Il “de profundis” dei pentastellati e le ipocrisie della Sinistra
di Dalila di Dio
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IL MOMENTO PIÙ ALTO SI È RAGGIUNTO CON LA LEVATA DI SCUDI IN FAVORE DELLE NEOCOMPETENTI MARIA STELLA GELMINI E MARA CARFAGNA
Mentre nelle stanze dei palazzi romani riecheggia il de profundis per Taverna, Fico e altre metastasi della morente legislatura che, grazie al vincolo del doppio mandato, non saranno più nelle liste elettorali – ma, ne siamo certi, troveranno adeguato riparo nei meandri dell’apparato per continuare a campare a spese della Repubblica Italiana – la sinistra ha trascorso la settimana passata a dare il più alto saggio della propria ipocrisia che poggia saldamente sulla convinzione che il Popolo Italiano sia composto da un’accolita di imbecilli con la memoria di un criceto: lor signori moralmente superiori hanno cominciato domenica scorsa, con gli attestati di solidarietà al povero Renato Brunetta vittima di bodyshaming da parte di quella cattivona di Marta Fascina – moglie per finta di Silvio Berlusconi – dalla quale il Ministro ha dichiarato di essersi sentito “violentato”.
Ma il momento più alto si è raggiunto con la levata di scudi in favore delle neo-competenti Maria Stella Gelmini e Mara Carfagna.
Andiamo con ordine: dopo la caduta del Governo Draghi ad opera anche di Forza Italia, i tre ministri in quota Berlusconi hanno deciso in rapida successione di abbandonare il partito e, soprattutto, l’uomo responsabile – colpevole, è il caso di dirlo – di aver loro consentito una rapida quanto inspiegabile ascesa al potere con ogni conseguenza in termini di status sociale e patrimoniale.
Sul conto dei tre, negli ultimi 20 anni, la sinistra ha vomitato ogni sorta di nefandezza: “nano”, “energumeno tascabile” (così, qualche anno fa, Massimo D’Alema), “mini ministro” (Furio Colombo) sono le espressioni più gentili rivolte al Ministro Brunetta.
Quanto alle due signore, fiumi di inchiostro sono stati consumati per adombrare un loro coinvolgimento nelle questioni di letto del Cavaliere: come dimenticare l’eco data dai giornali di sinistra ai racconti di Ruby – la (non) nipote di Mubarack – che volevano le due presenti ai festini del bunga bunga a ballare nude per Berlusconi? E che dire della simpatica (come un calcio sui denti) Sabina Guzzanti che, nell’indifferenza di femministe varie ed assortite, sosteneva pubblicamente che l’ascesa di Mara Carfagna al ruolo di Ministro per le pari opportunità fosse diretta conseguenza dei di lei favori sessuali al Cav?
Insomma, Brunetta nano, Gelmini e Carfagna meretrici: e via di risatine nelle serate a Capalbio tra caviale e champagne.
Ma ora le cose sono cambiate: i tre transfughi di Forza Italia hanno voltato le spalle al nemico storico.
Per quanto disprezzati – lo saranno sempre perché portatori di un peccato originale – adesso sono utili alla causa.
Quindi scurdammoce o passato: Renato Brunetta è di colpo diventato un gigante – della politica e non solo – mentre i due Ministri in gonnella si sono prontamente trasformati in supercompetenti e rispettabilissime donne d’altri tempi!
Ma guai a fare notare ai sinistri quanto sia purulenta la loro ipocrisia: ci ha provato il Presidente della Regione Abruzzo Marco Marsilio che qualche ora fa ha dichiarato: “A me dispiace vedere due care amiche come Mariastella Gelmini e Mara Carfagna fare quella scelta. Auguri per il loro percorso politico, dopodiché due persone che fino a ieri erano considerate delle poco di buono, frequentatrici dei salotti e dei festini di Arcore oggi sono due nobildonne e due grandi statiste che salvano il mondo e l’Europa dalla cattiva destra sovranista“. Apriti cielo!
“Marsilio choc” ha titolato l’ANSA, “Insulti sessisti del Governatore Marsilio” rincara il Fatto Quotidiano, “L’uscita sessista del meloniano Marsilio fa infuriare la sinistra” tuona Huffington Post. Per non parlare degli interventi indignatissimi delle varie Cirinnà, Boldrini, Serracchiani.
Come è evidente, Marsilio non ha inteso insultare nessuno, anzi!
Il Governatore dell’Abruzzo ha solo espresso la propria sorpresa sulla giravolta della sinistra che per anni ha considerato le due donne alla stregua delle olgettine e oggi ne tesse le lodi.
Ma, si sa, l’onestà intellettuale è cosa per pochi, pochissimi. E ogni occasione è buona per stracciarsi le vesti gridando al sessismo e accusare l’avversario di essere “un troglodita”.
Già, “un piccolo troglodita”, come lo apostrofa Carlo Calenda, nuovo padrino di Carfagna e Gelmini: lo stesso Calenda che appena tre anni fa scriveva “Mara Carfagna non ho il piacere di conoscerLa. Immagino che lei sia una politica capace e resiliente dopo 20 anni di Cosentino e Berlusconi”.
A quei tempi Carfagna rispose piccata, “Il cattivo gusto e la maleducazione di Carlo Calenda si commentano da sole” twittò il Ministro, che all’epoca apostrofò Calenda come un “ragazzino confuso, viziato e cafone”.
Ma, come abbiamo imparato dalla senatrice Paola Taverna, la cui presenza nelle istituzioni sarà ricordata nei secoli dei secoli, era un “momento differente”...
Adesso che se si offrisse al Pd, persino Ruby Rubacuori assurgerebbe al rango di fine pensatrice e politologa di razza, per Carfagna e Gelmini è giunto il momento di candidarsi con quelli che fino a un paio di mesi fa le apostrofavano come incapaci e poco di buono.
A noi cambia poco. Certo, questa grottesca vicenda prova, se ce ne fosse ancora bisogno, che la dignità, una volta svenduta, non la puoi ricomprare.