La vera umiltà è riconoscere che tutto ci viene da Dio
di don Ruggero Gorletti
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COMMENTO AL VANGELO DI DOMENICA 28 AGOSTO 2022 – XXII Domenica per Annum
Dal vangelo secondo san Luca (14, 1. 7-14)
Avvenne che un sabato Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei per pranzare ed essi stavano a osservarlo.
Diceva agli invitati una parabola, notando come sceglievano i primi posti: «Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più degno di te, e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: “Cèdigli il posto!”. Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. Invece, quando sei invitato, va’ a metterti all’ultimo posto, perché quando viene colui che ti ha invitato ti dica: “Amico, vieni più avanti!”. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato».
Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
COMMENTO
Luca, unico tra gli Evangelisti, racconta che Gesù ha accettato inviti a pranzo dai farisei. Non tutti i farisei gli erano apertamente ostili, tanto che lo invitavano a pranzo. Ma il loro atteggiamento non è mai comunque apertamente amichevole. Infatti, dice il brano, «stavano ad osservarlo». È un atteggiamento poco educato: lo osservano per vedere se sbaglia qualcosa per poterlo poi criticare. Ma Gesù non si fa sorprendere, anzi, attacca per primo: vedendo come gli invitati si danno da fare per scegliere i primi posti, da loro una piccola lezione di galateo e di furbizia: mettiti in fondo, così saranno gli altri a chiamarti più avanti, e a darti un posto più degno. Ci farai una bella figura.
Ma l’insegnamento di Gesù, riportato dal Vangelo, non può essere solo una lezione di galateo. Gesù non si è fatto uomo e non è andato a morire sulla croce per darci qualche regoletta per ben figurare in società. Anche questo insegnamento di Gesù ha come prospettiva la vita eterna. Questo brano, ci dice il vangelo, è una «parabola», ha un significato più profondo e più immediato di quello che appare a prima lettura: parla del rapporto dell’uomo con Dio. Questa parabola verte sulla virtù dell’umiltà, senza la quale non può esserci una vera vita religiosa. L’umiltà è quella virtù che ci fa sempre tenere presente quello che veramente valiamo, e ci comportiamo di conseguenza, evitando ogni autoesaltazione, ogni ostentazione, ogni prepotenza, ogni arrogante affermazione dei nostri diritti (che davanti a Dio – ricordiamolo sempre – sono inesistenti). Allora Dio ci esalterà e ci darà tutto, perché avremo riconosciuto il nostro reale valore, e soprattutto perché avremo riconosciuto che tutto ciò che di buono abbiamo non deriva dal nostro merito, ma dalla Grazia di Dio. Esempio perfetto di umiltà è Maria. La Vergine non dice infatti: «io non valgo niente, io sono una povera donna», riconosce il proprio valore, ma riconosce che la propria grandezza non deriva da un merito suo, ma è puro dono del Padre: nel Magnificat dice infatti «grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente». Riconoscere che tutto ci viene da Dio: questa è la vera umiltà.
La parte finale del brano, quello che esorta a non limitarci ad invitare a pranzo chi ci è amico o coloro dai quali speriamo di ricavare qualcosa, ci insegna anche che ogni nostra azione deve avere come referente Dio, non gli uomini, e deve essere orientata ad ottenere una ricompensa da Dio, e non dagli uomini. La ricerca del tornaconto immediato non deve inquinare i nostri sforzi, il nostro lavoro, la nostra preghiera, i nostri gesti di carità. La ricerca del tornaconto immediato dice che teniamo di più alla ricompensa degli uomini che a quella di Dio. Dice che per noi è più importante essere grandi agli occhi degli uomini che agli occhi di Dio. Dice che per noi è più importante il giudizio degli uomini che quello di Dio. In sostanza dice che non abbiamo fede in Dio, che non ci importa nulla della ricompensa eterna.
Invece avere sempre come referente Dio significa fondare la nostra vita, il nostro lavoro, i nostri sforzi su ciò che veramente vale, su ciò che non verrà mai meno e che non deluderà. Per questo il brano dice «beati»: saremo beati proprio perché avremo acquisito meriti agli occhi di Dio, che non mancherà di darci la sua ricompensa. Di Dio infatti possiamo fidarci molto più che degli uomini. Sappiamo che Dio, anche quando nella nostra vita le cose non sembrano andare come vorremmo, non ci deluderà.