Il porno è come la droga

Il porno è come la droga

di Diego Torre

IL FESTIVAL DEGLI STUPRI CONTINUA IMPERTERRITO

Il festival degli stupri continua imperterrito. E’ un’ondata che non si placa. Non c’è repressione penale che tenga! Concorrono ad esso italiani e stranieri, profanando bestialmente le donne. Ma quanti tentano di capire le “comprensibili” istanze del povero stupratore? Proviamo ad analizzarle.

Non si giunge a compiere simili atti improvvisamente. C’è un retroterra di desideri repressi che improvvisamente (per chi guarda da fuori) esplodono. Ma come è stato possibile che essi giungessero ad un intensità tale da aggredire una preda dell’altro sesso? Che consumo vi è dietro di immagini pornografiche e di fantasie insane, e quanta pratica della masturbazione protratta nel tempo?

Quanto hanno inciso nella “formazione” degli stupratori i programmi spazzatura dei media e la loro pubblicità ammiccante? Ed il continuo dileggio che la “cultura” ufficiale continua lanciare contro il pudore, l’onestà, la fedeltà coniugale? E le legislazioni permissive? E la moda indecente che presuppone ipocritamente il perfetto controllo dei propri impulsi da parte del maschio (chiamarlo uomo sarebbe un titolo eccessivo)?

La verità è che il porno è come la droga. Più ne consumano e più aumentano la dose, cercando una qualità che dia sensazioni più “forti”. La dipendenza erotica diventa sempre più forte, insopprimibile; ad un certo momento sembra invincibile. Ovviamente essa è l’apice di una visione della vita basata sul piacere materiale (sessuale in particolare), sull’edonismo ormai trionfante, che comporta l’assenza di ogni sano riferimento spirituale e trascendente.

Quanto spazio rimane per un autentico amore (dell’altro), di cui il rapporto sessuale diventa veicolo e manifestazione, con le naturali implicanze di rispetto e delicatezza? Maschi così “trattati” che concezione possono avere della donna se non quella di un giocattolo di cui disporre liberamente e sadicamente?

L’altro è sempre più un oggetto senza volto; non è più persona umana. La pornografia riproduce la violenza contro le donne, ne sfrutta il corpo dietro compenso ed incoraggia l’emulazione delle prodezze mostrate, ma è raro sentire proteste femministe.

L’orrore suscitato infatti si orienta sempre sull’effetto finale di tale processo, violento e contrario alla volontà della vittima. Il retroterra che abbiamo appena sommariamente descritto nasce invece proprio dalla “libertà” insulsa dell’uomo postmoderno; è un suo “diritto”, sinonimo di emancipazione e progresso. Eppure il rapporto causa-effetto è evidente. Ci si scandalizza per il secondo ma nessuno ha il coraggio di denunziare la pericolosità del primo.

Oggi tutto ciò è su internet, a disposizione dei bambini. Sfruttandone la curiosità li si induce ad una ipersessualizzazione precoce e maniacale, rovinandone l’infanzia e preparando così i mostri di domani. E inorridiamo solo a porci una domanda: quanto la pornografia prepara gli orrori della pedofilia e le violenze ai minori?

Non sarebbe forse ora (anzi siamo in colpevole ritardo) di combattere il fenomeno alle sue radici?

Nel Regno Unito e in Australia sono in discussione disegni di legge che obbligherebbero i siti pornografici a verificare l’età dei clienti.

Va meglio ancora negli Stati Uniti, dove 16 stati hanno dichiarato la pornografia una crisi di salute pubblica e stanno elaborando legislazioni in tal senso. Qualcosa si muove anche in Francia; dal 2020 l’autorità di regolamentazione per la comunicazione audiovisiva e digitale, vigila, consiglia e raccoglie denunce degli utenti.

È già qualcosa. Ma si tratta pur sempre di misure volte alla tutela dei minori. Degli adulti chi si farà carico? Qualcuno obietterà che l’adulto è libero e maturo, ma non sarà tanto vero se poi va in giro a stuprare. Ed in qualunque caso quella sottocultura morbosa e materialista, diffusa a piene mani dal secolarismo imperante, che prepara gli sturpi (e non solo quelli) chi avrà il coraggio di contestarla e combatterla? Chi avrà parresia e profezia per ricordare all’uomo il destino altissimo a cui Dio lo ha chiamato?

Ritorna veritiero e solenne l’ammonimento di Isaia (56,10) a tutti coloro che hanno responsabilità educative, politiche e religiose: “I suoi guardiani sono tutti ciechi, non capiscono nulla. Sono tutti cani muti,incapaci di abbaiare;sonnecchiano accovacciati,amano appisolarsi. Ma questi cani avidi,che non sanno saziarsi, sono i pastori che non capiscono nulla”.

 

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