Una storia sconosciuta di coraggio: i Vichinghi nel Vietnam
di Pietro Licciardi
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FATTI CHE STANNO PER DIVENTARE UN AVVINCENTE FUMETTO
La guerra del Vietnam, che vide il coinvolgimento degli americani dal 1955 al 1975, è stata caricata di significati ideologici e questo ne ha messo in ombra diversi aspetti importanti, a cominciare dall’effettivo espansionismo comunista che se non contrastato avrebbe davvero insanguinato l’intero Oriente. Tuttavia, a quasi cinquant’anni di distanza dalla conclusione è possibile portare alla luce episodi di coraggio quasi del tutto sconosciuti. Come la lotta dei padri combattenti, sacerdoti cattolici che presero il fucile per difendere i parrocchiani dalla violenza dei vietcong che InFormazione cattolica ha potuto raccontare grazie al divulgatore di storia militare Alessandro Giorgi, che ha scoperto anche un altro episodio molto particolare: le missioni segrete di un pugno di marinai norvegesi in Nord Vietnam.
Ecco l’antefatto. Nei primi anni Sessanta il coinvolgimento americano a fianco del Sud Vietnam impegnato a contrastare la guerriglia comunista e la probabile invasione da parte del Nord era ufficialmente limitato alla presenza di istruttori e consiglieri militari, tuttavia gli Stati Uniti si erano convinti della necessità di svolgere azioni di commandos in territorio nordvietnamita in modo da scoraggiare o allontanare il momento dell’invasione e a questo scopo addestrarono diversi agenti locali, molti dei quali cattolici fuggiti dalla persecuzione che dopo aver sperimentato quale sarebbe stata la loro sorte in un Vietnam riunificato sotto la stella rossa ben volentieri si offrirono al combattimento.
«Alcuni di questi soldati – racconta Alessandro Giorgi – furono paracadutati, altri si infiltrarono attraverso la giungla ma ben presto si rese necessario compiere azioni anche lungo la costa e a questo scopo dovevano essere utilizzate delle veloci imbarcazioni. Ma a chi affidarne il governo? I sudvietnamiti non erano abbastanza addestrati ed esperti e gli americani, ancora ufficialmente fuori dal conflitto, non potevano essere coinvolti. La Cia, che aveva la responsabilità delle operazioni segrete, pensò allora di rivolgersi a degli europei»
Per primi furono “arruolati” dei tedeschi dell’Ovest ma una volta a Saigon si dimostrarono molto poco affidabili e incapaci di legare con gli agenti la cui vita sarebbe stata nelle loro mani. «La Cia decise così di rivolgersi ai norvegesi – dice ancora Giorgi – che si erano dimostrati molto coraggiosi ed efficienti durante le ricognizioni segrete da loro effettuate in territorio sovietico nell’ambito di quella “guerra fredda” già in pieno svolgimento». Furono così contattati in un hotel di Bergen tre giovanissimi marinai: Knut Kalvenes, Martin Vik e Reidar Steffensen i quali accettarono subito l’incarico. Come spiega Giorgi per i giovani norvegesi allora era normale imbarcarsi ancora giovanissimi sulle navi e girare il mondo, come fosse una sorta di formazione alla vita, e anche i tre partirono alla volta del Vietnam più per spirito di avventura che per motivi ideologici.
Ai norvegesi, soprannominati dalla Cia con scarsa fantasia, “I Vichinghi”, furono affidate delle motovedette Swifts boats, prodotte negli Usa e successivamente largamente utilizzate sui fiumi e gli estuari vietnamiti, dimostrandosi fin dalle prime pericolose missioni molto coraggiosi e affidabili, diventando benvoluti anche dagli incursori che dovevano trasportare. Gli ordini, una volta in azione, erano molto rigidi e per evitare di essere intercettati i natanti dovevano sostare nelle aree di recupero solo un certo numero di minuti, non uno di più. Ma più di una volta i “Vichinghi” attesero oltre il dovuto o tornarono sul luogo del rilascio salvando gli uomini loro affidati dalla cattura, dalla tortura e dalla morte certa.
Narrare tutte le avventure di questi giovani uomini sarebbe lungo ma sta per uscire un albo a fumetti: I Vichinghi in Vietnam curato dallo stesso Alessandro Giorgi, per le edizioni Emmetre che narra molte delle loro avventure e apre una finestra su quest’altra pagina di storia sconosciuta, soprattutto ai giovani i quali, ahinoi, hanno della storia una visione assai parziale mentre non sanno nulla o quasi di quella recente.
Qui l’intervista al dottor Giorgi