Perché Dio permette le malattie e le sofferenze?

Perché Dio permette le malattie e le sofferenze?

a cura della Redazione 

SE GESÙ È MORTO PER NOI E CI HA LIBERATO DAL PECCATO, PERCHÈ CI SONO ANCORA NEL MONDO TANTE MALATTIE, TANTI DOLORI E TANTE SOFFERENZE?

Le sofferenze e le malattie, vissute in Cristo Gesù, hanno un valore salvifico di redenzione.  «Guardando Gesù nella sua passione – ha detto papa Francesco -, noi vediamo come in uno specchio anche le sofferenze di tutta l’umanità e troviamo la risposta divina al mistero del male, del dolore, della morte. Tante volte avvertiamo orrore per il male e il dolore che ci circonda e ci chiediamo: ‘Perché Dio lo permette?’. È una profonda ferita per noi vedere la sofferenza e la morte, specialmente quella degli innocenti! Quando vediamo soffrire i bambini, è una ferita nel cuore. È il mistero del male. E Gesù prende tutto questo male, tutta questa sofferenza su di sé. Ci farà bene a tutti noi guardare il Crocifisso, baciare le piaghe di Gesù, baciarle nel Crocifisso. Lui ha preso su di sé tutta la sofferenza umana».

Ed ha aggiunto che l’uomo si aspetta che Dio «sconfigga l’ingiustizia, il male, il peccato e la sofferenza con una vittoria divina trionfante. Dio ci mostra invece una vittoria umile che umanamente sembra un fallimento. E possiamo dire: Dio vince proprio nel fallimento. Il Figlio di Dio, infatti, appare sulla croce come uomo sconfitto: patisce, è tradito, è vilipeso e infine muore. Gesù permette che il male si accanisca su di Lui e lo prende su di sé per vincerlo. La sua passione non è un incidente; la sua morte – quella morte – era “scritta”».

«Davvero – ha proseguito il Pontefice argentino -, non abbiamo tante spiegazioni: è un mistero sconcertante, il mistero della grande umiltà di Dio: “Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito”. Pensiamo tanto al dolore di Gesù e diciamo a noi stessi: “E questo è per me. Anche se io fossi stata l’unica persona nel mondo, Lui l’avrebbe fatto. L’ha fatto per me”. E baciamo il Crocifisso e diciamo: “Per me. Grazie Gesù. Per me”».

San Giovanni Paolo II diceva che Dio permette la sofferenza perché questa è capace di sprigionare amore: amore in chi si dedica e amore in chi offre le proprie sofferenze e le unisce a quelle di Cristo per la vita e la redenzione del mondo.

Dio permette le malattie e le sofferenze all’interno di quella logica che Cristo ha esposto nell’ultima cena: “Io sono la vera vite e il Padre mio è il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto” (Gv 15,1-2).

È il capovolgimento dei valori mondani secondo i quali la malattia e la sofferenza sarebbero tempo sprecato, perché non si può essere utili né a se stessi né agli altri e anche perché tempo sottratto ‘al divertimento’.

Il cristiano, invece, sa che la prova aiuta a far rientrare in se stessi, ad essere più maturi, a far comprendere quello che veramente conta. E ciò che veramente conta è nascosto nell’anima e costituisce davanti a Dio la vera grandezza dell’uomo. Inoltre non bisogna dimenticare che il Figlio di Dio ha vinto la morte.

«La risurrezione di Gesù – ha detto papa Francesco – non è il finale lieto di una bella favola, non è l’happy end di un film, ma è l’intervento di Dio Padre là dove s’infrange la speranza umana. Nel momento in cui tutto sembra perduto, nel momento del dolore e in cui tante persone sentono come il bisogno di scendere dalla croce, è il momento più vicino alla risurrezione. La notte diventa più oscura proprio prima che incomincia la mattina, prima che incomincia la luce. Nel momento più oscuro interviene Dio. Resuscita. Gesù, che ha scelto di passare per questa via, ci chiama a seguirlo nel suo stesso cammino di umiliazione. Quando in certi momenti della vita non troviamo alcuna via di uscita alle nostre difficoltà, quando sprofondiamo nel buio più fitto, è il momento della nostra umiliazione e spogliazione totale, l’ora in cui sperimentiamo che siamo fragili e peccatori. È proprio allora, in quel momento, che non dobbiamo mascherare il nostro fallimento, ma aprirci fiduciosi alla speranza in Dio, come ha fatto Gesù».

Alla domanda perché il male nel mondo San Pio da Pietrelcina rispondeva: “c’è una mamma che sta ricamando. Il suo figliuolo, seduto su uno sgabello basso, vede il lavoro di lei; ma alla rovescia. Vede i nodi del ricamo, i fili confusi… E dice: “Mamma si può sapere che fai? È così poco chiaro il tuo lavoro?”! Allora la mamma abbassa il telaio, e mostra la parte buona del lavoro. Ogni colore è al suo posto e la varietà dei fili si compone nell’armonia del disegno. Ecco, noi vediamo il rovescio del ricamo. Siamo seduti sullo sgabello basso”.

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