Massimiliano Kolbe: una vita per la vita
80 ANNI MORIVA AD AUSCHWITZ SAN MASSIMILIANO MARIA KOLBE, FRATE MINORE CONVENTUALE
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Di Diego Torre
Moriva nel santuario della morte di massa, dove la follia nazionalsocialista eliminava chi non rientrava nei suoi parametri ideologici. Moriva nello stile in cui aveva vissuto: soffrendo ed amando. Offrì la sua vita per un padre di famiglia che era stato condannato a morte per rappresaglia alla fuga di un prigioniero e che egli neppure conosceva. Stranamente gli aguzzini gli permisero di parlare ed accettarono la sua proposta di scambio. Ma prima ancora, nei tre mesi di permanenza nel lager, egli, tubercoloso, si offriva volontario per i lavori più pesanti, dava lo scarso cibo ai più giovani, pregava e confessava i prigionieri. Fu condannato a morire di fame e di sete, nudo e al buio, con altri 9 compagni di sventura, che egli preparò e accompagnò alla morte. E da quelle celle, luogo di orrore, solitamente fonte di bestemmie, urla e disperazione, con l’avanzare della morte e delle sofferenze, si levarono sempre più canti e preghiere. Dopo due settimane però il silenzio regnava sovrano e quando i carcerieri scesero nelle celle, trovarono un Massimiliano vivo e sereno che offrì il braccio al carceriere per la “rituale” iniezione di cianuro che pose termine alla sua vita terrena. Eravamo nella vigilia della Festa di Maria Assunta in cielo; i loro corpi vennero cremati e le ceneri disperse.
Le parole ultime che convinsero il Lagerfuehrer Fritsch ad accettare lo scambio furono: “Sono un sacerdote cattolico. Sono anziano. Voglio prendere il suo posto perché lui ha moglie e figli”. Sembrava la vittoria del nazista sul prete cattolico, ma in realtà era la dignità dell’uomo sostenuto dalla fede che vinceva . Era il trionfo della vera vita sulla cultura di morte. Un personaggio straordinario concludeva così in maniera epica la sua vita straordinaria.
Massimiliano non fu però soltanto l’eroicità della sua morte, discretamente nota, ma anche quella dei suoi 47 anni di vita, di cui invece poco si sa. E’ difficile definire la sua ricca spiritualità, ma anche descrivere le opere da lui miracolosamente realizzate: la Milizia dell’Immacolata presente in più nazioni, la Città dell’Immacolata in Giappone e quella in Polonia (fino a 762 presenze di religiosi), con la catena editoriale più grande di Polonia, la sua ferrovia, la radio ed il campo d’aviazione, create dal nulla. Attentissimo ad ogni nuovo strumento che la tecnica potesse offrire alla missione evangelizzatrice, versatissimo in matematica e fisica (fino a progettare astronavi), realizzò tutte le sue opere nella povertà più estrema, con un polmone fuori uso per la tubercolosi, poco mangiando e poco dormendo, affrontando viaggi allora faticosissimi, nello scherno di molti confratelli, sempre con animo missionario totalmente pervaso dalla dolce presenza della sua sovrana: l’Immacolata.
Non si improvvisa il martirio! Esso si prepara in un cammino orientato al dono di sè per la gloria di Dio ed il bene dei fratelli. Il santo si preparò ad esso (peraltro preannunziatogli dall’Immacolata sin da ragazzo) con fede, serenità e coraggio sin dall’infanzia. Nel tempo della dittatura del relativismo ha tanto da insegnare ai laici e ai sacerdoti.
“Dovete essere preparati a momenti di oscurità, di angoscia, di incertezza, di paura, di tentazioni talvolta molto e molto insistenti, di sofferenze sia del corpo che dell’anima…se non ci fosse nulla da sopportare, per che cosa andreste in Paradiso? Senza la LOTTA sarebbe impossibile la VITTORIA e senza la vittoria non ci può essere la corona, non ci può essere la ricompensa (cfr 1 Cor. 9,25)” (Scritti Kolbiani 149).
“Guardandoci attorno e vedendo dappertutto tanto male, noi vorremmo sinceramente porre un riparo a questo male, condurre gli uomini al sacratissimo Cuore di Gesù attraverso l’Immacolata e così rendere eternamente felici fin da questa vita i nostri fratelli che vivono in questo mondo. Guerra al male dunque, una guerra implacabile, incessante, vittoriosa” (Scritti Kolbiani 1160).