Dimmi cosa pensi, e ti metterò in galera…
di Anna Porchetti
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PREGARE È UN CRIMINE?
E’ possibile che pregare sia un crimine? Non ancora, ma per poco. Per lo meno in Inghilterra. All’inizio di febbraio, sono cadute le accuse contro Isabel Vaughan-Spruce. Forse ricorderete. Si tratta di quella donna cattolica e attivista pro-life, arrestata lo scorso dicembre davanti a una clinica che pratica aborti. A Birmingham.
Quale atto criminale stava svolgendo, la bionda e minuta Isabel? Aggrediva medici o sanitari, dipendenti della clinica? Impediva loro di portare a termine le interruzioni di gravidanza? Minacciava o aggrediva le donne che andavano ad abortire? Nulla di tutto questo. Peggio, molto peggio. Isabel è stata arrestata perché pregava. E nemmeno a voce alta. Isabel pregava silenziosamente nella sua testa.
Quindi pregare è un crimine. O così ritenevano quei poliziotti inglesi. Per lo meno nei paraggi delle cliniche che praticano aborti. Esiste persino un VIDEO della scena dell’arresto. È una cosa assurda. Farebbe quasi ridere. Se non fosse che fa piangere.
Le accuse a carico di Isabel sono state ritirate. Il Catholic Herarld, principale settimanale cattolico inglese, lo annuncia in un ARTICOLO. Bene, ma non benissimo. Infatti, la pubblica accusa ha minacciato Isabel di ripristinare le accuse. Se in futuro, dovessero emergere ulteriori evidenze contro di lei. Isabel non ci sta. Non accetta questa situazione di precarietà legale. Vuole un verdetto della corte che stabilisca se davvero pregare silenziosamente fuori da una clinica, sia illegale. La donna ha dichiarato: “Non può essere giusto che io sia stata arrestata e considerata una criminale, per aver pregato nella mia testa, sulla pubblica strada”. Isabel è affiancata dai legali di ADF UK, una organizzazione di ispirazione religiosa, che si batte per la libertà di pensiero. L’ADF fornisce assistenza legale a chi subisca limitazioni della propria libertà di espressione e religiosa.
Jeremiah Igunnubole, il consulente legale di ADF UK, che ha sostenuto Isabel Vaughan-Spruce durante l’incriminazione, ha detto che la formula usata dal giudice nel caso di Isabel è intimidatoria. La sua organizzazione si batterà perché la preghiera silenziosa e ogni pensiero che si svolga nella privacy della mente delle persone, non possa essere motivo di condanna.
In teoria, le nostre società occidentali si vantano di garantire libertà di espressione. I reati di opinione non sono perseguibili. Un pensiero sgradevole, politicamente scorretto, iniquo, se non fa del male a nessuno, non è sanzionabile.
Se ammettiamo che pregare nella propria testa, silenziosamente, è un crimine, allora lo sarà anche ricordare le scene di un filmino pedo pornografico? E insultare in modo pesante un vicino di casa, un collega, un parente, ma nella propria testa, sarà punibile? E fantasticare nella propria testa di gonfiare di botte il capo, l’automobilista maleducato che ci ha tagliato la strada, l’ex fidanzato fedifrago, sarà considerato un reato?
Quali e quanti crimini consumati silenziosamente con il pensiero potranno essere condannati? Nessuno. Perché le opinioni costituiscono un crimine, solo quando si tratta di pregare. Per tutto il resto no. Che la preghiera faccia moltissima paura, non è una novità.
La camera dei Lord, uno dei due rami del parlamento inglese, il 30 gennaio scorso ha votato l’istituzione dei zone protette. Si tratta di un’area di circa 150 metri, 500 yarde, attorno alle cliniche che praticano aborti. Lì le regole democratiche sembrano sospese. In queste zone protette non è consentita la preghiera silenziosa, come quella di Isabel. I deputati che hanno votato la misura, chiamata emendamento 45, ritengono che punire la preghiera sia necessario, per evitare che i manifestanti pro life influenzino la decisione delle donne di abortire.
Il provvedimento deve essere ora ratificato dalla seconda camera del parlamento, la House of Commons. Non pare ci siano ostacoli a questa seconda approvazione. L’emendamento 45 sostituisce un precedente articolo di legge, la clausola 9. La clausola 9 era in contrasto con la regolamentazione sui diritti umani, Human Rights Act del 1998.
E’ stata una deputata conservatrice, Lady Sugg, a proporre l’emendamento 45. Lo ha fatto per irrobustire il provvedimento dal punto di vista legale. Secondo lei, le zone protette tutelano le donne che vogliono accedere al loro diritto legale a cure mediche. Perché, ormai lo sappiamo bene, “salute riproduttiva” e “cure mediche” sono eufemismi per ingentilire il crudo concetto di interruzione volontaria di gravidanza. Eppure abortire non porta beneficio alla salute riproduttiva. Tutti sappiamo che l’aborto non cura alcuna malattia. In questa logica insensata, se pregare è un crimine, allora abortire può essere considerato una cura medica.
La deputata Sugg ammette che, grazie alla nuova legge, l’Inghilterra si adeguerà a Francia, Spagna, Canada, Australia e prossimamente in Scozia. Questo perché le inglesi avrebbero diritto “alla stessa protezione che hanno le donne in altre giurisdizioni”. Guai a essere da meno.
Fortunatamente, non tutti, nel parlamento inglese, condividono la legge. Ci sono almeno quattro deputati che hanno sollevato critiche all’emendamento 45. Si tratta di Lord Weir of Ballyholme, Lord Jackson of Peterborough, Lord Cormack e la Baronessa Fox of Buckley. I quattro politici non abbracciano la causa anti abortista. Le loro obiezioni riguardano la difesa della libertà di espressione.
Lord Weir è preoccupato che la nuova legge criminalizzi la capacità umana di influenzare le decisioni altrui. Secondo lui: “al cuore del concetto di libertà di parola, e del valore della democrazia, c’è la possibilità’ pacifica delle persone di convincere gli altri delle proprie idee. Se ciò eccede l’arte della persuasione o introduce qualunque livello di minaccia o di intimidazione, allora è inaccettabile e va considerata un’azione criminale, ma se stiamo criminalizzano l’espressione di opinioni o la capacità di persuadere l’altro, questo è fondamentalmente sbagliato“.
La parlamentare Lady Fox, che pure è favorevole all’aborto, ha detto: “l’influenza è alla base della democrazia. Le donne che vanno ad abortire devono essere libere di cambiare idea in qualunque momento, in qualunque modo, fino ad un attimo prima di sottoporsi all’interruzione di gravidanza.” “Ripensarci non è frutto di costrizione” ha concluso.
Lord Jackson riferendosi a Isabel Vaughan-Spruce, ha dichiarato: “questi casi evidenziano quanto le zone protette siano pericolose per la libertà di espressione.” Un cittadino potrebbe essere perseguito per le proprie idee, persino nella propria auto o nel giardino di casa, se esse si trovano entro 150 metri da una clinica.
Per il fronte dell’opposizione pregare non è un crimine. Vinceranno? Non sembra abbiano molte possibilità.
I vescovi cattolici di Inghilterra e Galles ritengono che le zone protette rappresentino una grave limitazione della libertà religiosa. Il vescovo ausiliario John Sherrington ha dichiarato: “C’è il rischio che le misure costituiscano una discriminazione e colpiscano i cittadini che hanno una fede religiosa. Queste normative sollevano la questione del potere dello stato in relazione all’individuo, in una società libera. Ci sono già normative e un meccanismo per proteggere le donne che vogliono abortire. Questa ulteriore clausola non è necessaria ed è eccessiva.”
Attendiamo gli sviluppi.