Le Facoltà teologiche e i danni del personalismo di Mounier e Maritain

Le Facoltà teologiche e i danni del personalismo di Mounier e Maritain

di Daniele Trabucco

PERSONALISMO E TEOLOGIA CATTOLICA: UN BINOMIO INCONCILIABILE

Il personalismo di Emmanuele Mounier (1905-1950) e di Jacques Maritain (1882-1973) (ma anche de Lubac, Guardini etc.) continua a fare danni all’interno delle Facoltà teologiche e gli Istituti di Scienze religiose ed è “attraente” oggi per i cattolici adulti.

In realtà, siamo in presenza di una corrente di pensiero filosofica (sarebbe più corretto parlare di “personalismi”) che, accogliendo una concezione di verità “storicistica e relazionale”, ossia modernista, fa della persona, della sua coscienza, del suo sentimento e della sua esistenza “l’elemento fondante la sintesi della verità” (Fontana) che risulta, in questo modo, sempre nuova perché processuale, dialettica.

Chenu (1895-1990), de Lubac (un altro gesuita, 1896-1991) e poi Maritain, nell’ambito della c.d. “Nouvelle theologie”, già negli anni ’30 e ’40 del secolo scorso hanno “iniettato” nella teologia cattolica questa prospettiva, pervenendo a dialettizzare il dogma e ad anticipare quel “dialogo con il mondo” e quelle “parole nuove” su cui insisterà il Concilio Ecumenico Vaticano II (1962-1965).

Il cambio di prospettiva, come si puó vedere, è dirompente: la sintesi della rivelazione è innanzitutto la persona nella sua coscienza mondana. Essa, è dunque, il “luogo” dell'”umanesimo integrale” per riprendere il titolo della nota opera di Maritain del 1936. Ora, il tentativo del personalismo, ed in particolare del gesuita Karl Rahner (1904-1984), di inserire il realismo metafisico di Tommaso d’Aquino (1225-1274) all’interno della “svolta antropologica” è totalmente fallimentare e giustamente il Padre Cornelio Fabro (1911-1995) ha parlato, a riguardo, di “depravazione ermeneutica del tomismo” in una celebre opera del 1974 dedicata proprio al pensiero rahneriano.

Infatti, lo spirito umano conosce dapprima l’essere oggettivo che gli sta di fronte, altrimenti l’uomo non potrebbe conoscersi come ente reale e finito, quindi l’atto della conoscenza, poi la facoltá conoscitiva e, solo alla fine, il soggetto stesso in quanto soggetto. Se, quindi, per il personalismo, la coscienza è l’ambito ove avviene l’autocomunicazione di Dio, essa, proprio perchè storica e mutevole, diluisce la natura dell’uomo nella storia, finendo così per eliminare la persona stessa la quale, non riconoscendo più l’essere ed il suo ordine, si affida alla scienza ed alla tecnica con l’illusione di arrestare il divenire.

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La Verità decisa personalmente,
È decisamente comoda.
Finché la va…..