Ricordando l’assedio dell’Alcàzar di Toledo

Ricordando l’assedio dell’Alcàzar di Toledo

di Matteo Castagna

IL 21 LUGLIO 1936, A QUATTRO GIORNI DALLO SCOPPIO DELLA GUERRA CIVILE, INIZIÒ L’ASSEDIO DELL’ALCAZAR, CITTÀ SOTTO IL COMANDO DEL CORAGGIOSO JOSÉ MOSCARDÓ ITUARTE

L’uomo della modernità ha perso la Fede e non riconosce più la figura dell’eroe. Mentre nel mondo classico quest’ultima nutriva grande rispetto, se non venerazione, per la sua audacia nel compiere il bene, guidata da una sua fede nella benevolenza degli dèi, in epoca cristiana trovò nei Santi, martiri per la Fede in Gesù Cristo, il suo modello d’eroe da imitare. L’eroe della tradizione combatteva per il prossimo senza un secondo fine. Era il popolo che gli attribuiva la gloria conforme all’azione compiuta. Il cristiano rifuggiva la gloria che gli aumentava l’orgoglio, accrescendo, così, con l’umiltà, il suo spirito eroico.

Come ha detto il fisico Sheldon Cooper: “Il vero eroe non cerca l’adulazione, combatte per la verità e la giustizia solo perché quella è la sua natura”. Oggi gli ideali seguiti dagli “eroi” contemporanei sono tremendamente distorti rispetto all’antichità: tutto si fa, spesso, per fini economici ed encomiastici; eppure, anche se ci sono soggetti come loro, ciò non vuol dire che non si possa scorgere traccia di eroicità in coloro che combattono per una giusta causa.

E’ il caso dello spagnolo José Moscardó Ituarte. Egli nacque a Madrid il 26 Ottobre del 1878, nel periodo del declino dell’Impero di Madrid. Venne descritto come uomo molto religioso e risoluto. Le truppe al suo comando, ad ogni pausa delle battaglie, si raccoglievano in preghiera, si confessavano e assistevano alla Santa Messa celebrata da uno dei diversi cappellani militari.

Il 21 Luglio 1936, a quattro giorni dallo scoppio della Guerra Civile, iniziò l’assedio dell’Alcazar (dall’arabo al-qasr, fortezza) di Toledo, città sotto il comando di Ituarte, che disponeva di un migliaio di soldati e di qualche centinaio di civili per difendere il suo territorio. Il 23 Luglio, le forze armate Repubblicane riuscirono a catturare il figlio di Ituarte, Luis Moscardò, minacciando di fucilarlo, se Josè non si fosse arreso.

Così, egli disse al figlio: “raccomanda la tua anima a Dio, grida “¡Viva España!” e muori con onore”. Luis, con grande compostezza e lo sguardo fiero, si fece fucilare da eroe. La battaglia continuava, i bombardamenti pure, le morti si intensificavano ma all’Alcazar si resisteva. Le truppe repubblicane non riuscivano a sfondare, nonostante i loro ottomila uomini.

L’assedio dell’Alcazar di Toledo fu uno dei momenti più unici della guerra civile spagnola. Durante la rivolta dei generali in diverse città, vi furono rastrellamenti da parte dei comunisti e dei repubblicani che colpirono i monarchici, falangisti, militari, clero, e guardia civil, comprese le famiglie. A Toledo il colonnello Moscardò concentrò la guardia civil, i cadetti e un certo numero di falangisti, con oltre 500 civili, nella vecchia fortezza dell’Alcazar e, spinto da una fede eroica riuscì a resistere fino allo stremo delle forze. Il 22 agosto un SM-81 dell’Aviazione legionaria (ossia italiano) sorvolò l’Alcazar e lanciò degli involti contenenti viveri e volantini con scritto: “L’esercito saluta i prodi difensori dell’Alcazar. Stiamo marciando in vostro aiuto. Le nostre colonne avanzano rompendo ogni resistenza. Viva gli eroici difensori delll’Alcazar! Arrìba España ! Il comandante dell’Armata Africa, generale Francisco Franco”.

Franco, infatti, a capo dell’esercito nazionalista, deviò verso Toledo, mise in fuga i repubblicani e interruppe l’assedio, ricongiungendosi con le truppe di Moscardò. Vittoria!

Salutati i difensori, Franco si rivolse ai giornalisti presenti. «Adesso la guerra è vinta» dichiarò. «La liberazione dell’Alcázar è stata la vittoria più importante della mia vita». Tre giorni dopo, Franco veniva nominato capo del governo e capo dello Stato spagnolo, nonché generalissimo delle forze armate di terra, di mare e dell’aria. Il mito del «Caudillo» sorgeva fra le rovine della ormai celebre fortezza, che all’insaputa degli indomiti belligeranti legittimisti e controrivoluzionari spagnoli, veniva raccontata, giorno dopo giorno, come un’eroica impresa, ai limiti del romanzo epico, dai mezzi di informazione.

 

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