Auto elettrica? Siete proprio sicuri?
di Andrea Sarra
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È VERAMENTE LUNGO L’ELENCO DEI PROBLEMI, SOTTOVALUTATI ED OCCULTATI, CAUSATO DALLE AUTO ELETTRICHE
Come scriveva ieri Bartolomeo Di Santo su Informazione Cattolica (LEGGI QUI), è veramente lungo l’elenco dei problemi, sottovalutati ed occultati, causato dalle auto elettriche.
Il motore elettrico ha un rendimento mediamente triplo rispetto al motore a combustione interna, è sicuramente piacevole da guidare, con prestazioni in accelerazione e ripresa superiori: la coppia motrice, per caratteristiche proprie del motore elettrico, è immediatamente disponibile. Inoltre le vetture elettriche vengono proposte con potenze ben superiori alle auto a combustione interna. Una prima controindicazione è la velocità massima, in genere autolimitata o comunque consigliata per non esaurire l’autonomia prima del tempo.
Ma esistono innumerevoli altri svantaggi che riguardano tutti gli utenti e che nessuno evidenzia ai potenziali acquirenti.
Ad esempio, si parte dall’autonomia: in media 200/300 km. Ci sono alcuni modelli con autonomia intorno ai 500 km, ma in questo caso i prezzi non sono certamente alla portata di tutti. L’autonomia non è influenzata solamente dallo stile di guida, ma anche dalla temperatura esterna, a prescindere dall’uso del condizionatore e di altri accessori di bordo: le batterie funzionano infatti secondo reazioni chimiche ben precise influenzate dalla temperatura.
Il prezzo di una vettura elettrica è ben superiore all’equivalente modello a combustione interna, mentre le auto ibride, cioè quelle che dispongono di un motore classico e di un motore elettrico, sono più accessibili rispetto a quelle completamente elettriche. Mediamente, tuttavia, il loro prezzo è superiore ad analogo modello con alimentazione classica. Tuttavia, le auto ibride sono solamente un palliativo adottato dalle case automobilistiche per affrontare questo periodo di transizione fino al 2035, dopodiché non potranno essere comunque vendute.
Ci sono poi i tempi e i costi di ricarica: da una mezz’ora sino ad oltre 40 ore, a seconda della presa utilizzata e della capacità di accumulo della batteria. Il tempo di ricarica si ottiene dividendo la capacità della batteria (Kwh) per la potenza di ricarica (Kw) ad esempio 2,2 (presa domestica), 22, 50, 150 kw o oltre, con i relativi costi che aumentano all’aumentare della potenza (sulle riviste specializzate da un paio di anni, oltre alle vetture classiche, vengono provate anche le vetture elettriche, cosicché si possono verificare tutte le dettagliate informazioni e valutare se sono proponibili e compatibili tali tempi di ricarica effettiva con le necessità di tutti i giorni).
Sorge una prima domanda: ma se si ricarica la vettura in casa, per tutta la durata di ricarica della batteria non si potranno utilizzare gli elettrodomestici? Nel caso in cui il sistema di ricarica utilizzasse automaticamente meno potenza, al fine di permettere l’uso anche degli elettrodomestici (fino al raggiungimento massimo della potenza contrattuale cioè i famosi 3 kw) dovremo aspettare ancor di più per la ricarica oppure dovremo passare ad altro tipo di contratto con maggiori oneri?
Una seconda domanda: nelle stazioni di servizio dotate di più colonnine, la potenza di ricarica è la medesima per tutte le colonnine contemporaneamente, ad esempio 150 kw, oppure all’aumentare delle vetture in ricarica la potenza diminuisce e quindi il tempo si allunga?
Vi è poi l’aspetto infrastrutturale: chi produrrà l’energia necessaria per far fronte alla maggiore richiesta?
Si parla di decuplicare la produzione di energia. Gli elettrodotti attuali sono adatti per questo maggiore richiesta di elettricità? Quale investimento sarà necessario per ridimensionarli?
Quanti decenni saranno necessari per l’adeguamento e il reperimento delle risorse necessarie?
In molti ricorderanno che nell’immediato dopo guerra non in tutte le case c’era l’energia elettrica e che, sul finire degli anni ’50, nella maggior parte delle case l’impianto elettrico era costituito dalle ”piattine” inchiodate a vista sul muro con una lampadina pendente dal solaio, ed era sufficiente l’accensione di più lampadine per far saltare l’interruttore. Sono stati necessari oltre 60 anni e l’impegno di enormi risorse economiche per avere una rete infrastrutturale come oggi: il tempo per il futuro adeguamento sarà di altri 60 anni? (nel frattempo le risorse prime per la realizzazione delle batterie saranno esaurite!)
Dove saranno posizionate le nuove stazioni di rifornimento nelle città? Esse necessiteranno di spazi maggiori considerato che dovranno essere ripensate in considerazione degli aumentati tempi di ricarica.
I distributori, necessitando di maggiori spazi, spariranno dalle città per essere realizzati nelle periferie? Così bisognerà affrontare anche un piccolo viaggio per rifornire ?
Sulle autostrade resteranno ancora stazioni di rifornimento, visto che il gestore della stazione sulla ricarica elettrica percepisce utili irrisori o nulli? Oppure il costo dell’energia sulle autostrade aumenterà ulteriormente, per garantire l’utile, oltre che al gestore dell’autostrada, anche al gestore della stazione di servizio come succede per benzina e gasolio?
Tutti i proprietari di auto elettriche sono anche possessori di garage dove ricoverare e ricaricare la vettura di notte? Chi non ha un garage, stenderà un cavo per centinaia di metri (magari dal 6° o 7° piano di casa) fin dove ha parcheggiato l’auto? Immaginate città come Roma, Milano, Napoli con centinaia di cavi che di notte dalle varie abitazioni arriveranno alle auto per ricaricarle?
I parcheggi ospitati sotto molti edifici, in molte città italiane saranno destinati a scomparire: quale condomino darà l’autorizzazione a far parcheggiare auto elettriche nei garage sottostanti con la consapevolezza di avere una bomba ad orologeria sotto casa? A Treviso, il 14 giugno 2023, una Renault Zoe parcheggiata (neppure in carica) nel garage di una villetta è esplosa danneggiando non solo l’abitazione in cui era parcheggiata ma anche quella vicina; è scoppiato un incendio con la centralina Enel di zona in tilt, risultato: l’intero quartiere senza energia elettrica.
A New York, nel quartiere di Manhattan, il 20 giugno è andata distrutta un’officina di riparazione di biciclette a pedalata assistita e monopattini, causa incendio partito dalle batterie al litio: 4 morti, 5 feriti e danneggiamento oltre che nell’officina anche al sovrastante locale.
E questo è solo uno dei circa 100 incendi verificatesi nella sola New York dall’inizio del 2023 a giugno 2023 per l’identico motivo.
Nel caso in cui qualche maggioranza condominiale temeraria fosse favorevole all’istallazione di colonnine, sarà necessario ridimensionare il numero delle auto nelle rimesse esistenti per il rispetto delle norme antincendio (resterà comunque il rischio d’incendio ed esplosione): chi rinuncerà al proprio posto nelle autorimesse condominiali, magari con posto di proprietà?
Ma gli inconvenienti non finiscono qui.
In caso di sostituzione del pacco batterie, chi sarà in condizioni di sostenerne l’onere economico (in vari modelli sono necessarie cifre superiori ai 10.000€)? E lo smaltimento delle batterie esauste che fine faranno? Sono riciclabili tutti i materiali utilizzati per la loro costruzione?
In caso di incendio, se non si dispone della quantità di acqua necessaria (secondo stime dei pompieri americani almeno 9000 litri di acqua), cosa si fa? Si lascia bruciare l’auto con il rischio di emissioni gassose altamente tossiche?
Sono consapevoli tutti gli automobilisti che in caso di incidente, per non rischiare la folgorazione, le batterie di alcuni modelli oggi in commercio si disattivano in maniera permanente per motivi di sicurezza, richiedendo la loro sostituzione?
Vi è poi l’aspetto della politica energetica nazionale, la maggior parte dell’energia elettrica utilizzata in Italia viene prodotta all’estero e prevalentemente dalla Francia (tra l’altro con centrali nucleari bandite dall’Italia), ed in minima parte da paesi dell’ex Jugoslavia, la restante (parte molto meno del 50%) viene prodotta in Italia. Cosicché, anziché avere più fornitori di prodotti petroliferi come oggi (nonostante i problemi legati alle sanzioni imposte alla Russia), ci legheremmo ad un minor numero di paesi fornitori con maggiori rischi e con la prospettiva che i produttori di elettricità potranno aumentare il costo dell’energia a piacimento avendone il monopolio. E i produttori di elettricità saranno in grado di far fronte alla maggiore richiesta di energia interna ed esterna?
Oltre all’energia nucleare in molti paesi vengono utilizzate anche centrali a combustibili fossili: la Germania in particolare, recentemente ha dismesso l’ultima centrale nucleare per ritornare al carbone. Ma queste scelte non sono una contraddizione con quanto ci si prefigge di ottenere?
Inoltre, attinenti alla politica energetica nazionale, ci sono altri aspetti da considerare.
Per le attuali batterie sono necessari elementi quali il litio, il cobalto ed altri elementi appartenenti alle cosiddette terre rare.
Attualmente il Congo produce all’incirca il 50% del cobalto utilizzato nel mondo. Il problema però consiste nel fatto che il Congo, come pure altri paesi africani ricchi di materie prime necessarie alla produzione di batterie, sono ormai legati indissolubilmente da anni alla Cina che produce il 90% di tutte le batterie oggi in vendita nel mondo. Ci legheremo in tal modo solamente alla Cina? La crisi energetica attuale non ha insegnato niente?
Certo si può obiettare che alcune case automobilistiche tedesche, come pure Stellantis (ex Fiat ex italiana), stanno realizzando stabilimenti per la produzione di batterie sganciandosi così dalla Cina ma, per alcuni materiali, bisognerà continuare a sottostare al giogo cinese. Non è un caso che recentemente la Cina stia allacciando rapporti con gli afgani per sfruttare anche le loro risorse.
Siamo tutti certi della innocuità delle batterie a riguardo della salute? Qualcuno si è preoccupato di verificare la tossicità se non addirittura la radioattività di alcuni materiali utilizzati nelle batterie?
Vi è poi l’aspetto etico. I paesi europei, sulla spinta di multinazionali d’oltre oceano sono divenuti i paladini dei diritti di ogni tipo: degli animali, dell’ambiente, dei diritti Lgbt, del diritto di abortire, del diritto di decidere la morte degli altri con l’eutanasìa, del diritto di selezionare ed avere figli, e molti altri diritti ancora. Ci si chiede: perché i bambini (a partire dai 6/7 anni) vengono sfruttati nelle miniere di cobalto in Africa per un tozzo di pane (in senso letterale) al giorno, nell’indifferenza dei paesi paladini dei diritti? Questi bambini non hanno il diritto di vivere in maniera dignitosa la propria fanciullezza? Non sono come gli altri bambini di tutto il mondo?
Qualora dovesse esserci una richiesta a: Carabinieri, Polizia, ai vigili del Fuoco, o al 118 con i rispettivi mezzi in ricarica, i soccorsi arriveranno dopo ore di attesa? Si aspetterà che un edificio vada completamente distrutto? Che un malato muoia? Che i delinquenti facciano il loro comodo?
Come non dimenticare il black out generale verificatosi in Italia nel 2003, con gran parte dell’Italia al buio per un paio di giorni? Si fermeranno i trasporti e le attività produttive?
Le forze dell’ordine, i vigili del fuoco, le ambulanze cosa faranno? Non si potrà soccorrere più nessuno? I classici generatori di emergenza per la produzione di elettricità non si potranno più vendere perché con motore a combustione interna: dovremo pregare allora che non si verifichino incendi? Che non ci siano malori improvvisi? Che non ci sia necessità dell’intervento delle forze dell’ordine? Andremo tutti in bici?
In Italia esistono molti paesi con sottopassi per superare ferrovie, strade principali, o tratti di città che ad ogni precipitazione più importante vengono inondati, con le auto che rimangono intrappolate o sommerse dall’acqua. In genere gli occupanti riescono ad aprire le portiere e riescono a trarsi in salvo. Però, se il livello dell’acqua è notevole e le portiere non possono aprirsi, non è neppure possibile uscire dai finestrini perché la prima cosa che va in corto circuito sono gli alzacristalli elettrici con il rischio di annegamento. Ci si chiede: se analoga cosa succedesse con l’auto elettrica cosa succederà? Si resterà folgorati?
In caso di alluvione, come accaduto in Emilia Romagna, che cosa succederà? Bisogna mettere le auto in quarantena a distanza l’una dall’altra di alcuni metri, come ha stabilito il Comune di Ravenna su richiesta dei Vigili del Fuoco, per il rischio di incendio in quanto le batterie danneggiate avrebbero dovuto essere bonificate?
Da considerare poi, il problema principale delle auto elettriche. Queste dovrebbero sostituire le tradizionali con motore termico a causa dell’inquinamento e le emissioni di Co2. Peccato che non sia così. Ed infatti, la commissione europea [la stessa che ha decretato la fine del motore termico entro il 2035 e che aveva stabilito l’astrusa formula: Co2= 95+0,0333x (M-1.379,88) dove 1.379,88 è la massa media delle vetture immatricolate in Europa e M= massa della vettura in considerazione] formula da utilizzare per l’omologazione delle nuove vetture, ha anche stabilito che il metodo di calcolo delle emissioni dovrà considerare l’intero ciclo di produzione delle auto e non solamente le emissioni durante l’utilizzo. Peccato che, se si considera l’intero ciclo di produzione della vettura, dall’estrazione delle materie prime e della loro lavorazione, compresa anche la produzione di energia elettrica, si scopre che l’auto elettrica produce più Co2 di un’auto tradizionale.
Foto di Marilyn Murphy da Pixabay
Black-out e pericolo di folgorazione dentro o toccando l’auto: 2 problemi senza soluzione, fino adesso.
Quindi, niente elettrico.