Il vescovo Ravinale sui presepi ostracizzati: “non è rispetto verso gli altri nascondere le cose belle”

Il vescovo Ravinale sui presepi ostracizzati: “non è rispetto verso gli altri nascondere le cose belle”

di Mariella Lentini

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MONSIGNOR FRANCESCO RAVINALE, VESCOVO EMERITO DI ASTI: “MI SONO SEMPRE CHIESTO PERCHÉ IL PRESEPE VENGA MESSO IN DISCUSSIONE, A CHI DÀ FASTIDIO?

Ha un sorriso semplice e gioviale, lo sguardo aperto, vivace, i modi di fare garbati, calorosi. Il Vescovo Emerito di Asti Monsignor Francesco Ravinale compirà fra poco 80 anni. Informazione Cattolica lo ha intervistato per aiutare a riflettere sul Natale e non solo…

Eccellenza, si avvicina il Natale. L’allestimento del Presepio in alcune scuole viene messo in discussione. Perché? 

“Mi sono sempre chiesto perché venga messo in discussione, a chi dà fastidio, forse sono dei massimalismi che lasciano un po’ il tempo che trovano. Io non vorrei mancare di rispetto verso nessuno, però mi dico: il Presepio intanto in sé stessa è una cosa bella, e poi racconta una storia di salvezza, di bontà, di avvicinamento a tutti quanti, e se vogliamo metterla dal punto di vista identitario, di un’identità cristiana che magari qualcuno non vuole accettare, non vuole riconoscere, però io ho sempre pensato che le cose belle non è rispetto verso gli altri nasconderle in qualche buco, le cose belle si mettono a disposizione di tutti. Ora io penso che se c’è una storia bella è la storia di un bambino che nasce, se c’è una storia più bella ancora e la storia di un Dio che diventa uomo, se c’è una storia ancora più bella è che questo Dio che diventa uomo vuole bene a tutti. Per cui, va bene, rispettiamoci tutti, ma è una forma di rispetto anche dire: guardate, quello che c’è di bello nella nostra fede è che c’è un Dio che ci ama tutti, non so in che modo si possa mancare di rispetto ad altre culture dicendo che ci si vuole bene”.

Per contro assistiamo a clamorose espressioni di fede come pellegrinaggi oceanici verso Santuari, Medjugorje, Lourdes, la diffusione in tutto il mondo di Radio Maria, chiese di nuovo affollate, mi sembra, alla domenica, più di una volta.

“Proprio affollate, io che sono più vecchietto, delle volte ci faccio qualche dubbio. Certamente, se queste cose ci sono, intanto sono rilevazioni private che devono essere vagliate anche molto bene e devono essere messe a confronto con il senso fondamentale della rivelazione, e quando ci sono questi richiami che probabilmente fanno breccia in un certo tipo di sensibilità, siano i benvenuti, e allora li prendiamo”.

È Natale. In alcuni Paesi del mondo si muore di fame e di freddo e sotto le bombe. Anche da noi esiste la povertà dove pure il necessario diventa un lusso, ma tanti altri, invece, si stressano alla ricerca di regali costosi…

“Non riusciamo a sradicarla questa faccenda dei regali, anche quando in una famiglia si fa un tacito patto per dire: i regali non ce li facciamo, poi si sente il bisogno di farli lo stesso, oppure si fa un tacito patto per dire: regali non sopra i cinque Euro e poi non ci si sta dentro. Ecco, perché teniamo conto che noi siamo mossi da un modo di pensare e da una cultura. È vero che alcune cose sono incoerenti, però contro la nostra cultura non riusciamo ad andarci”.

La ricchezza viene definita anche “Grazia di Dio”, lo stesso consumismo non sarebbe da demonizzare poiché tanti lavoratori dipendono dagli acquisti che ognuno di noi fa… 

“Il consumismo è una parola che si è coniata negli anni Sessanta. Noti che quando ci sono i nostri economisti che fanno le loro analisi economiche, ad un certo punto dicono che la diminuzione degli acquisti è un danno per l’economia, quindi mettiamoci d’accordo. Però penso che ci sia un male più radicale ed è l’attribuire un valore assoluto a beni che assoluti non sono, ecco questo sì, poi se vogliamo chiamarlo consumismo…”.

Però il regalo ha anche un valore, per esempio i doni che portano i Re magi, i doni dei pastori al Bambino Gesù…

“Il regalo è un grande valore per cui io non starei a demonizzare i regali anche se, se andiamo all’essenziale, il regalo grande di Natale è Gesù che dona sé stesso. Il grande regalo che si fanno gli sposi non sono gli utensili della cucina, non sono gli apparecchi e gli elettrodomestici, non sono neppure gli anelli che ci stanno in quanto hanno un valore simbolico, ma per due sposi il dono più grande è: “io mi dono a te e tu ti doni a me”, e Gesù Bambino si è donato Lui. Fossimo capaci a capire il senso del dono e allora diventerebbe tutto un dono reciproco, quindi ti dono me stesso, ti dono il mio tempo, ti dono il mio cuore, ti dono la mia sensibilità. È chiaro che in mancanza di meglio ci sta anche bene: “ti dono un oggetto”, se poi questo oggetto riveste anche una utilità pratica o, meglio ancora, un valore simbolico sia benvenuto”.

Ci insegnano che il buon cristiano dovrebbe donare il superfluo e tenere per sé il necessario. Ma cos’è il superfluo oggi, nella nostra società?

“Bisognerebbe fare una analisi molto grande. Io penso che il capitolo VI di San Matteo vada proprio bene: “Non preoccupatevi, fidatevi della Divina Provvidenza…”. Il superfluo penso che sia il contrario dell’essenziale. Penso che nella nostra vita una delle nostre preoccupazioni sia cercare quello che è essenziale, con un approfondimento molto importante da fare, non così semplice da fare, ma penso sarebbe il compito di una vita passare molto tempo a pensare: che cos’è veramente essenziale?”.

C’è chi dice che i centri commerciali, aperti alla domenica, abbiano sostituito la parrocchia, quando nei giorni di festa rappresentavano un centro di aggregazione per i ragazzi e per gli adulti. Lei cosa ne pensa?

“Penso che sia anche vero, però penso che mi fa una grande pena perché aggregarmi soltanto per andare a fare degli acquisti mi sembra…, aggregarmi agli altri per ascoltare con loro delle proposte di vita mi sembra molto più importante. Purtroppo è più facile andare al centro commerciale, ma ritorna il discorso di prima, il dono, ti dono me stesso… E’ molto più semplice dire: “ti dono un oggetto”, ad un certo punto si oggettivizzano le cose, almeno in parte si semplificano, il rischio è che perdano di senso”.

Parliamo di bambini, con alle spalle genitori separati, fenomeno in triste aumento. Un suo pensiero rivolto a questi bambini.

“Gli auguro che abbiamo una bella famiglia che stia insieme, questo è il mio pensiero, il mio augurio”.

Parliamo di valori. Forse responsabili “cattiva maestra TV”, società, scuola, famiglia, tra le nuove generazioni si avverte la mancanza di rispetto nei confronti di genitori, nonni, l’autorità in generale, in una parte di gioventù…

“Rifuggo dall’assolutizzare qualche cosa. Una volta si assolutizzava l’influsso della televisione, adesso si assolutizza l’uso del telefonino, sono tutte cose che la loro responsabilità ce l’hanno, però fondamentalmente c’è il fatto che una generazione vuole affrancarsi dalla generazione precedente, è questo il discorso di fondo. Probabilmente anche senza televisione e senza telefonino l’affrancarsi dalle generazioni precedenti è sempre stato un fenomeno presente, poi clamorosamente è scoppiato nel 68 quando la televisione c’era già, il telefonino no. Però le generazioni precedenti venivano praticamente…”.

C’era un senso di ribellione insomma… Certo che bisognerebbe riuscire comunque a distinguere il Bene dal Male, ma non sempre è facile. Sant’Agostino diceva che l’uomo ama ciò che conosce, ovvero l’uomo ama quello che gli viene insegnato, ciò che legge, quello che vede…

“Certo. Sant’Agostino e poi anche altri grandi teologi come San Tommaso, dicevano che l’uomo se una cosa la percepisce come Bene poi la persegue, importante è percepirla proprio come Bene, importante è districarsi tra il concetto di Bene e di Male”.

Quando lei era bambino c’era solo la radio…

“Ma neanche quella! sì, c’era la radio, ma non l’ascoltavamo mai “.

Cosa pensa dei nuovi mezzi di comunicazione, Internet, Facebook?

“Penso che sono delle cose meravigliose, devono essere usate bene”.

Qual è il suo pensiero sui giovani che frequentano la discoteca oggi?

“I giovani hanno bisogno di divertirsi e se la discoteca è un mezzo di aggregazione e di divertimento penso che sia da accettare, mi dispiace quando la discoteca viene volgarizzata, mi dispiace quando viene usata male, quando diventa un luogo dove non ci sono più regole, dove non ci sono più freni. Quando ero parroco e avevo i ragazzi che andavano regolarmente in discoteca e mi dicevano: “Andiamo a ballare” – di solito chiedevo: “Ma sapete ballare bene?”, qualcuno non era tanto capace di ballare bene”.

Come fare avvicinare i giovani alla fede?

“Bella domanda. Vede, c’era un bravo sindacalista che diceva che non ci sono risposte semplici a problemi complessi. Il problema della fede è molto complesso per cui o non ce ne interessa niente, allora non affrontiamo la cosa, o ce ne interessa qualche cosa, e allora bisogna fare una bella alleanza tra coloro che ci credono proprio, e trovare il modo di proporla”.

La “fede” è un dono che può anche non arrivare. Per credere ci vuole fede, però forse è anche una conquista, una ricerca…

“Tutte queste cose che lei mi ha detto sono vere, io non le separerei: la fede è un dono, è una ricerca, è una conquista. È tutto questo”.

È Natale. Come si dovrebbe vivere l’attesa di questa grande bellissima festa?

“Sono discorsi molto grandi, intanto penso che recuperare le forme tradizionali sia già una bella cosa, tipo l’avvento, la novena, la Messa della mezzanotte…, queste mi sembrerebbero già delle grandi cose. Se poi il Natale lo si vive come un incontro…, perché certamente è Gesù Bambino che nasce, che vuol dire: io vado incontro al Signore, e ci sono anche delle espressioni liturgiche molto belle che dicono: andiamo con gioia incontro al Signore, ma c’è anche vero il contrario: vogliamo con gioia il Signore che viene incontro a noi”.

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