Dopo il caos tornerà la Civiltà cristiana?
di Matteo Castagna
–
LA MORTE DEL MODERNISMO POLITICO E L’AUTODISTRUZIONE DELLE RIVOLUZIONI, SEPPUR CON UNA EVENTUALE TERZA GUERRA MONDIALE, PROVOCHERANNO COME CONSEGUENZA LA RINASCITA DELLA CIVITAS CHRISTIANA?
Papa San Pio X scriveva, già il 25 Agosto 1910, nella Lettera Apostolica Notre Charge Apostolique che la storia ci dimostra che “la civiltà del mondo è la civiltà cristiana, tanto più vera, tanto più duratura, più feconda di frutti preziosi, quanto più è nettamente cristiana“. La rivoluzione sessantottina, l’americanismo liberale, l’anticristianesimo radicale, il materialismo marxista hanno condotto all’attuale post-modernità, fatta di nichilismo e relativismo. Il filo conduttore di queste rivoluzioni sta nella sovversione della Civiltà Cristiana, che conduce al caos, all’anarchia politica e sociale, come già notava il filosofo belga Marcel De Corte (1905-1994) nel suo Una società contro l’uomo. Linee di una difesa (Roma 1975, Atti della Fondazione Gioacchino Volpe).
Nella trasgressione della legge naturale e, pertanto, divina, nella trasposizione del peccato sul piano politico e sociale, si trova la vera essenza della Rivoluzione, sosteneva con acume critico e realistico Juan Donoso Cortés (1809-1853).
Potremmo dire che l’ultimo grande pensatore cattolico del XX secolo, spesso ignorato o diffamato, potrebbe essere individuato in Augusto Del Noce (1910-1989) che vedeva nella modernità un certo sogno autodistruttivo, che stiamo sopportando oggi col trionfo del nulla sostanziale, spirituale, filosofico, politico, culturale e pratico.
Nell’intervista, ripresa dal quotidiano Il Foglio nel gennaio 2014, il Patriarca Kirill denuncia il «disarmo spirituale delle masse» e definisce il laicismo occidentale «una tendenza incredibilmente dannosa».
In una intervista di Leone Grotti su Tempi.it del 12/10/2013, il politologo, storico e insegnante russo Andrej Zubov sosteneva che l’identità russa rappresentata da Tolstoj e Dostoevskij è stata distrutta da 70 anni di comunismo. E continuava: “purtroppo Puškin e Dostoevsky rappresentano per noi oggi quello che per voi rappresentano Orazio e Virgilio. Il nostro primo problema oggi è come recuperare quell’identità perduta e se è possibile“.
Il Prof. Zubov prosegue: “Il nostro popolo è stato in prigione per 70 anni, periodo in cui chiunque poteva essere giustiziato senza motivo ogni giorno. Quello che possiamo fare è riscoprire una basilare dimensione umana, vedendo che un altro modo di rapportarsi è possibile. Riscoprendo la nostra dimensione umana, e liberi dalla mentalità sovietica, potremo anche recuperare e rinnovare la nostra identità russa“.
Per quanto sia innegabile che, nonostante il comunismo, il popolo russo abbia mantenuto delle tradizioni religiose e un forte legame col diritto naturale, è un fatto che il cancro liberale che succede inevitabilmente ad ogni fallimento del socialismo ha inquinato di secolarizzazione e relativismo la società russa post sovietica, checché ne dica la propaganda di Putin.
In Europa, l’identità classico-cristiana è stata cancellata dalle Rivoluzioni ed è numericamente minoritaria. Purtroppo, da noi si è avverata la “profezia” del filosofo marxista Antonio Gramsci (1891-1937): “il cattolicesimo democratico fa ciò che il comunismo non potrebbe: amalgama, ordina, vivifica e si suicida. […] I popolari stanno ai socialisti come Kerensky a Lenin” [I Popolari, in Ordine nuovo (1919-1920), Einaudi, Torino, 1954, pag. 286].
Possiamo, con un ragionamento deduttivo, pensare, però, che la morte del modernismo politico e l’autodistruzione delle Rivoluzioni, seppur con una eventuale terza guerra mondiale, possano ottenere come conseguenza la rinascita della Civitas Christiana, attraverso la sua irreversibile fecondità, che proviene dalla Grazia. Per questo, ad essa dobbiamo corrispondere attraverso la coerenza e la costanza personali nel mantenere quotidianamente le posizioni nella fortezza del Vangelo e della Tradizione, nonostante tutto e tutti, perché, se è vero che il nostro onore di chiama fedeltà, è altrettanto vero che la Fede, senza l’azione, ovvero le buone opere, è vana e, evidentemente, funzionale alle Rivoluzioni anticristiane.