Il nuovo capo dei vescovi vuole portare “le visioni della Chiesa in Austria a livello di Chiesa universale”
L’arcivescovo di Salisburgo Franz Lackner (nella foto a sinistra) succede, dopo 22 anni, alla guida dei vescovi austriaci, al cardinale di Vienna Christoph Schönborn (nella foto a destra).
Le elezioni si sono svolte a Mariazell, dove l’episcopato cattolico terrà la sua assemblea plenaria fino a giovedì. Nel ruolo di vicepresidente, per altrettanti sei anni, è stato eletto il vescovo di Linz, Manfred Scheuer. Entrambi hanno ricevuto la maggioranza dei due terzi dei voti richiesta nel primo scrutinio.
In un’intervista all’agenzia austriaca dei vescovi, Kathpress, subito dopo la sua elezione, l’arcivescovo Franz Lackner ha dichiarato che, nella sua nuova funzione di presidente , vuole da un lato, rafforzare la cooperazione fraterna tra i presuli austriaci e, dall’altro, “portare le preoccupazioni, i bisogni, ma anche le speranze e le visioni della Chiesa in Austria a livello di Chiesa universale”, anche “difendendole”. Allo stesso tempo Lackner ha chiamato i vescovi a una nuova riflessione su come l’essenza della fede, il Vangelo e il suo messaggio, possa essere rafforzata. La Chiesa – ha detto – deve essere sia “sale della terra” che “luce del mondo”.
“Nel mio cammino spirituale mi sono stati donati molti anni di studio, di riflessione e di vita contemplativa. Fin dall’inizio della mia conversione ho percepito che sarei diventato un sacerdote orante. Ancora oggi posso dire: ciò che mi rassicura nelle tempeste del tempo è la preghiera, specialmente il Rosario. Da soldato a Cipro ho imparato di nuovo a pregare questa preghiera, che fino ad oggi fa parte della mia vita quotidiana, è la mia fedele compagna nel superare tanto problemi personali quanto quelli dei nostri tempi e della Chiesa. La fede è esposta a molte tribolazioni. Con il Santo Apostolo Paolo possiamo dire: ‘Siamo tribolati da ogni parte'”, aveva detto il nuovo capo dei vescovi austriaci durante un’omelia tenuta nel Duomo di Santo Stefano a Vienna per la festa del Nome di Maria il 14 settembre dello scorso anno.
“Non so come vi sentiate voi, ma io spesso desidero la promessa venuta del Signore nostro Gesù Cristo; come dice la penultima frase delle Scritture: ‘Sì, verrò presto! – Amen. Vieni, Signore Gesù!'”, aveva aggiunto monsignor Lackner.
“Il desiderio di un intervento diretto di Dio è stato, credo, sempre presente. È così anche oggi per persone profondamente religiose, ma per la massa la situazione è diversa. Viviamo in un tempo generalmente senza Dio. Anche la parola ‘Dio’ ha perso per molti il suo significato, ma soprattutto la sua forza vincolante. Viene scalzata dalla parola ‘uomo’, con la quale si intende esclusivamente l’uomo nel mezzo della vita: l’uomo produttivo, che consuma, ma non l’uomo malato, anziano, fuggitivo e neanche l’uomo non ancora nato. Oggi non si tratta primariamente di questi uomini. Sebbene nel nostro tempo si parli tanto dell’uomo, abbiamo perso l’umanità nel senso di Gesù, come Lui l’ha vissuta come esempio per noi”, aveva spiegato l’arcivescovo di Salisburgo.
“L’umiliazione di Dio si traduce nell’esaltazione dell’uomo. Un essere umano lo ha capito in modo unico: Maria, questa ragazza ebrea, è un equivalente congeniale, direi quasi, all’incarnazione di Dio. ‘Sono la serva del Signore, avvenga di me secondo la tua parola’. Così preghiamo ogni giorno nell’Angelus. L’atmosfera della Casa di Nazareth era segnata da questo evento di grazia divino-umano. Dobbiamo tenerlo presente quando nella lettura udiamo: ‘apparso in forma umana’. Maria è in tutto la serva di questa umanità di Dio. Per oltre 30 anni questo è successo nel segreto di Nazareth. La vita di Gesù, immersa in una vita esteriormente del tutto normale, in nessun modo superiore agli altri. Come d’uso, dice l’evangelista Luca, il sabato andava nella sinagoga. Probabilmente lì ha imparato a guardare in alto verso Dio, perché spesso si dice di Gesù: ‘Alzati gli occhi al cielo, pregò…’. La gente di allora poteva certamente percepire da vicino la sua testimonianza di fede e di vita. Ma cosa è successo poi a Nazareth? Quando Gesù in effetti ha detto chi è veramente, cosa è venuto a fare, ovvero per proclamare un anno di grazia del Signore, allora si legge: e lo rifiutarono. Perché pensavano di conoscerlo. E non solo quello. Volevano anche ucciderlo immediatamente; gettarlo giù da un’alta montagna. Accanto a questo luogo di precipizio, come viene chiamata la montagna, c’è una seconda collina, tradizionalmente chiamata la collina del silenzio. La leggenda narra che Maria sia stata lì in piedi in silenzio e trepidazione e da lì abbia dovuto assistere all’aggressione della massa irata. Un’altra eco del suo stare in piedi sotto la croce”, aveva ricordato l’Arcivescovo Franz Lackner.
“Nazareth e l’Europa sono vicine. Proprio come Nazareth sarebbe inconcepibile senza Gesù, lo stesso vale per l’Europa. Pare sia di Goethe la frase: ‘L’Europa è nata sul Cammino di Santiago’. In effetti è vero che il Cristianesimo ha una grande influenza sullo sviluppo dell’Europa. Perché: chi sono stati i primi a fondare ospedali e scuole? E in nome di chi è avvenuto ciò? Sono stati uomini e donne profondamente toccati da Dio, che a partire da questo incontro guardavano fuori, in un mondo pieno di difficoltà, per poi compiere opere di misericordia. A chi dobbiamo i diritti umani di cui oggi siamo tutti così orgogliosi? Derivano da un grande incontro tra il pensiero giudeo-cristiano e quello della filosofia greca. Per non dimenticare le missioni, che sono partite dall’Europa nel nome di Gesù. Oggi si preferisce parlarne generalmente in modo negativo. Incontro sempre missionari che vengono in congedo per ferie e raccontano come, in gran parte sconosciuti al mondo dei media, sono presenti per gli uomini e danno loro speranza. A volte mi viene chiesto come sia da interpretare il fatto che Gesù una volta disse che avremmo fatto cose più grandi di quello che Lui aveva fatto per gli uomini. Io rispondo a questa domanda: è vero, oggi, in un certo senso, possiamo fare cose più grandi. Pensiamo solo a ciò che può fare il sistema sanitario; l’aspettativa di vita di oggi è molto più alta di quanto non fosse allora. L’uomo oggi è in grado di fare davvero molto. Anche in campo tecnico. Con una differenza, però: non se ne ringrazia Dio, ma l’uomo. Ma a che punto siamo oggi? L’uomo non soffre oggi di mancanza di senso più di quanto non sappiamo essere avvenuto nei tempi passati? La Chiesa – che pur in tutta la sua fragilità è sacramento di Dio – non viene forse anch’essa cacciata dai mercati di questo mondo? Il numero di persone che abbandonano la chiesa è spaventoso; la maggioranza della popolazione si comporta in modo anticristiano. Valori elevati come il matrimonio, la famiglia composta di uomo e donna, la vita come dono divino dall’inizio alla fine voluta da Dio, vengono livellati. Non possono esserci differenze: si tratterebbe di discriminazione. Per chi prende posizione contro l’aborto non c’è più posto nel mezzo della società. Il modo di pensare mondano è penetrato a fondo nella Chiesa stessa. Con temi come gerarchia, ultima responsabilità davanti a Dio, fedeltà alla vocazione e alla Chiesa, ci troviamo – con Gesù – sull’orlo dell’abisso. Ma non siamo soli. San Giovanni Paolo II, nel suo primo discorso agli uomini, ha gridato: ‘Non abbiate paura, aprite le porte a Cristo’. Gesù attraversò la folla che voleva buttarlo giù dalla montagna e se ne andò. Da questo possiamo trarre fiducia e speranza. […] Con Maria stiamo ai piedi della croce. Per lei, guardare in alto per vedere il figlio crocifisso non era ancora un guardare verso Colui che era stato innalzato. Noi, invece, abbiamo il dono di sapere nella fede che il Signore è veramente risorto. Dio lo ha innalzato e ha fatto della croce l’immagine dell’infinito amore di Dio per l’uomo. […] La collina del silenzio, su cui Maria un giorno dovette perseverare nella preghiera e nel timore, è anche la nostra collina, ma con un altro nome: questa è la collina della preghiera. Non è più un posto solitario. Uniti a Maria, alziamo gli occhi al Signore innalzato”, aveva concluso il nuovo capo dei vescovi austriaci.