Shemà. Commento al Vangelo del 15 marzo della teologa Giuliva Di Berardino
Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.
Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!
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IL COMMENTO TESTUALE
IL VANGELO DEL GIORNO: Gv 4, 43-54
lunedì 15 marzo 2021
Oggi il Vangelo ci indica un cammino di fede che siamo chiamati a far rivivere in questo tempo di grazia. Il testo, tratto dal Vangelo secondo Giovanni, ci edifica attraverso il racconto di un miracolo che avviene grazie a un percorso di fede che inizi da una fede passiva, che si aspetta segni e prodigi, a una fede che arriva a correre il rischio dell’obbedienza alle parole di Gesù. Tra le righe, si potrebbe sottolineare anche che in realtà questo testo ci premette di conoscere anche le nostre dinamiche interiori nelle relazioni che viviamo. Quando, infatti, ci aspettiamo dagli altri dei comportamenti che rispondano alle nostre aspettative, in fondo ci priviamo di dare la possibilità all’altro di essere se stesso e non potremo mai conoscere davvero tutto ciò che l’altra persona può donarci davvero. Il testo infatti subito ci mostra le aspettative che in Galilea c’erano nei riguardi di Gesù, al suo ritorno dalla Giudea, perché si aspettavano che Gesù compisse miracoli. Così ci viene presentato questo personaggio che oggi per noi è significativo, il funzionario del re. Egli va da Gesù perché suo figlio sta per morire, quindi si aspetta che Gesù vada nella sua casa e operi il miracolo. Gesù non risponde a questa aspettativa e, anche se questo comportamento di Gesù può sembrare duro, gli esegeti concordano sul fatto che in questo modo di fare Gesù si rivolge a quanti aspettavano da lui prevalentemente “segni e prodigi” (v.48) come condizione per giungere alla fede. Anche se non risponde all’aspettativa del funzionario, quindi, Gesù gli risponde con un invito ad andarsene, al quale aggiunge, però, un’affermazione di speranza: “ và, tuo figlio vive”. Ed è questa parola che, come avviene in tutte le esperienze di fede, mentre vanifica le aspettative, apre un nuovo cammino, apre all’obbedienza verso Gesù. E’ solo adesso che il cammino di fede inizia davvero, perché avere fede non è semplicemente andare da Gesù, ma è anche, dopo aver ricevuto da Lui una parola di speranza, obbedire alla nuova possibilità che si apre, obbedire alla speranza, nella fede, nella fiducia che ciò che Gesù ha detto, lo fa. La fede è camminare nel rischio, è vivere il rischio della fiducia e l’avventura dell’amore. La testimonianza di questo funzionario del re ce lo mostra in modo evidente: mentre ancora era in cammino, tornando a casa sua, confidando nelle parole di Gesù, viene avvisato del miracolo avvenuto. Allora oggi chiediamo al Signore di poter accogliere anche noi la grazia di obbedire alle parole di speranza che ci dona Gesù, di fidarci di più delle indicazioni interiori piene d’amore e di vita che Gesù ci mette nel cuore ogni giorno, nelle piccole cose, nelle nostre relazioni, perché i veri miracoli non sono tanto quello che ci aspettiamo noi da Dio, ma il rendersi conto che il suo amore e il suo Spirito opera in noi e ci trasforma in persone sempre più capaci di accogliere e dare pace e fiducia gli uni verso gli altri. Buona giornata!
Gv 4, 43-54
In quel tempo, Gesù partì [dalla Samarìa] per la Galilea. Gesù stesso infatti aveva dichiarato che un profeta non riceve onore nella propria patria. Quando dunque giunse in Galilea, i Galilei lo accolsero, perché avevano visto tutto quello che aveva fatto a Gerusalemme, durante la festa; anch’essi infatti erano andati alla festa. Andò dunque di nuovo a Cana di Galilea, dove aveva cambiato l’acqua in vino. Vi era un funzionario del re, che aveva un figlio malato a Cafàrnao. Costui, udito che Gesù era venuto dalla Giudea in Galilea, si recò da lui e gli chiedeva di scendere a guarire suo figlio, perché stava per morire. Gesù gli disse: «Se non vedete segni e prodigi, voi non credete». Il funzionario del re gli disse: «Signore, scendi prima che il mio bambino muoia». Gesù gli rispose: «Va’, tuo figlio vive». Quell’uomo credette alla parola che Gesù gli aveva detto e si mise in cammino. Proprio mentre scendeva, gli vennero incontro i suoi servi a dirgli: «Tuo figlio vive!». Volle sapere da loro a che ora avesse cominciato a star meglio. Gli dissero: «Ieri, un’ora dopo mezzogiorno, la febbre lo ha lasciato». Il padre riconobbe che proprio a quell’ora Gesù gli aveva detto: «Tuo figlio vive», e credette lui con tutta la sua famiglia. Questo fu il secondo segno, che Gesù fece quando tornò dalla Giudea in Galilea.
IL COMMENTO IN VIDEO: https://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos