Non amare il cane o il gatto più del prossimo tuo
di Pietro Licciardi
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L’ANIMALISMO HA FATTO BRECCIA ANCHE TRA I CATTOLICI, MA IL RISCHIO E’ DI SOVVERTIRE L’ORDINE E LE GERARCHIE STABILITE DA DIO
Non si fanno più figli ma in quasi ogni casa c’è almeno un cane o un gatto ai quali si riservano più attenzioni che a un bambino, tanto che non si contano ormai i “pet shop”: negozi specializzati in cibo e ogni sorta di accessori per animali. Secondo Euromonitor International sono 62 milioni gli “animali d’affezione” in Italia, di cui quasi 30 milioni sono pesci, più di 16 milioni cani e gatti, circa 13 milioni gli uccelli e oltre 3 milioni e mezzo i piccoli mammiferi e rettili. Solo per nutrire questo enorme zoo nel 2021 è stato sviluppato un giro d’affari di oltre 2,4 miliardi di euro con un incremento dell’8% rispetto al precedente anno.
Tuttavia fin qui ancora niente di male, se non fosse che prima di pensare al benessere materiale delle creature a quattro o due zampe bisognerebbe assicurare analogo benessere prima a chi è stato creato a “immagine e somiglianza” di Dio. Del resto lo stesso Catechismo al punto 2418 dice chiaramente che se è contrario alla dignità umana far soffrire inutilmente gli animali e disporre indiscriminatamente della loro vita è pure indegno spendere per gli animali somme che andrebbero destinate, prioritariamente, a sollevare la miseria degli uomini. Si possono amare gli animali; ma non si devono far oggetto di quell’affetto che è dovuto soltanto alle persone.
E invece da un bel po’ si è andata diffondendo una insana mentalità che ha fatto breccia anche in non pochi cattolici secondo la quale gli animali avrebbero “diritti” uguali o persino superiori a quelli degli esseri umani, i quali possono impunemente essere uccisi nel grembo materno ma guai anche solo minacciare la vita di un cucciolo di cane o gatto.
Responsabile di ciò in gran parte la satanica ideologia ambientalista che – tipico del principe della menzogna – nasconde dietro al principio apparentemente nobile della salvaguardia della Terra e della natura, l’odio per l’uomo e un revival del paganesimo. La natura infatti viene rivestita di una sorta di sacralità e un fiume, una pianta, un animale diventano preziosi quanto e più della vita di un essere umano. Tanto che ormai i più, anche se animati dalle migliori intenzioni, poco alla volta hanno finito senza avvedersene per capovolgere la scala dei valori.
Per rimettere in carreggiata almeno i cattolici o coloro che si definiscono ancora tali sarebbe sufficiente un ripasso della Genesi, che con assoluta chiarezza illustra le origini del mondo e dell’uomo secondo il progetto di Dio, a cominciare da dove Dio incarica Adamo di dare un nome gli animali secondo le varie specie, che nel linguaggio semitico significa che Egli pone l’uomo sopra gli animali e questi sono destinati al suo servizio (Gn 2,19); inoltre volendo dare all’uomo una compagnìa che fosse alla pari con lui, non gli mette accanto un micio o un barboncino ma crea la donna (Gn 2, 20-22) con chiara affermazione della sproporzione di valore tra l’uomo – maschio e femmina – e gli animali.
A partire da questi dati fondamentali tutta la letteratura biblica dell’Antico come del Nuovo Testamento sviluppa coerentemente questa visione secondo la quale l’essere umano è al vertice della creazione visibile, fatto di poco inferiore agli angeli (Sal 8); e se è vero che uomini e bestie muoiono il destino dei primi è di vivere per sempre nell’aldilà. Cosa che non è affatto certa per gli amici a quattro zampe. E comunque, anche se in Paradiso ci fossero dei cani, magari in virtù dello specialissimo rapporto che ha sempre legato queste creature agli umani, continuerebbero ad avere un ruolo subalterno, mai paragonabile ed equiparabile alle anime dei santi.
L’uomo infatti è dotato di un’anima razionale ed è capace di una vita spirituale, il che lo rende superiore a qualsiasi animale, pianta o minerale. Eppure sembrano essere rimasti in pochi a pensarla così; una sbandata causata probabilmente dal fatto che abbiamo cominciato a considerare gli uomini come delle cose ritenendo ormai inutili od obsolete le gerarchie stabilite da Dio. Si pensi all’aborto considerato un “diritto”, alla fecondazione artificiale, all’utero in affitto… Tutte tecniche che mirano a disporre dell’individuo a proprio piacimento come se fosse, appunto, una cosa.
L’invito quindi è di darsi una regolata, tornando a ragionare in maniera cristiana e razionale, anche perché cercare di sovvertire l’ordine gerarchico voluto da Dio è e resta un peccato gravissimo, con spiacevolissime conseguenze – anche sul piano sociale – già in questa vita terrena.