Don Gilberto Pozzi, il partigiano di Dio, lo Schindler di Clivio
di Angelica La Rosa
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UN UOMO DI FEDE CHE, CON CORAGGIO E A RISCHIO DELLA PROPRIA VITA, FECE UNA SCELTA DI CAMPO
Una storia nella storia dell’Italia dopo l’8 settembre 1943: quella di don Gilberto Pozzi. Insieme al maresciallo della Guardia di Finanza Luigi Cortile e alla signora Nella Molinari, fondò a Clivio, nel Varesotto, una cellula partigiana dedita all’aiuto degli ebrei, dei profughi e dei perseguitati dal nazifascismo.
Un uomo di fede che con coraggio e a rischio della propria vita fece una scelta di campo: aiutare centinaia di vite umane strappandole dalla prigionia, dalla deportazione e dalla morte. Don Pozzi trovò la collaborazione di altri sacerdoti e persone di buona volontà, sviluppando una rete che lavorava nell’ombra anche per passare informazioni agli Alleati e per produrre documenti di identità falsi pur di salvare gli ebrei.
Il parroco di Clivio venne imprigionato nel carcere di San Vittore a Milano e liberato grazie all’intervento del cardinale Alfredo Ildefonso Schuster (in seguito ricevette l’encomio del cardinale Carlo Maria Martini, Arcivescovo di Milano), mentre il maresciallo Cortile morì nel campo di Mauthausen-Melk. La signora Molinari si spense nel 1987 ma, grazie alla sua testimonianza e a un attento lavoro di ricerca storica e archivistica, il colonnello Gerardo Severino e il giornalista Vincenzo Grienti riportano alla luce, nel libro “Il Partigiano di Dio” (Edizioni San Paolo 2022, pp. 187, euro 18) una storia che potrebbe essere un film, e invece è vera.
Nella Prefazione al libro scrive monsignor Mario Delpini, Arcivescovo di Milano: Il prete in un paese è come un appiglio. Per chi non sa dove andare, per chi non ha nessuno di cui fidarsi, per chi non sa più a quale porta bussare, la porta della casa del prete è l’appiglio al quale si può attaccare. La porta si apre e accoglie: non chiede che cosa credi, non chiede che cosa fai, non chiede della religione o della provenienza. Quello per cui meriti attenzione è il bisogno di essere aiutato. Il prete in un paese è come un bersaglio. In particolare nei giorni della dittatura. Il vestito che porta, la sua casa “sotto il campanile”, il dovere di parlare in pubblico lo rendono riconoscibile. Si possono ignorare le sue idee e le sue azioni, si può non conoscere il suo carattere e la sua cultura, ma una cosa risulta evidente: è un prete. Chi vuole prendersela con la Chiesa per una qualsiasi ragione, con chi se la prende se non il prete? Se il potere sospetta un’opposizione, un’azione di resistenza, un dissenso, il primo sospettato è il prete. Se sono ricercati oppositori del regime, la prima via da seguire è di seguire il prete. Il prete in un paese è come una scintilla, può accendere un paese. Se il prete se ne fa promotore, i buoni propositi diventano un’opera. Se il prete incoraggia, di fronte a un bisogno, a un’emergenza, si prendono iniziative. Se il prete si appassiona, può diffondersi un ardore. Se il prete si mette di mezzo, si riesce, almeno qualche volta, a stemperare tensioni, a risolvere conflitti, a sperare la riconciliazione. Forse sto immaginando preti d’altri tempi e paesi che non esistono più. Certo è che la vicenda di don Gilberto Pozzi, prete in Clivio dal 1901 al 1963, dimostra quanto può essere incisiva in una comunità la presenza di un prete che ha saputo essere partigiano senza essere “di parte”, è stato protagonista della storia di Clivio senza essere esibizionista, ha attraversato tribolazioni e contrasti senza conservare risentimenti, ha affrontato pericoli e minacce senza perdere la fiducia e l’impegno, ha inteso il suo ruolo come un servizio, senza farsi servire.
Giorgio Sacerdoti, Presidente Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea, nella sua Presentazione ricorda che il libro offre “il più recente frutto delle sue ricerche su vicende di generosità ed eroismo a favore dei perseguitati durante l’occupazione nazista del Nord Italia nel 1943-45, vicende che altrimenti sarebbero cadute nel più completo e ingiusto oblio”. Don Gilberto Pozzi, che di Clivio era parroco in quegli anni, “in stretta collaborazione col maresciallo Cortile fece parte, anzi di fatto diresse, una rete di protezione per ebrei, resistenti, antifascisti che in quei luoghi di confine fuggivano dalle persecuzioni dei nazisti e dei militi della Repubblica sociale italiana. Attorno a loro un vasto gruppo di cliviesi, che non sopportavano le angherie degli occupanti e dei loro accoliti, sensibili invece all’incitazione alla solidarietà nel momento del pericolo che proveniva da quelle due guide, benvolute e autorevoli, della loro comunità”.
“A distanza di tanti anni è difficile ricostruire con accuratezza storica queste vicende che, insieme a tante altre, compongono il mosaico di quella che fu la vita e la lotta per la sopravvivenza e ancor più – in fondo anzitutto – per la dignità e l’onore da parte dei tanti che in quei duri mesi non si piegarono alla sopraffazione, rischiando e spesso sacrificando la vita”, spiega Sacerdoti. “Tanto più meritoria l’opera dei due autori tra carte d’archivio e testimonianze per far conoscere l’opera silenziosa, modesta ma fattiva di don Gilberto e di coloro che lo aiutarono”.
Gli autori di “Il Partigiano di Dio”, come detto, sono Gerardo Severino e Vincenzo Grienti. Gerardo Severino, colonnello e direttore del Museo Storico della Guardia di Finanza, ha percorso una brillante carriera operativa che lo ha visto fra l’altro impegnato presso il Tribunale di Palermo alle dirette dipendenze del giudice Giovanni Falcone. Promosso ufficiale per meriti eccezionali, nel 2003 ha prestato servizio presso il Gruppo d’Investigazione sulla Criminalità Organizzata (GICO) di Roma. È autore di numerosi libri, saggi e articoli di storia militare, molti dei quali pubblicati dalle principali riviste italiane e internazionali. Vincenzo Grienti, giornalista dal 1997 e digital editor, lavora a Roma come vice caporedattore del Tg2000. Dal 2001 al 2011 ha lavorato all’Ufficio Nazionale per le comunicazioni sociali della Conferenza Episcopale Italiana e ha coordinato il portale d’informazione CEInews.it. Già autore di RaiUno, collabora con la pagina culturale di Avvenire, Grienti ha scritto per Nuova Storia Contemporanea, BBC History Italia, L’Osservatore Romano, Storia in Rete ed è autore di oltre venti libri (ha vinto il Premio Più a Sud di Tunisi nel 2006 e il Premio “Livatino” nel 2022).