L’inascoltato profeta Pasolini continua a mettere a disagio la sinistra

L’inascoltato profeta Pasolini continua a mettere a disagio la sinistra

di Andrea Rossi

PIERPAOLO PASOLINI, NATO A BOLOGNA IL 5 MARZO 1922 FU UN INTELLETTUALE CONTROVERSO MA CAPACE DI COMPRENDERE CHE IL NICHILISMO E L’INDIVIDUALISMO DEL SUO TEMPO SI SAREBBERO TRASFORMATI NELL’ASSE PORTANTE DELLA CULTURA DOMINANTE DI OGGI

L’anniversario della nascita di Pierpaolo Pasolini è l’occasione per gli intellettuali marxisti, laici e radicali di riappropriarsi di un intellettuale che la destra ha cercato di mettere all’interno dei propri riferimenti culturali.

Al riguardo vanno osservati i tentativi (piuttosto deboli) di proporre interpretazioni riduzioniste su alcuni dei temi che maggiormente mettono a disagio la sinistra: il ruolo della cultura tradizionale, la trasformazione tragicamente consumistica del paese, l’estremismo come malattia senile del comunismo, divenuto movimento non più di riscatto delle classi disagiate, ma polo di aggregazione per una borghesia in cui i cosiddetti diritti civili diventavano il tema centrale a scapito dei diritti sociali.

Si ha un bel lavorare, insomma, per cercare di riportare Pasolini nell’alveo della cultura dominante. Basterebbe, per smentire questa visione, approcciarsi al recente volume “Le lettere” curato per Garzanti da Antonella Giordano e Nico Naldini: trecento scritti inediti, o solo parzialmente conosciuti, che raccontano una vita costellata di dolori e di ferite non rimarginabili.

La perdita del fratello Guido, massacrato nel febbraio 1945 alle malghe di Porzus da partigiani comunisti italiani di orientamento titino è il punto di partenza di un percorso umano tormentato e sofferente; di seguito, verrebbe da dire, è un susseguirsi di delusioni, soprattutto provenienti dall’area a cui il regista e scrittore apparteneva, ossia quella che ruotava attorno al Partito comunista italiano; l’insofferenza per la società e per il suo evolversi in una direzione contrassegnata dalla grettezza e dal consumismo è poi il leit motiv dal 1968 fino alla tragica e prematura conclusione della vita, in circostanze mai chiarite nel novembre 1975, a Lido di Ostia.

Una esistenza trascorsa a rammentare agli italiani di non conformarsi alla cultura dominante che era (ed è) malata di “volontà di ignoranza” come già avevamo avuto modo di scrivere in un nostro precedente intervento. Nonostante questo, ostinatamente, Pasolini appoggiò per tutta la vita il marxismo, condannando però la sua mutazione antropologica che negli anni ‘70 già lasciava intravedere quella che sarebbe stata la sinistra di oggi: un movimento laicista strumento di una società sterile e disumana; queste le sue parole, in uno degli ultimi scritti:  “al potere non interessa una coppia creatrice di prole, ma una coppia consumatrice: in pectore, esso ha già l’idea della legalizzazione dell’aborto, come aveva già l’idea della ratificazione del divorzio”.

Il PCI in prospettiva, diventava insomma anche esso uno strumento del potere: l’opposto di quello che Pasolini avrebbe mai voluto vedere. Ricordiamo poi nuovamente il famoso articolo “Il PCI ai giovani”, pubblicato nel giugno 1968 sul periodico “L’Espresso” e che, ancora oggi si vorrebbe reinterpretare, quando invece era chiarissimo nell’osservare un certo modo di manifestare ereditato dai centri sociali, o dai collettivi che monopolizzano i “pride” di mezza Italia:

Avete facce di figli di papà/Buona razza non mente./Avete lo stesso occhio cattivo./Siete paurosi, incerti, disperati (benissimo) ma sapete anche come essere prepotenti, ricattatori e sicuri/prerogative piccoloborghesi, amici./Quando ieri a Valle Giulia avete fatto a botte coi  poliziotti/io simpatizzavo coi poliziotti!/(…) A Valle Giulia, ieri, si è così avuto un frammento di lotta di classe/e voi amici (benchè dalla parte della ragione) eravate i ricchi, mentre i poliziotti (che erano dalla parte del torto) erano i poveri./Bella vittoria dunque la vostra. In questi casi, ai poliziotti si danno fiori, amici”.

Questi, a nostro avviso i punti fermi per comprendere la biografia di un “eretico”, che fu invece un inascoltato profeta, capace di comprendere come il nichilismo e l’individualismo del suo tempo, si sarebbero trasformati nell’asse portante della cultura dominante di oggi.

 

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Molto amato anche dai satanisti, che usavano “Le 120 giornate di Sodoma” per i loro riti.
Sinceramente io lascerei perdere figure come questa…
Tobia