La strage di Bologna e la pista israeliana (secondo Luca Tadolini)
di Matteo Pio Impagnatiello
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I RAPPORTI GEOPOLITICI ITALIANI DEL 1980 (MA ANCHE QUELLI ATTUALI) NON CONSENTIVANO ALL’ITALIA SGARRI RISPETTO ALLA NATO O AD ISRAELE – SPECIE IN UNO SCACCHIERE COME QUELLO MEDITERRANEO
Quarantatré anni fa, il 2 agosto del 1980, un ordigno ad altissimo potenziale, esplose nella sala d’aspetto della stazione ferroviaria di Bologna e causò la morte di 85 persone nonché il ferimento di altre 200.
L’ultima pubblicazione di Luca Tadolini “Bologna: la pista israeliana”, stampata il mese scorso per conto delle Edizioni all’insegna del Veltro (€ 14,00), è incentrata proprio sulla strage di Bologna. L’autore tenta di dipanare l’ingarbugliata matassa inerente al tragico fatto, lanciando l’ipotesi di una pista israeliana, ignorata dai tribunali italiani.
L’analisi di Tadolini si appoggia su un dato certo: la presenza alla stazione di Bologna – il giorno della strage – di Thomas Kram, tedesco esperto di esplosivi del Gruppo Carlos, la più famosa organizzazione internazionale di eversione rivoluzionaria di quegli anni, con appoggi nel Patto di Varsavia e con una alleanza di ferro con i più estremi gruppi palestinesi.
A Bologna risiedeva anche il rappresentate italiano della formazione palestinese FPLP di George Habash. A questa sigla armata pochi mesi prima erano stati sequestrati dei missili antiaerei a Ortona, con l’arresto di esponenti palestinesi al seguito. Un incidente che avrebbe determinato un vulnus del Lodo Moro, l’accordo segreto che consentiva ai palestinesi di transitare e avere depositi di armi in Italia, in cambio all’Italia era garantita l’immunità da attentati.
Queste circostanze sono state studiate, nel corso degli anni, come la “Pista palestinese” (ovviamente presto archiviata dalla magistratura italiana), ritenendo che Bologna avesse subìto una rappresaglia dei feddayin.
Luca Tadolini ha invece trovato tracce della presenza del Mossad. Viene vagliata l’ipotesi di un accordo tra italiani e palestinesi per risolvere la crisi dei missili di Ortona. Si sarebbe consentito al FPLP, con l’intervento niente meno degli uomini di Carlos, di trasportare esplosivo verso un obiettivo israeliano fuori dell’Europa. A questo punto i servizi speciali israeliani sarebbero intervenuti, provocando la detonazione del carico alla stazione di Bologna.
Tadolini espone in tre interventi questo nuovo scenario, che trova importanti punti di appoggio nell’abbattimento, anni prima, dell’aereo italiano Argo 16, con successivo processo (senza esito) a plenipotenziari del Mossad, fino alle dichiarazioni del Presidente della Repubblica Francesco Cossiga e alle recentissime dichiarazioni dell’ultimo imputato per la strage di Bologna.
Non ci si fa illusioni su come verrà accolto lo studio: ormai la formulazione di qualsiasi ipotesi diversa dalla strage neofascista sul 2 agosto 1980 viene accusata di depistaggio”, scrive Tadolini nell’introduzione al suo pamphlet.
Negli ultimi anni sono stati pubblicati libri che hanno proposto ipotesi alternative riguardo agli autori e ai mandanti della strage. Vi si sono aggiunte le voci di importanti personaggi politico-istituzionali di allora: fra tutti, Rino Formica. Quest’ultimo, tuttora vivente, così si espresse: “Altro che strage fascista: è accaduto qualcosa di totalmente nuovo, qualcosa che pone il problema della nostra autonomia internazionale”.
Nel contempo, il libro di Tadolini fa riflettere sulla condizione umiliante in cui versa l’Italia, con un ruolo internazionale subalterno nello scacchiere geopolitico, che permane ancora oggi: è un Paese a sovranità limitata. Non solo il “lodo Moro”, più volte ricordato nelle pagine del libro, ma anche l’ipotizzata pista israeliana – suffragata anche da un Mossad ben radicato nel territorio italiano – confermano lo scorazzare, già da allora lungo tutta la Penisola, di agenti stranieri o al soldo di potenze straniere, capaci di condizionarne la vita politico-istituzionale.
Le basi militari americane sul territorio nazionale ne sono una ulteriore conferma. La strage di Ustica, in cui perirono 81 italiani, anticipa di poco più di un mese quella di Bologna. Su Ustica, in una recente intervista l’ex presidente del Consiglio Giuliano Amato, ha dichiarato: “La tragedia di Ustica era stato un atto di guerra in tempo di pace in un Paese a sovranità nazionale limitata”.
Non è difficile intuire che la verità, in un simile scenario come quello italiano, fa fatica ad emergere e può arrestarsi di fronte a più porte chiuse. Del resto, scrive Tadolini, “i rapporti geopolitici italiani del 1980 (ma anche quelli attuali) non consentivano all’Italia sgarri rispetto alla Nato o ad Israele – specie in uno scacchiere come quello mediterraneo”.
Lo stesso ex esponente socialista, Formica, ricorda che “chiunque comandi in Italia deve ricordarsi di stare al suo posto”. Forse tale monito spiega il perché dei tanti misteri che accompagnano le stragi sul suolo del Belpaese. Certamente, il libro in questione getta ulteriore luce sulle dinamiche che hanno portato alla strage di Bologna.