“La Parabola del seminatore”. Una riflessione
di Giuseppe Lubrino
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UN COMMENTO DI MARCO 4,1-20
Il vangelo secondo Marco è il più antico dei quattro racconti del Nuovo Testamento incentrato sulle vicende riguardanti la vita di Gesù di Nazareth e sul Nuovo Patto (alleanza) che il Dio della Bibbia ha stipulato con il suo popolo e, in Cristo e nella sua opera salvifica (Redenzione), ha esteso all’umanità intera. È stato redatto all’incirca verso il 70 d.C. ed è destinato alla comunità di Roma. Verosimilmente l’autore è Giovanni Marco un collaboratore degli Apostoli Pietro e Paolo. Inoltre, stando ad un’ipotesi accattivante ma non accettata in maniera unanime dalla comunità degli esegeti biblici, il Marco in questione potrebbe essere il ragazzo che fugge nudo durante l’arresto di Gesù nel Getsemani riportato dalla redazione in oggetto (cf. Mc 14,51-52). Il vangelo secondo Marco può essere suddiviso in due blocchi: capitoli 1,1-8,20 (Ministero di Gesù); 8,21-16,18 (Identità di Gesù). L’intera narrazione ruota intorno a tre questioni cruciali:
1) Chi è Gesù di Nazareth? Quale è la sua identità?
2) Come si diventa discepoli di Gesù e ciò quali implicazioni comporta nella vita dei discepoli?
3) Che cosa è il Regno di Dio? Quale è il messaggio della Notizia buona che Gesù ci consegna?
Tali interrogativi soggiacciono all’interno di tutto il testo. Inoltre, Gesù insegna agli uomini del suo tempo e con essi all’umanità di tutti i tempi chi è Dio e che cosa l’uomo è chiamato a compiere per realizzarsi pienamente. Allo stesso tempo, l’insegnamento del Maestro divino disvela anche chi è l’uomo e dischiude il mistero dell’abisso dell’animo umano in quanto tale. Gesù utilizza una pedagogia graduale e velata e elargisce il suo insegnamento adoperando il metodo delle parabole: racconti costruiti attingendo elementi dagli eventi e dalle immagini dal mondo della vita reale.
Le parabole di Gesù provocano negli interlocutori/destinatari della sua azione didattica una reazione che si tramuta poi in una decisione che essi sono esortati a prendere in merito alla loro esistenza. Tale è il caso della parabola del seminatore riportata dalle tre redazioni evangeliche sinottiche (simili) (Mc, Mt, LC). La versione marciana (Cf. Mc 4,1-20) è incastonata all’inizio dall’attività pubblica di Gesù. Il ministero di Gesù consiste nell’insegnare alle folle la verità di Dio e la verità dell’uomo con le parole prevalentemente attraverso il racconto di parabole, nel guarire gli ammalati nel corpo e nello spirito, nel praticare esorcismi e nel compiere, li dove ciò si rende necessario, prodigi sugli elementi della natura (tempesta sedata, moltiplicazione dei pani, resurrezione dei morti) sfidando e superando tutte le leggi della fisica.
Nella parabola in questione Gesù mostra gli effetti e le ricadute che il suo insegnamento può avere nella vita dei discepoli e indica quattro casi possibili: il primo gruppo di ‘ascoltatori’ sono coloro i quali hanno l’occasione di conoscere la verità su Dio e su sé stessi ma la rifiutano totalmente; il secondo gruppo, invece, riceve la Parola (appaiono ben disposti) e mostrano anche un certo zelo ma poi non lasciano che il Signore prenda dimora nella propria interiorità e non appena subentra un ostacolo (magari ricevono un rifiuto) si lasciano tutto alle spalle. Costoro sono degli “incostanti”. Il terzo gruppo di uditori appartiene a coloro che si lasciano totalmente assorbire dalle preoccupazioni della vita al punto tale da far affievolire nel loro cuore la luce e la forza della Parola di Dio. Il quarto ed ultimo gruppo, infine, si riferisce a coloro che non senza una predisposizione umile si lasciano illuminare dalla Parola di Dio, sono da essa penetrarti nel profondo e riescono a produrre frutto ognuno a seconda delle proprie capacità e potenzialità. Secondo San Tommaso d’Aquino, infatti, ogni persona umana è capace di Dio ma lo è nella misura in cui più gli è consona. Tuttavia, l’esistenza terrena diventa una “palestra dello spirito” e in base a come ci si allena e al tempo che si dedica per coltivare la propria relazione di amore e di conoscenza con il Creatore a ciò corrisponderà il grado raggiunto della visione beatifica. In altre parole, più si coltiva la propria dimensione spirituale più si potrà godere della visione di Dio in paradiso. Tale teoria dell’Aquinate appare interessante circa la classificazione di Gesù stesso il quale ci informa che tra coloro che accolgono il suo insegnamento e si lasciano da esso abitare e plasmare i frutti corrispondenti saranno del trenta, del sessanta e del cento. Ciò ci insegna che noi esseri umani, così come le dita di una mano, non siamo tutti uguali eppure siamo accomunati dalla stessa condizione. Ognuno ha le proprie potenzialità e i propri limiti, ognuno ha i suoi tempi e i suoi modi di recepire e rapportarsi alla verità di Dio. Si rende, pertanto, necessario coltivare e promuovere il rispetto per le differenze e allo stesso modo imparare a preservare l’unità.
Gesù è il Figlio di Dio il suo messaggio è che Dio si rende presente nella vita dei discepoli e con il suo insegnamento è offerta a tutti la possibilità di evolversi, crescere e maturare in umanità fino a sentirsi delle persone complete e realizzate pienamente e ciò nonostante la condizione umana appare precaria e instabile. La Parola di Dio aiuta a smuovere le montagne perché suscitando la fede nei vari uditori gli mostra che può essere possibile ciò che normalmente non lo è. Tale è il segreto della fede: un salto nel buio più luminoso del mattino. Gesù amava stare presso il mare… un’immagine pittoresca e straordinaria!
Il Maestro contempla da vicino la meraviglia della sua Creazione e invita ad instaurare con la natura un rapporto riconciliante. La Parola di Dio quando mette radice nel cuore di coloro che l’accolgono li guarisce e li riconcilia con sé stessi, con gli altri e con la creazione. Acquisire tale consapevolezza è di fondamentale importanza per tutti coloro che desiderano progredire sulla via del bene.
Il seminatore (Gesù), il seme (La Parola), i vari terreni (le persone), il diavolo (il male) è lo scenario che caratterizza la vita dei discepoli. Essi devono lottare per perseverare nel bene e vincere il male. Lasciarsi modellare e plasmare dalla Parola significa intraprendere l’esodo del proprio ‘io’, svuotarsi, operare una kenosis (spogliazione) del proprio sé per lasciarsi rivestire dalla sapienza di Dio e intraprendere un vero e proprio viaggio di educazione e formazione (paideia) per portare avanti così il proprio processo di piena umanizzazione. La fede cristiana recepita e vissuta in maniera autentica umanizza i fedeli e li rende capaci di amore senza misura.