Gay Pride e blasfemie: dobbiamo abituarci o combatterli?
di Diego Torre
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“LIBERA ESPRESSIONE SÌ, MA SE IL MIO AMICO GASBARRI DICE UNA PAROLACCIA SULLA MIA MAMMA, SI ASPETTI UN PUGNO; MA È NORMALE” (PAPA FRANCESCO, 15 GENNAIO 2015)
Che al Cremona Pride abbia sfilato, sostenuto da portantini incappucciati, un manichino vestito da Madonna, con i seni scoperti, col solito contorno di Drag Queen e borchie sadomaso, e che sia stato rappresentato papa Francesco benedicente, può stupire soltanto chi crede alla balla dei gay pride come momenti di lotta all’omofobia e difesa di diritti conculcati.
L’evento è di una gravità e di uno schifo con pochi precedenti (c’è stato anche di peggio!), ma è anche il logico epilogo di un sentimento decisamente anticristiano. Si comincia per negare la natura umana e si continua negando Dio fino alla blasfemia; un film già visto e di cui vedremo certamente altri episodi.
Il vescovo, mons. Antonio Napolioni, che pur nel 2018 accettò che si svolgesse, in un santuario mariano della diocesi, il «Tavolo di Dialogo tra Diocesi lombarde e Realtà Cattoliche Lgbt» dal titolo «Quale presenza dei giovani Lgbt nella Chiesa?» ha dichiarato: «Raccolgo lo sconcerto di numerosi cittadini, credenti e non credenti, per la presenza di immagini offensive ed evidentemente blasfeme, che non possono avere alcun valore educativo o comunicativo di valori e diritti», esprimendo «il dolore mio e della comunità cristiana». Questi per il vescovo “Sono gesti che non fanno bene a nessuno, e che feriscono anche i tanti [?] che si stanno impegnando con reciproco rispetto per una società senza discriminazioni.” Ma questi tanti, anche se feriti, non li abbiamo sentiti protestare.
Il Sindaco, Gianluca Galimberti, già presidente diocesano di Azione Cattolica, che ha concesso il patrocinio al primo pride di Cremona e ha partecipato alla manifestazione, ha parlato sui social di una sorta di festa della «democrazia inclusiva e accogliente delle diversità». Però due giorni dopo, ha espresso in un altro post la condanna del «gesto blasfemo, ma anche dal considerare che si è trattato di un gesto isolato, che non può e non deve inficiare la bellezza e l’importanza di quel corteo ed è quello che il Comune ha patrocinato».
La stessa condanna ha espresso il consiglio comunale di Cremona, riunitosi due giorni dopo, «per l’episodio di blasfemia, prendendo le distanze da quei manifestanti, che hanno avuto comportamenti provocatori e oltraggiosi, offendendo la comunità cristiana».
L’assessore comunale alla Cultura, vede addirittura «persone in contrasto con l’organizzazione del Pride rispetto alla piazza, che portava invece messaggi di inclusione e di festa».
Tutte le dichiarazioni dei politici e il silenzio della grande stampa vanno in direzione riduzionistica: pochi i colpevoli, chissà chi erano (qualcuno ipotizza infiltrazioni), ma il pride in se per sé era una grande trovata di civiltà.
Rimangono però in piedi alcune domande. Perché durante il corteo nessuno ha avuto da ridire? Non se ne sono accorti? C’erano tutti i partiti e le bandiere della sinistra. C’erano anche le forze dell’ordine. Esiste ancora nel codice penale il reato di vilipendio della religione? Si può fare un corteo incappucciati o è ancora proibito dalla legge? E il vescovo? Nel suo comunicato poteva anche ricordare qualche elemento di verità cristiana sul significato cristiano della sessualità o è una pretesa eccessiva? Diceva papa Francesco in aereo il 15 gennaio 2015: “Libera espressione sì, ma se il mio amico Gasbarri dice una parolaccia sulla mia mamma, si aspetti un pugno; ma è normale”. Non pretendiamo tanto, ma la Vergine Maria è madre dei cristiani e merita di essere difesa con grande convinzione.
La verità è che anche questo scempio è stato già metabolizzato, come le altre mille “manifestazioni religiose” che avvengono in quei raduni. L’odio satanico alla Madre di Dio continuerà a manifestarsi e i cristiani si abitueranno anche a questo? Non credo tutti. Il Movimento Cristiano Lavoratori di Cremona, esprimendo il proprio «sconcerto», ha partecipato ad un rosario riparatore nella piazza del Comune, con un centinaio di partecipanti, fra cui tre sacerdoti.
Ma se (generalmente parlando) continueremo a “metabolizzare”, finiremo per accettare l’ideologia LGBT, che trova già sostegno fra alcuni uomini di chiesa, purché si evitino le… “esagerazioni”. L’obiettivo finale è far cambiare alla Chiesa la verità sulle relazioni omosessuali, come già chiede a gran voce, fra gli altri, l’episcopato tedesco ma anche pezzi di laicato come l’AGESCI, l’associazione scout italiana riconosciuta dalla CEI.