Non fu un “Orso” ma un uomo dolce, mite, paziente e altruista
di Mariella Lentini*
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ECCO CHI È SANT’ORSO D’AOSTA
Santo patrono di Aosta, Orso è un uomo dolce, mite, paziente, altruista. È un umile sacerdote della piccola chiesa dedicata a San Pietro vicino ad Aosta, vissuto tra il V e VI secolo. Le sue origini non sono certe. Forse è irlandese, oppure nasce ad Aosta da una famiglia sicuramente non ricca. Il buon Orso si procura il cibo coltivando un orticello e una vigna. Secondo la tradizione il suo vino ha poteri taumaturgici e guarisce chi lo beve. Il raccolto lo divide in tre parti: un po’ per se stesso, un po’ per i poveri e un po’ per gli uccellini di cui è grande amico. Si narra che i passerotti, per ringraziarlo, si posassero sulla sua testa e sulle sue spalle.
Orso vive da solo, prega giorno e notte e viene considerato un eremita. Però tanti bisognosi vanno a trovarlo. Orso accoglie tutti con amore. Offre consiglio e aiuta soprattutto i poveri, le vedove, gli orfani, gli ammalati. L’umile prete compie anche alcuni miracoli per salvare gli aostani. Una volta, con il bastone traccia un segno della croce sulle acque del torrente Buthier, fermando così l’inondazione che ha già raggiunto i terreni circostanti e le mura cittadine.
In occasione di una grave siccità i campi non possono essere irrigati e manca l’acqua per le necessità della popolazione. Interviene Sant’Orso con le sue preghiere: con un colpo del suo bastone fa scaturire da una roccia una sorgente, chiamata Fontana di Sant’Orso, che ancora oggi zampilla in località Busséyaz (Aosta). Ogni anno Aosta ricorda il suo santo con la millenaria “Fiera di Sant’Orso”. Fin dal Medioevo, la città viene invasa da migliaia di persone già alla vigilia della festa che cade il 1° febbraio, giorno della sua morte. Durante la Fiera dell’artigianato locale vengono esposti i prodotti in legno tipici della Valle d’Aosta: culle, mobili, grolle, coppe da vino e, soprattutto, zoccoli. Infatti l’origine della Fiera nasce dal fatto che il santo, di fronte alla sua chiesa, distribuiva ai poveri vestiti e sabot, tipiche calzature di legno valdostane. La festa si protrae nella notte tra il 30 e 31 gennaio nella lunga Veillà (“veglia”, dal patois, dialetto valdostano) con canti e balli folkloristici.
Sant’Orso muore nel 529 ed è tuttora sepolto ad Aosta, nella Collegiata Santi Pietro e Orso. Viene invocato contro calamità naturali, inondazioni, malattie ed epidemie del bestiame, mal di schiena, malattie dei reni e reumatismi. Protegge la fertilità delle campagne.
* Autrice del libro
“Santi compagni guida per tutti i giorni”