1% della Deutsche Bank, il 4,99% della Porsche ed il 3,04% della Siemens. Oppure Steinmeier vuole semplicemente restare sulla linea altezzosa ed indifferente che gran parte della classe politica europea propone e propaga ormai da qualche decennio? Ha forse voluto indicare che la presidenza tedesca ha un occhio particolare per quelli che rimpatriano da un Paese aggressore di Israele? Oppure vuole solo accodarsi al coro di coloro che strepitano per le strade? Mi chiedo: quanti cittadini tedeschi rimpatriati da Israele ha accolto il Presidente Steinmeier? Che tipo di messaggio politico vuole allora veicolare questa presidenza tedesca?

Bisogna ricordare che Steinmeier è lo stesso che, ad ottobre del 2020, nel mezzo del pandemonio pandemico, aveva paciosamente dichiarato, ai tedeschi preoccupati per quanto stava avvenendo al loro Stato di diritto, “viviamo nella migliore Germania che sia mai esistita” (“Wir leben im besten Deutschland, das es jemals gegeben hat”). Dunque, senza addentrarci in altre vicende del suo passato, è uno aduso all’uso dell’iperbole e ad inviare messaggi politici ben precisi i quali corrispondono ad una totale indifferenza verso la situazione storica.

Gran parte della classe politica occidentale è ormai in uno stato di preoccupante disfacimento democratico e questi segnali politici che provengono proprio dalla Germania, mostrando la più completa indifferenza per quanto questi atti simbolici significhino nei confronti di uno Stato come Israele, è oggettivamente preoccupante. La Germania, per ovvie ragioni storiche, è stata fino ad oggi attenta alle apparenze nei rapporti con Israele. Eppure, per chi sa intendere le forme della politica, il sottotesto dei messaggi che il Presidente tedesco invia adesso è ben chiaro per chi vuole provare ad intendere. Nel mondo occidentale rullano sempre più forte i tamburi dell’antisemitismo che, storicamente, sono sempre forieri di tragedie ancora più grandi. Sperare che l’attuale classe politica occidentale possa arrestare le catastrofi a venire, significa rifiutare di confrontarsi con quei fatti già disponibili alla nostra limitata visione del presente.

La politica occidentale sembra ormai muoversi con una coerenza agghiacciante che, diversamente dai proclami ufficiali, pone il benessere del cittadino all’ultimissimo posto. Una politica la quale, con sempre maggior evidenza, toglie al cittadino il terreno da sotto i piedi partendo dal sostentamento primario, attraverso inflazione e scarsità materiali di vario genere ed una gestione a dir poco irresponsabile dello Stato e delle sue risorse, fino all’attacco all’autonomia intellettuale attraverso la continua falsificazione del mondo portata avanti grazie ad una coordinazione mediatica tendente alla costante distorsione della realtà. Questa politica ritiene allora di poter essere in grado di oltrepassare tutti i limiti, quelli costituzionali, ma anche il più elementare buonsenso democratico. Questo sovvertimento può passare oggi quasi inosservato solo grazie al soggiogamento concettuale sistematicamente operato sul cittadino con la complicità dei mezzi di comunicazione di massa e gli “apparati ideologici dello Stato”, come definiva Althusser la scuola e l’università. Si veda, infatti, la grave svolta ideologica presa in certi campus americani in cui l’antisemitismo è ormai tollerato apertamente al punto in cui, tanto le associazioni studentesche quanto docenti privi di alcuna nozione storica adeguata o di senso etico elementare, si schierano apertamente dal lato degli assassini di Hamas.

Che lo si voglia intendere o meno, tutto quello che si vede e si legge nei mezzi di comunicazione di massa è sempre filtrato da una profonda corruzione spirituale, mentale, etica ed umana che è difficile, se non impossibile, scindere dalle direzioni morali ed intellettuali dell’epoca contemporanea. Senza questo spaventoso apparato di distrazione e disinformazione sarebbe forse possibile avviare dibattiti culturali sugli orientamenti e le direzioni prese dalla politica contemporanea, sulle sue relazioni o dipendenze da poteri ad essa esterni ed avviare persino discorsi sull’evidenza ormai latitante, aiutando a chiedersi quale sia il significato di determinate scelte, da dove provengono e quali siano le loro implicazioni. Il cittadino viene invece istradato, distratto e condotto altrove, in un universo al contrario dove l’alto è basso ed il basso viene presentato come se fosse il picco più elevato. Gli aggressori di Hamas passano così per aggrediti e l’etica, o la decenza elementare, diventano questioni arbitrarie le quali “dipendono dalle circostanze”, come hanno impudentemente dichiarato tre rettrici di “prestigiose” università americane durante un’udienza di fronte al Congresso americano il 6 dicembre scorso.

In questa prospettiva di disfacimento morale ed intellettuale, anche il Presidente Steinmeier sembra abbia allora deciso di offrire il proprio contributo, lasciando che le immagini che ha consegnato alla storia il 24 novembre veicolino quel messaggio che labbra tedesche non possono ancora pronunciare apertamente.

Nell’epoca dell’abiezione e del delirio sta allora a quei pochi, ancora capaci di lucidità, testimoniare e provare a dipanare quei fili della storia che altri si rifiutano anche di considerare. Il Presidente di un Paese quale la Germania non dovrebbe comportarsi come gli pare – anche se questo sembra ormai un luogo comune per la classe politica occidentale. A settembre del 2022, Annalena Baerbock, la ministra degli esteri in carica, ha dichiarato a Praga: “Se ho fatto la promessa al popolo ucraino: ‘Staremo al vostro fianco – per tutto il tempo che avrete bisogno di noi’, allora voglio mantenere questa promessa – a prescindere da ciò che pensano i miei elettori tedeschi”. Se un ministro in carica, nella miglior Germania di tutti i tempi, può permettersi di dichiarare apertamente “a prescindere da ciò che pensano i miei elettori, egal, was meine deutschen Wähler denken”, allora anche un Presidente può facilmente permettersi di invitare a Palazzo chi vuole, a prescindere dal messaggio politico che tale invito lancia nell’etere della storia.

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