Vittorio Sgarbi: “Viviamo nella società liquida, priva di punti di riferimento”

Vittorio Sgarbi: “Viviamo nella società liquida, priva di punti di riferimento”

di Bruno Volpe

VITTORIO SGARBI: “LA PRODUZIONE DI ARTE SACRA, NEL SENSO TIPICO DEL VOCABOLO, È FERMA DAL TEMPO DEL FASCISMO”

La provocazione del noto critico d’arte Vittorio Sgarbi, Sottosegretario di Stato alla Cultura: “In Italia l’ ultimo dipinto sacro è il IV Stadio di Pellizza da Volpedo”. Lo dice in questa intervista che ci ha rilasciato nella quale parla di arte sacra, della crisi del senso del sacro, della produzione e di icone sacre ortodosse. Lo fa con la consueta passione e naturalmente competenza degna del grande conoscitore, sicuramente il più autorevole in Italia.

Professor Sgarbi, qual è lo stato dell’ arte sacra in Italia?

“Intanto bisogna sgombrare il campo da un equivoco. L’arte sacra non è un fatto o fenomeno collettivo, ma dipende dalla visione individuale e dalla sensibilità propria dell’artista. Il concetto di sacralità è strettamente legato alla persona e al suo modo di rapportarsi col trascendente. Certamente esistono epoche maggiormente votate alla visione verticale rispetto alla orizzontale. Oggi ad esempio viviamo più immersi nella realtà orizzontale, materialistica. Tuttavia non ne farei un dramma. Semmai è corretto dire che manca una grande produzione in campo di arte sacra”.

E allora?

“Paradossalmente l’ultimo dipinto di spessore che io definisco di natura sacra o di ispirazione religiosa, è una che al contrario viene definita laica o sociale e parlo del IV Stato di Pellizza da Volpedo”.

In che senso possiamo trovarci nella sacralità?

“Pur essendo un’opera che si svolge in orizzontale e non in verticale e ha l’uomo, anzi gli uomini con le loro situazioni difficoltose al centro, il IV Stato scolpisce la sofferenza umana che ha qualcosa di divino, possiamo leggere una religiosità laica, ma pur sempre religiosità è, la difficioltà della condizione umana. In Italia, quasto è sicuro, la produzione di arte sacra nel senso tipico del vocabolo, è ferma dal fascismo”.

Giovanni Gasparro ed annche Bonito Oliva hanno parlato di problemi legati alla committenza…

“Non la penso così. Tutto sommato il tema non è tanto quello, quanto appunto una diluizione del senso del sacro e del trascendente che si sta rivelando maggiormente sensibile nell’ultimo periodo. In un certo qual modo ne risente, è vero, la committenza, ma ritengo che sia mutato a livello individuale il rapporto tra artista e trascendente. Viviamo nella società liquida, priva di punti di riferimento ed uno di quelli che maggiormente hanno risentito è il senso del sacro. Come affermavo prima, in Italia da oltre 120 anni non si assiste ad una produzione sacra degna di tal nome”.

Colpa del secolarismo e della scristianizzazione dell’Occidente?

“Io parto dal presupposto che l’opera di arte sacra è un fatto individuale e non collettivo. Indubbiamente sta accadendo una caduta del valore del trascendente in Occidente, mentre questo non succede nel mondo orientale e penso all’Islam i cui valori tuttavia non sono condivisibili e compatibili con i nostri in chiave di democrazia, libertà e rispetto individuale”.

Forse il senso religioso è più sentito nel mondo ortodosso…

“Loro hanno sicuramente maggior rispetto della tradizione e della dottrina rispetto a noi e questo lo si nota anche nella società e nelle abitudini e stili di vita più attenti alla salvaguardia dei principi cristiani in campo etico e morale. Però, lo ribadisco, non ne farei una tragedia. Ci sono sempre state epoche caratterizzate dalla attenuazione della dimensione verticale ed oggi viviamo una di esse. Forse anche a causa di una Chiesa cattolica che alcune volte ha sposato più i problemi sociali che la difesa della dottrina di sempre”.

In merito alle icone orotosse, le abbiamo mostrato come esempio quelle della nota ed affermata iconografa russo-bizantina Elena Chugunova, celebre per i suoi rinomati ed accurati arcangeli e per un tocco delizioso e raffinato…

“Si tratta di opere che apprezzo e di pregio e mi complimento con questa valente iconografa. Merita stima. In quanto alla icona occorre dire che essa propriamente non è definibile opera d’ arte. L’iconografo non è un artista nel senso occidentale del vocabolo. Le icone sono atti di devozione radicate nella tradizione e nella pietà popolare dei popoli ortodossi. Hanno una certa staticità rispetto alla meccanicità e al dinamismo occidentale e questa è una prospettiva del tutto diversa. Ma nella icona è contenuta una elevata forma di evangelizzazione. In chiave critica non è pensabile fare una comparazione tra il sacro di un Giotto ed una icona, sono due mondi diversi. Quelle della iconografa Chugunova che mi ha mostrato sono tecnicamente apprezzabili e sicuramente ricche di sensibilità interiore. Complimenti”.

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Persona spesso molto ben schierata, ma preghiamo per la sua conversione, ancora lontana!
Tobia