Stefano Filippi (La Verità): “La Corte Costituzionale non deve fare politica”
di Matteo Orlando
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INTERVISTA SUI REFERENDUM E SUL RAPPORTO MAGISTRATURA/POLITICA A STEFANO FILIPPI, GIORNALISTA DEL QUOTIDIANO “LA VERITÀ“, DIRETTO DA MAURIZIO BELPIETRO: “LA CONSULTA NON DEVE DARE INDICAZIONI ALLA POLITICA“
Stefano Filippi è giornalista di lungo corso e, dopo una lunga esperienza come caporedattore e inviato speciale al quotidiano il Giornale, dal 2019 scrive per La Verità, testata fondata e diretta da Maurizio Belpietro. L’abbiamo intervistato sull’attualità politico-parlamentare italiana.
I dati di vendita dicono che La Verità è diventato il primo giornale del centrodestra…
Sì, merito di una linea editoriale chiara che incontra un numero sempre crescente di lettori. Un vero successo in un periodo difficile per la carta stampata.
Che giudizio dà sui referendum promossi e bocciati dalla Corte Costituzionale?
Sono contento per la bocciatura di quelli su eutanasia e droga. Sulla vita non si vota. Quello sull’eutanasia in realtà depenalizzava l’omicidio del consenziente: una barbarie. Invece ho apprezzato meno la conferenza stampa del presidente della Consulta Giuliano Amato che, con il pretesto di avvicinare le istituzioni ai cittadini, di fatto ha suggerito ai referendari e pure al Parlamento come muoversi nel futuro. La Corte non deve fare politica o dare indicazioni alla politica.
Che esito prevede per i referendum approvati?
È un’occasione per cambiare una parte del sistema giudiziario. Non mi sembra che le riforme varate dal guardasigilli Cartabia siano molto incisive ma se passano i referendum ci sarà una scossa. L’incognita maggiore riguarda il raggiungimento del quorum: la giustizia non è un tema che di primo acchito accende l’interesse degli elettori. I promotori dovranno riuscire a mobilitare le coscienze.
Come giudica il Mattarella bis e quanto abbiamo visto in Parlamento nella settimana di elezioni per il Quirinale?
A conti fatti, meglio il Mattarella bis che il capo dei servizi segreti al Quirinale. Il voto ha fatto emergere tutte le difficoltà di questa maggioranza a stare assieme, ma ha anche spaccato il centrodestra. Non so se ci sarà un vero riavvicinamento in vista delle prossime elezioni politiche. Molto dipenderà dalla legge elettorale: se resterà l’attuale, che premia le coalizioni, in qualche modo si troverà un accordo; se verrà reintrodotto il proporzionale credo che ognuno correrà per sé.
In una recente conferenza stampa il presidente del Consiglio Mario Draghi ha risposto ad una domanda sul suo futuro escludendo che dopo l’attuale esperienza a Palazzo Chigi ci sia per lui ancora la politica. Lei ci crede?
Sì. Non penso che dopo le elezioni sarà di nuovo il presidente del Consiglio. Draghi è il premier di un governo voluto dal presidente della Repubblica in una fase di emergenza per la pandemia e di confusione nei rapporti tra i partiti. Le elezioni determineranno nuovi rapporti di forza e i leader vincitori vorranno Palazzo Chigi per sé. Discorso diverso per il Quirinale: Draghi sarebbe un candidato in caso di dimissioni anticipate e ravvicinate di Mattarella, ma al momento è fantapolitica. Se invece sarà di nuovo premier, vorrà dire che saremo ancora in emergenza sanitaria e politica. Proprio non me lo auguro.
Nella politica italiana sembrano tutti tirare a campare e la legislatura sta durando solo per permettere ai parlamentari di finire il mandato. È solo una nostra impressione o c’è del vero?
C’è indubbiamente del vero, la pensione da parlamentare fa gola a tutti. C’è però anche un motivo politico. Nessuno dei partiti al governo ha interesse ad andare a votare subito. Gli elettori non capirebbero un voto anticipato in una emergenza non ancora risolta e mentre la partita del Pnrr è ancora aperta. L’unica a guadagnarne sarebbe Giorgia Meloni.
Cosa ne pensa dello strumento politico-sanitario Green pass?
Poteva avere senso all’inizio, ma poi si è dimostrato uno strumento inadeguato a fronteggiare la pandemia e soprattutto ha creato una spaccatura sociale nel Paese che nella prima fase dell’emergenza non c’era. Ed è un controsenso che il suo uso venga inasprito sui luoghi di lavoro proprio mentre molti Paesi europei lo stanno eliminando e anche da noi si riaprono le discoteche e si riempiono gli stadi.
Riguardo al tema eutanasia, dal suo osservatorio giornalistico cosa ci può dire? Arriveremo anche noi italiani a permettere una tale pratica anti-umana e anti-cristiana?
Spero di no, anche se le pressioni mediatiche sono fortissime e così pure quelle che vengono dall’Europa. Il Parlamento lavora su un testo che disciplina il suicidio assistito ma è difficile che passi. Il centrosinistra da solo non ha la forza di farlo approvare, tutto dipende da come si muoveranno i partiti del centrodestra.
Come mai in Italia una certa parte politica non riesce ancora ad accettare la Giornata del ricordo dei fatti delle foibe e dell’esodo giuliano-dalmata?
C’è chi è fermo al pregiudizio ideologico per cui il bene è tutto da una parte e il male dall’altra. L’orrore sarebbe solo del nazifascismo, e non anche del comunismo. È un manicheismo ideologico inaccettabile. A ciò si aggiunge la disonestà intellettuale di chi chiude gli occhi davanti alla verità storica. È lo stesso destino capitato a un’altra pagina orribile di quegli anni, cioè le stragi dei partigiani “bianchi” perpetrate dai partigiani “rossi” e portate alla luce dopo tanti anni da un uomo coraggioso come Giampaolo Pansa [(1935-2020)], che raccontò “Il sangue dei vinti”. L’esodo giuliano dalmata fu una pagina vergognosa di italiani contro italiani che non va cancellata né mistificata.