Aumentano gli affetti da psicologie psichiatriche e disagio mentale (e il pregiudizio nei loro riguardi)

Aumentano gli affetti da psicologie psichiatriche e disagio mentale (e il pregiudizio nei loro riguardi)

di Don Gian Maria Comolli

PER COMBATTERE GLI STEREOTIPI E LE DISCRIMINAZIOONI CHE PORTANO A NEGARE LA DIGNITÀ UMANA OPPURE AD ESCLUDERE DALLA VITA SOCIALE CHI SOFFRE DI DISTURBI MENTALI È NATO “RO.MENS”, IL PRIMO FESTIVAL PER ORA DIFFUSO SOLO SUL TERRITORIO ROMANO, PROMOSSO DAL DIPARTIMENTO DI SALUTE MENTALE DELL’ASL ROMA2 CON IL PATROCINIO DEL COMUNE E DELLA RAI

Si è concluso domenica a Roma il Ro.Mens, un festival della salute mentale organizzato dall’ASL Roma2, «per l’inclusione sociale contro il pregiudizio» nei confronti delle persone affette da psicologie psichiatriche e disagio mentale. L’iniziativa, che si è tenuta dal 26 settembre al 2 ottobre con eventi culturali, musicali, teatrali e sportivi pensati per sensibilizzare i cittadini sul tema dell’inclusione sociale delle persone affette da patologie mentali, ha messo in evidenza l’alto numero di persone coinvolte nel problema, la condizione di esclusione di molti e il pregiudizio nei loro riguardi ancora molto presente nel contesto societario.

L’argomento è ampio e complesso, coinvolgendo queste patologie soggetti affetti da molteplici sintomi. Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) le persone con sofferenza mentale, più o meno grave, raggiungono a livello mondiale il miliardo, cioè quasi 1/5 della popolazione del pianeta. In Europa rappresentano il 27% degli adulti e in Italia ammontano ad oltre due milioni.

Tale esorbitante dato è confermato anche dall’esteso uso e abuso di medicinali di sostegno: dai sonniferi agli antidepressivi, dagli ansiolitici ai tranquillanti. Inoltre, le proiezioni future indicano un aumento proporzionale di questi disagi maggiore rispetto alle patologie cardiovascolari e tumorali.

Come noto agli esperti, il fenomeno interessa prevalentemente i Paesi ricchi ed i fattori scatenanti sono di tipo genetico, psicobiologico, ambientale o sociale. Da quest’ultimo punto di vista va detto che molti oggi soffrono, con modalità diverse, di un disagio psichico procurato dal contesto societario eccessivamente concorrenziale, antagonista e conflittuale. Anche i giovani, gli adolescenti e i bambini non sono esclusi da tali dinamiche e, anzi, l’assunzione di farmaci antidepressivi è in crescente aumento anche fra i minori.

Secondo una ricerca dell’Istituto Mario Negri di Milano del 2015, precedente quindi alla pandemia che ha peggiorato molto la situazione, su un campione di 1.616.268 ragazzi e adolescenti con meno di 18 anni, ben 63.550 è risultato che avevano ricevuto cure per problemi psicologici, dipendenze o depressione.

Se componessimo una classifica sugli ultimi della nostra società, dovremmo inserire senz’altro gli ammalati psichici. Infatti, come avvertiva un dossier della Caritas Italiana del 2015 dal titolo Liberi tutti! Salute mentale: non gabbie ma dignità per i malati, «la sofferenza mentale è, tra le povertà, quella che più deve interrogarci: sperimentarla è vivere privi d’ appoggi, di difese, di consensi, lontani e separati dagli altri, chiusi in sé stessi, estranei alla vita. È essere “tra gli ultimi della fila”, quelli che non contano, non si sentono, non sanno difendersi, non riescono a pesare nelle decisioni politiche e sociali». Concetto già ribadito dal cardinale Dionigi Tettamanzi (1934-2017) nell’omelia della Notte di Natale del 2008 quando definì questi soggetti gli «invisibili», ovvero «una categoria destinata ad allargarsi drammaticamente se venisse a mancare lo sguardo aperto e penetrante della carità che si fa prossimità e condivisione! […]. Sono le persone che soffrono per i più differenti disagi psichici e i loro famigliari».

Mentre la legislazione è rispettosa della loro dignità e le terapie farmacologiche sono efficaci, l’accoglienza di questi fragili, in molti casi, è enormemente deficitaria. E, anche oggi, meno che nel passato, il binomio malattia psichica e pericolosità sociale è ancora diffuso poiché i vocaboli che iniziano con il suffisso “ps” incutono sempre timore. Affermava lo psichiatra Luigi Attenasio: (†2015), «spariti i manicomi non è sparita la manicomialità come modo e stile di avvicinarsi e rapportarsi con l’altro» (Fuori norma. La diversità come valore e sapere, Armando editore, Roma 200, p. 36). Spesso, questi malati sono rifiutati ed emarginati anche dalla famiglia e molti nuclei si rinchiudono nella solitudine, con vergogna, non sapendoli gestire adeguatamente.

È urgente superare preconcetti ed atteggiamenti emotivi negativi affinché il portatore di handicap psichico possa, gradualmente, introdursi nel contesto societario e lavorativo. Nei confronti di questi “strani” che abitano accanto a noi, e che notiamo per i loro comportamenti “originali” lungo la strada, dovremmo cercare di assumere un atteggiamento positivo, superando l’irrazionale paura, mostrando disponibilità all’ascolto, aiutandoli a superare la solitudine.

Il consiglio finale lo attingiamo dal famoso psichiatra Eugenio Borgna che fin dagli anni ’60 del XX secolo adottò protocolli di cura incentrati sul dialogo e sull’ascolto empatico. Scrisse nel testo Le intermittenze del cuore: «nei pazienti che precipitano nella malattia mentale si intravede una disperata richiesta di aiuto che Bleuler definisce così: “Accettami, ti prego, per l’amore di Dio, così come sono”. Immagine e metafora, della disperazione e della speranza, della inquietudine del cuore e della nostalgia di amicizia, e di amore, che sgorgano nelle anime ferite e torturate dalla malattia e dalla sofferenza, e che trovano sola consolazione nell’essere accolte e ascoltate con attenzione, e con partecipazione emozionale» (ed. Feltrinelli, Milano 2003, pp. 177-178).

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Bellissimo articolo!