Perché per molti è così difficile accogliere il perdono di Dio?

Perché per molti è così difficile accogliere il perdono di Dio?

di Giuliva di Berardino

IL VANGELO DEL GIORNO COMMENTATO DA UNA TEOLOGA LITURGISTA

Gv 21, 20-25

In quel tempo, Pietro si voltò e vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, colui che nella cena si era chinato sul suo petto e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, come lo vide, disse a Gesù: «Signore, che cosa sarà di lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, a te che importa?». Questi è il discepolo che testimonia queste cose e le ha scritte, e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.

Il vangelo di oggi comincia subito dopo quello che abbiamo ascoltato ieri, perciò dopo il dialogo tra Pietro e il Risorto. Ieri si è giunti a comprendere due verità: innanzi tutto che il Signore ci chiama a un amore sempre più profondo, infatti c’è una variazione nel testo proprio del verbo amare che Giovanni utilizza: prima il verbo fileo, amore di amicizia, e poi agapao, amore di carità, di donazione, potremmo dire. La seconda verità che abbiamo imparato ieri dal vangelo era che amare il Signore non significa fare tante cose, ma lasciarsi amare, lasciarsi portare da Lui, anche lì dove noi non vorremmo mai andare, perché amare è, di fatto, un continuo esercizio alla docilità e all’accoglienza che ci fa riscoprire la bellezza dell’altro e di Dio in modo sempre nuovo. Oggi il Vangelo ci annuncia ancora un’altra verità.

Nel testo è ancora Pietro che, sorpreso dal fatto che proprio lui avesse ricevuto da Gesù risorto l’incarico di doversi prendere cura del suo gregge, del suo popolo, nonostante il suo rinnegamento, chiede al Maestro di rivelargli la sorte di quel discepolo che invece gli era stato sempre fedele, quello che, a differenza di lui, ha saputo essere forte nel dolore per stargli vicino, accompagnando sua madre, Maria, ai piedi della croce e restando con lei. Comprendiamo che quella di Pietro non è una semplice curiosità, ma un grande senso di indegnità nei confronti del discepolo fedele. E’ come se Pietro ancora non ce la faccia ad accogliere la gratuità del dono che ha appena ricevuto. Non per mancanza di fiducia in Dio, ma per mancanza di fiducia in se stesso.

Impariamo allora che, in verità, non è facile accogliere il perdono di Dio gratuitamente, e spesso anche noi, come Pietro, ci lasciamo prendere dalla tentazione del confronto con gli altri che spesso pensiamo migliori di noi. Osserviamo allora la risposta di Gesù, che fa notare subito come l’altro discepolo, quello fedele, ha una storia, ma lui, Pietro, ne ha un’altra. Entrambe sono utili al progetto di Dio, entrambi sono uomini chiamati a seguirlo, ma ognuno in modo personale ed unico. Certo, la storia del discepolato di Pietro resta segnata dalla ferita del tradimento, da questa spaccatura profonda e dolorosa della relazione con Gesù, ma Pietro, come il discepolo amato, e come tutti noi, dovrà accogliere una nuova chiamata per lasciarsi trasfigurare dalla luce della Risurrezione. Pietro aveva già avuto da Gesù stesso la chiamata a seguirlo molto prima di questo momento, prima della risurrezione, ma ora dovrà ancora una volta riascoltare dal Risorto l’invito che ha ricevuto diversi anni prima: “seguimi!”.

Alla luce della Pasqua, quindi, tutti noi, come Pietro e il discepolo amato, siamo chiamati a seguire Gesù in modo nuovo, in modo diverso da quello che noi pensiamo, perché per noi vale il criterio del merito, ma per Dio non è così! Dio si fa conoscere e amare alla luce della Risurrezione nella comunione, nel perdono, nella misericordia, nella disponibilità a ricevere amore oltre i nostri meriti. Questo ci apre al cambiamento e ci rende testimoni dell’amore che fa risorgere la vita da ogni morte. Se perdiamo di vista che il Signore eccede nell’amore, che ci rende partecipi della Sua vivacità e della Sua danza, facilmente cadiamo nell’errore dei discepoli che hanno completamente travisato le parole del Maestro e non testimoniamo la fede, perché non abbiamo accolto la luce della Risurrezione.

Accogliamo oggi la luce della Pasqua, mettiamoci in ascolto dello Spirito Santo e lasciamoci plasmare dallo Spirito Santo, perché è proprio lo Spirito Santo l’Artista che crea bellezza, il Danzatore, il Vento di Dio che ci rende disponibili alla novità perché, ciascuno nella sua originalità, possiamo essere testimoni della vita nuova per chi ci sta accanto. Buona giornata!

 

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