La dignità del dolore e della malattia in uno scatto
di Andrea Bartelloni
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IN UNA MOSTRA FOTOGRAFICA UNA GIORNATA TRASCORSA AL REPARTO CURE PALLIATIVE DELL’HOSPICE DI LIVORNO
«Scattavo le foto e dopo qualche giorno tornavo in ospedale per farle vedere all’interessato, dice, commosso, Marco Grassi, ma il letto era già occupato da un’altra persona e, forse, l’immagine più straziante tra quelle in mostra è quella di un padre col figlio piccolo in braccio che si stringono per darsi conforto per una perdita forse troppo precoce. Ma la foto alla quale sono più legato è quella di un lavabo con l’occorrente per l’igiene personale. Mi ha colpito molto, ci dice ancora Grassi, come una persona, ricoverata in un luogo senza speranza di guarigione, curi la propria immagine mantenendo una dignità senza abbandonarsi alla disperazione. Nella foto si vedono strumenti per farsi la barba, spazzolino e dentifricio, uno specchio, un pettine, come nella vita normale».
Marco Grassi è un fotografo livornese che ha raccolto durante alcuni mesi degli scatti nell’Hospice dell’Ospedale di Livorno (in Italia sono 230 con 2524 posti letto distribuiti prevalentemente al centro-nord). La sua è una storia come quelle che capitano a molti. Il padre con un male incurabile costretto a letto, le difficoltà dei familiari, l’aiuto dell’Associazione Cure Palliative di Livorno che collabora con il reparto ospedaliero. Il contatto con questi “angeli” ha fatto nascere in Grassi la “consapevolezza” che il non essere soli, l’avere qualcuno accanto che con amore, professionalità e tenerezza sta vicino a chi percorre l’ultimo tratto della propria vita, è di grande aiuto al malato, ma anche ai familiari.
“Consapevolezza” è il titolo della mostra, esposta per la prima volta alla Fortezza di Livorno nel 2019 e che dal 22 ottobre è nella Sala del San Leone in Via Garibaldi 70 a Pietrasanta. Mostra inaugurata alla presenza il sindaco della città versiliese, Alberto Stefano Giovannetti, dell’autore delle foto, Marco Grassi, della presidente dell’Associazione Cure Palliative di Livorno, Francesca Luschi, e resterà aperta al pubblico fino al 13 novembre.
È un percorso di 24 scatti che descrive una giornata nell’hospice dell’Ospedale di Livorno diretto dalla dott.ssa Costanza Galli, medico e suora, dove si osserva con delicatezza il dolore dei familiari, i gesti d’amore, il lavoro dei medici e del personale sanitario. Inizia proprio con un medico che parla con dei familiari visibilmente scossi e poi il lavoro del personale sanitario quello più semplice, ma essenziale. Commovente l’immagine che ritrae un familiare che si china sul letto del ricoverato per aiutarlo come pure le mani amorevoli di un infermiere che accudiscono il paziente. Gesti che lasciano trasparire vicinanza, delicatezza e amore. Come gli sguardi del volontario più anziano dell’associazione livornese o dei ricoverati che osservano il fotografo o guardano fuori da una finestra quel mondo che li ha accolti e che presto non vedranno più. Foto senza tempo che portano un messaggio importante su un tema poco conosciuto.
«Le cure palliative non sono soltanto terapia del dolore, c’è anche l’aspetto psicologico, spirituale. Il paziente, dice Francesca Luschi, viene preso in carico a tutto tondo, è al centro dell’attenzione anche dal punto di vista psicologico e non solo lui, ma anche i suoi familiari. È un salto di civiltà che viene dal mondo anglosassone e dopo un secolo è arrivato da noi». Dalla prima metà degli anni 1980 si comincia a parlare di cure palliative in Italia e nascono anche le associazioni non profit che svolgono attività domiciliare, come quella di Livorno, per arrivare poi al 1999 quando le cure palliative vengono riconosciute dal Sistema Sanitario Nazionale. Infine, il decreto del 2017, che vede le cure palliative allargare il loro orizzonte anche alle fasi precoci delle malattie inguaribili e diventare un diritto sancito dalla legge e obbligatorie per il Sistema Sanitario.