Fondata su elementi perenni della natura umana la regola di San Benedetto è sempre attuale!

Fondata su elementi perenni della natura umana la regola di San Benedetto è sempre attuale!

di Diego Torre

IL VALORE DI UNA REGOLA

Ma a che serve una regola scritta 1500 anni fa? In che misura essa incide nella nostra vita e può diventare il fondamento del futuro? Se essa è fondata su elementi perenni della natura umana, essa è sempre attuale! E così è per la regola di San Benedetto.

Benedetto cercava Dio nell’eremo di Subiaco, solitario per tre anni in una grotta, e così giunse ai vertici della contemplazione abbandonandosi a Dio e compiendo anche miracoli. Certo, la sua vita era immersa in un’atmosfera di preghiera, fondamento della sua esistenza, ma essa non era un’interiorità fuori dalla realtà esterna. Il mondo era allora sconvolto da una tremenda crisi di valori e di istituzioni, causata dal crollo dell’Impero Romano, dall’invasione dei nuovi popoli e dalla decadenza dei costumi. In questa situazione tremenda, partendo dal cuore di un uomo e poi di tanti altri suoi discepoli, iniziava l’uscita dalla “notte oscura della storia”. Ed egli fu costretto per amore di Dio e degli uomini (quasi certamente su mandato del Papa) a mettersi a loro servizio tirando fuori le sue doti di leader e di organizzatore. Dice di lui san Gregorio Magno: “L’uomo di Dio che brillò su questa terra con tanti miracoli non rifulse meno per l’eloquenza con cui seppe esporre la sua dottrina” (Dial. II, 36).

La Chiesa poi aveva bisogno di una forza sicura di cui servirsi per l’apostolato, per evangelizzare le terre pagane d’Europa, e per formare i propri quadri. In occidente prevaleva inoltre un monachesimo di origine orientale, talvolta eretico, non sempre equilibrato nella sua ascetica. Ci voleva un romano, un uomo di legge e di equilibrio, che organizzasse una società di uomini di pari dignità, che si amassero fra loro, che fossero sotto un comando monarchico, ma temperato dal consiglio degli altri; sottoposti tutti alla stessa regola. Benedetto voleva soltanto cercare Dio nell’eremitaggio, ma Dio si preparava a fare di lui il fondatore dell’Europa. E quando Benedetto capisce che deve cercare Dio anche seguendo, amando e organizzando gli uomini… il gioco è fatto. Ci vuole una regola, un’organizzazione che partendo dall’amore e dal servizio alla Maestà Divina divenga organizzazione e servizio dell’uomo….l’abbazia, il complesso mondo laicale, scientifico ed economico che ruoteranno intorno ad essa, e poi le corti medioevali che ad essa si inspirano…

“Nella sua Regola egli qualifica la vita monastica “una scuola del servizio del Signore” (Prol. 45) e chiede ai suoi monaci che “all’Opera di Dio [cioè all’Ufficio Divino o alla Liturgia delle Ore] non si anteponga nulla” (43,3). Sottolinea, però, che la preghiera è in primo luogo un atto di ascolto (Prol. 9-11), che deve poi tradursi nell’azione concreta. “Il Signore attende che noi rispondiamo ogni giorno coi fatti ai suoi santi insegnamenti” (Prol. 35). Così la vita del monaco diventa una simbiosi feconda tra azione e contemplazione “affinché in tutto venga glorificato Dio” (57,9). In contrasto con una autorealizzazione facile ed egocentrica, oggi spesso esaltata, l’impegno primo ed irrinunciabile del discepolo di san Benedetto è la sincera ricerca di Dio (58,7) sulla via tracciata dal Cristo umile ed obbediente (5,13), all’amore del quale egli non deve anteporre alcunché (4,21; 72,11) e proprio così, nel servizio dell’altro, diventa uomo del servizio e della pace. Nell’esercizio dell’obbedienza posta in atto con una fede animata dall’amore (5,2), il monaco conquista l’umiltà (5,1), alla quale la Regola dedica un intero capitolo (7)… L’Abate deve essere insieme un tenero padre e anche un severo maestro (2,24), un vero educatore. Inflessibile contro i vizi, è però chiamato soprattutto ad imitare la tenerezza del Buon Pastore (27,8), ad “aiutare piuttosto che a dominare” (64,8), ad “accentuare più con i fatti che con le parole tutto ciò che è buono e santo” e ad “illustrare i divini comandamenti col suo esempio” (2,12)” (Benedetto XVI 9.04.2008 udienza generale).

Quanto di tutto ciò viviamo ed incarniamo nella nostra vita? Poniamo la vita spirituale a fondamento? Ascoltiamo le indicazioni di Dio? Le rendiamo operative servendo il prossimo ed evitando ogni egocentrismo? Ci santifichiamo praticando questa disciplina di vita? Siamo “teneri padri e severi maestri”? Siamo esemplari?

La Regola offre indicazioni utili non solo ai monaci, ma anche a tutti coloro che cercano una guida nel loro cammino verso Dio. Per la sua misura, la sua umanità e il suo discernimento tra l’essenziale e il secondario, essa ha un valore illuminante e perenne. Essa mutò le mentalità e fece in modo che nel corso dei secoli, dalla famiglia ad ogni altro di tipo di società, i principi suddetti ispirassero gli uomini. E’ così che a insaputa dello stesso Santo, cambia il volto del suo tempo e dei secoli a venire e nasce l’”Europa” e la sua civiltà.

Ma la crisi che seguì il crollo dell’impero romano non è inferiore a quella dei nostri tempi. E dopo il secolo segnato dalle due guerre mondiali e dal crollo delle grandi ideologie totalitarie, occorre suscitare un nuovo umanesimo ed una nuova evangelizzazione che attinga alle radici cristiane del Continente, per contrastare la dittatura del relativismo, salvare l’uomo dalla progressiva disumanizzazione e ricostruire l’Europa.

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