Per meditare gli eventi successi alla risurrezione
di Giuliva di Berardino
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LA “VIA LUCIS”
Una delle pratiche liturgico-devozionali che si celebrano nel periodo pasquale della liturgia, un arco di tempo che va dalla fine dell’Ottava di Pasqua, considerata come unico giorno di Pasqua, alla festa della Pentecoste, con la quale termina complessivamente il tempo di Pasqua, è la Via Lucis.
Nel Direttorio su Pietà popolare e Liturgia. Principi e orientamenti, al numero 153, la Congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti descrive così la pratica della Via Lucis: “Attraverso il pio esercizio della Via lucis, i fedeli ricordano l’evento centrale della fede – la Risurrezione di Cristo – e la loro condizione di discepoli che nel Battesimo, sacramento pasquale, sono passati dalle tenebre del peccato alla luce della grazia.”
La Via Lucis, di fatto, ricalca la struttura della Via crucis, ma, in realtà, ne rappresenta il compimento. Se infatti il cammino che si percorre meditando la via della croce porta a contemplare gli eventi della Passione e della morte di Cristo fino alla deposizione del corpo di Cristo nel sepolcro, la via Lucis ci permette di meditare gli eventi successi ai primi testimoni della Risurrezione di Cristo e i fondamenti della fede cristiana in merito alla realtà battesimale.
In 14 stazioni, cioè in 14 tappe, percorriamo quindi un vero e proprio cammino, una via, che, grazie agli incontri del Risorto con le donne, con gli altri discepoli e con gli apostoli, ci permette di prendere coscienza della Persona dello Spirito Santo, di fare la Sua conoscenza ed entrare in confidenza con Lui, Terza Persona della Trinità, Potenza di Dio che dona la vita, e che, proprio perché grande Protagonista, resta nascosto e inafferrabile, in quanto Amore tra Padre e Figlio.
Iniziamo quindi il cammino della luce, metafora della nostra vita, in cui la fede ci fa procedere, per mantenerci vivi, perché possiamo continuare a sperare, a cercare qualcosa che ancora non abbiamo, come la pace, ad esempio.
Iniziamo a camminare con il Risorto, andando verso Qualcuno che ci aspetta, per approfondire la nostra identità di fede alla luce della Pasqua, alla luce della Risurrezione che trasfigura i nostri volti, i nostri corpi, giorno dopo giorno, a immagine del Figlio.
Rifletteremo su questa via di luce per diventare “figli della luce”, costruttori di una “cultura della vita, una cultura cioè aperta alle attese della speranza e alle certezze della fede” (Direttorio su Pietà popolare e Liturgia, n°153).
Iniziamo allora a meditare oggi le prime 7 tappe della Via Lucis. Indicherò per ogni stazione titolo della stazione, versetto centrale del testo evangelico, senso della tappa all’interno del cammino proposto. Non verranno inserite le preghiere e le giaculatorie per soffermarci maggiormente sul messaggio di ogni stazione.
Prima stazione: Gesù risorge dalla morte
“So che cercate Gesù il crocifisso. Non è qui. È risorto, come aveva detto; venite a vedere il luogo dov’era deposto” (Mt 28, 5-6)
La Risurrezione ci fa cogliere la realtà delle cose: avevano deposto Gesù, il crocifisso, ora quell’uomo crocifisso non c’è più, non esiste più. Ora esiste il Risorto. È Lui la realtà che siamo chiamati a credere, a vivere. Il luogo dove era deposto il cadavere si può raggiungere, si può vedere, ma il Risorto non si può vedere, perché è Lui che ci raggiunge ed è la fede che ci permette di vederlo in ogni morte che sperimentiamo.
Seconda stazione: I discepoli trovano il sepolcro vuoto
“Entrò nel sepolcro il discepolo che era giunto per primo, e vide e credette”. (Gv 20,8)
La Risurrezione ci chiama alla fede: credere passa attraverso l’atto del vedere la tomba vuota, attraverso la consapevolezza di fare i conti con una realtà di morte. Se uno ha fede sa che assumere un fallimento con un atteggiamento di fede non è mai rassegnarsi, ma è saper vedere oltre il presente, saper accogliere una speranza certa che c’è qualcosa di più, che la vita non può finire nel nulla, perché il nulla dell’assenza, il vuoto della tomba, dice una presenza che vive. E vive per sempre.
Terza stazione: Il Risorto si manifesta alla Maddalena
“Gesù le disse: “Maria!”. Ella allora, voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro!” (Gv 20,16)
Il dialogo più breve tra Gesù e una donna, il dialogo più breve di tutto il Vangelo è anche il dialogo intenso e più autentico. Maria riconosce il suo Maestro quando viene chiamata per nome. Risurrezione è sperimentare la presenza di Qualcuno che ci sta vicino nel dolore, nel pianto, nella disperazione. Solo Qualcuno che conosce il nostro nome, cioè la nostra persona, la nostra vita, il nostro cuore è risurrezione per noi, come lo è stato Gesù per Maria, in quel mattino di Pasqua. La conoscenza dell’amore, che avviene nell’amore, nell’amore che vibra perfino di un semplice scambio di nomi, è Risurrezione. L’amore, solo l’amore ci fa risorgere dalle nostre morti.
Quarta stazione: Il Risorto sulla strada per Emmaus
“Non bisognava che il Cristo sopportasse queste sofferenze per entrare nella sua gloria? E cominciando da Mosè e da tutti i profeti spiegò loro in tutte le Scritture ciò che si riferiva a lui.” (Lc 24, 26-27)
Risurrezione è sperimentare che Cristo cammina con noi, che ci accompagna lungo la strada della vita. Risorgiamo quando ci lasciamo istruire dalla Sacra Scrittura da Cristo stesso e dalla Sua Chiesa. Risorgere è camminare con Qualcuno, è camminare con Cristo.
Quinta stazione: Il Risorto spezza e dona il pane
“Quando fu a tavola con loro, prese il pane, disse la benedizione, lo spezzò e lo diede loro. Allora si aprirono loro gli occhi e lo riconobbero.” (Lc 24,30-31)
Risurrezione è quando ci lasciamo nutrire, quando sappiamo condividere il pane, quando il pane diventa cibo per la vita, e quando la vita, intessuta tra incontri, fatti e parole, relazioni che ci illuminano dentro, che accendono in noi una luce interiore. Quando questa luce diventa per noi nutrimento, perché si realizza nello spezzare del pane, allora il Risorto sparisce, perché diventa Egli stesso vita in noi. Fermarsi, quando ormai fa sera, lungo la strada che và verso Emmaus, è gustare il pane della vita, sentire il Risorto che vive in noi. Risurrezione è gustare la gioia del pane condiviso, una gioia che fa riprendere il cammino non più per andare a Emmaus, lontano da Gerusalemme, la città della pace, ma per tornare, pieni di gioia, a Gerusalemme. Fare ritorno alla città della pace, con la gioia di aver trovato il Risorto in mezzo a noi: questo è Risurrezione.
Sesta stazione: Il Risorto si manifesta ai discepoli
“Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!” (Lc 24,38-39)
Guardare il corpo ferito del Risorto, guardare le nostre ferite, avere il coraggio di sfidare i nostri dubbi, avere il coraggio di non evitare la sofferenza ma guardare, osservare, considerare portare attenzione ai nostri dolori, alle nostre delusioni, ai nostri fallimenti e ai nostri dubbi. Non per coglierne le cause, non per intuire gli effetti, ma per contemplare, cioè per entrare dentro il dolore con una luce diversa, con uno sguardo che và oltre gli esisti umani. Risorgere è saper cogliere la luce del Risorto nelle piaghe della nostra esistenza.
Settima stazione: Il Risorto dà il potere di rimettere i peccati
Alitò su di loro e disse: “Ricevete lo Spirito Santo: a chi rimetterete i peccati saranno rimessi e a chi non li rimetterete, resteranno non rimessi”. (Gv 20,22-23)
Risorgere è perdonare. Ma non perdonare per dimenticare, non perdonare per passare oltre. Il perdono che porta il Risorto e che quindi ci fa risorgere è il perdono che viene dallo Spirito Santo, che viene dalla forza dell’amore divino in noi. Questa forza, questo potere è l’unico vero potere che ci viene trasmesso dal Risorto, perché è il potere di far risorgere altri dalla condanna del giudizio, dalla schiavitù dei vizi, dalla morte dei peccati. Risorgere è ricevere lo Spirito Santo che ci fa riconoscere amati, perdonati, perché possiamo far risorgere tutti coloro che non sanno come vivere da Risorti.