La guerra a densità variabile di Johnson & company
di Lorenzo Capellini Mion
–
AL PRIMO PUNTO DELLE CANCELLERIE OCCIDENTALI C’È UNA GUERRA SENZA VINCITORI NÉ VINTI, A PATTO CHE SIA PERMANENTE
Dopo un viaggio in Finlandia e Svezia, il primo ministro Boris Johnson ha affermato che il Regno Unito garantirà, a paesi che sembrano sul punto di chiedere l’ingresso nell’obsoleta NATO, il supporto militare e che invierà truppe per proteggere i suoi “amici scandinavi” in caso di “aggressione russa“.
Lo stesso primo ministro non ha escluso il dispiegamento di armi nucleari sul territorio di queste Nazioni.
Questo indurrà lo stato maggiore russo a sviluppare schemi offensivi per occupare la Lapponia finlandese, svedese e norvegese e i fiordi norvegesi per garantire alla Russia il libero accesso all’Atlantico. Pura geografia oltre che una storia già vissuta.
È lo stesso Johnson che ha consigliato/intimato al presidente Zelensky di non riprendere i colloqui di pace con la Russia.
Questo significa solo che al primo punto delle cancellerie occidentali, Washington, Bruxelles, Londra, Davos c’è una guerra a densità variabile senza vincitori né vinti, a patto che sia permanente.
Prima combatteranno fino all’ultimo ucraino, se cadesse l’Ucraina dell’Ovest combatteranno fino all’ultimo europeo.
Nella lotta per la pace non resterà pietra su pietra. Intanto la Turchia è contraria all’adesione di Svezia e Finlandia alla NATO, lo ha affermato il presidente turco Erdogan.
Qualcuno si rende conto che l’ingresso dei due Paesi scandinavi nell’Alleanza Atlantica, nata per scopi difensivi per contrastare l’Unione Sovietica che non esiste più da oltre 30 anni, destabilizzerebbe a tal punto il mondo da farci potenzialmente, e rapidamente, precipitare verso un conflitto tra potenze nucleari.
Se l’ingresso della Turchia, che con l’ingresso risalente al 1952 nella NATO si collocò politicamente nell’emisfero occidentale, avesse mai avuto un senso è sempre stata questione dibattuta. Ma ora un senso ce l’ha eccome. Ora c’è da evitare la Terza Guerra Mondiale.
Nel frattempo l’Ucraina ha lasciato un solo punto di ingresso per il transito del gas in Europa, il che riduce significativamente l’affidabilità della sua fornitura di gas, lo afferma il rappresentante ufficiale di Gazprom: secondo l’ultimo dato del regolatore il volume di gas che entra in Germania attraverso l’Ucraina è diminuito di quasi il 25% rispetto a ieri.
La Bulgaria si è affrettata ad acquistare il gas liquefatto direttamente dagli Stati Uniti, sembra spuntando un ottimo prezzo.
Per ora.
Intanto la Danimarca ha raggiunto il livello più alto di inflazione dal 1984 a causa dell’impennata dei prezzi dell’elettricità e del riscaldamento mentre in Grecia è stato toccato un aumento a due cifre per la prima volta in 27 anni, trainato dall’aumento dei prezzi dell’elettricità e del carburante.
In Repubblica Ceca non va meglio e si registra un’inflazione annua del 14,2% ad aprile, la più alta dal 1993.
L’elenco è lungo e la situazione si farà sempre più drammatica ma non si tratta di prevedere qualcosa, il disastro economico, unito alla carestia, è stato pianificato.In Ungheria probabilmente l’hanno capito. Così il Ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto: “le proposte dell’UE sulle sanzioni contro il petrolio russo sono ancora inaccettabili perché, se approvate, porteranno a conseguenze devastanti per l’economia ungherese che verrebbe distrutta. L’Unione Europea non ha ancora offerto alcuna soluzione ai problemi che si presenteranno in Ungheria in caso di tali misure restrittive. Budapest sarà pronta ad approvare le sanzioni dell’UE contro il petrolio russo solo se questi problemi saranno risolti e se non riguarderanno gli oleodotti“. Meglio di così non avrebbe potuto dire.