Aborto: non c’è libertà senza scelta

Aborto: non c’è libertà senza scelta

Spesso le donne hanno bisogno di qualcuno che le aiuti a superare la paura di non farcela. Che offra loro delle alternative, lì, proprio dove la scelta appare fatta, inevitabile.

Già, perché la scelta è tale solo a fronte di alternative concrete e concretamente praticabili

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Di Dalila di Dio

Ad ogni iniziativa delle associazioni pro vita, in lungo e largo sul territorio nazionale, seguono sistematici e violenti attacchi degli abortisti che, in men che non si dica, cominciano a snocciolare il solito repertorio: violenza contro le donne, attacco alla libertà, oscurantismo, medioevo.

Che si tratti di un manifesto, di un’iniziativa letteraria, di un incontro pubblico, la reazione è solo una: strillare chiedendo – pretendendo – di tappare la bocca ai cattobigotti nemici della donna e della libertà.

Puntualmente, ottengono ciò che vogliono.

Solo a loro, infatti, è consentito provocare, dileggiare, dissacrare. Solo loro possono mandare messaggi forti, scuotere le coscienze, scioccare. Gli altri devono stare buonini e ben dentro i ranghi, altrimenti cala la mannaia.

Insomma, ogni offesa al Crocifisso è arte e come tale merita la ribalta internazionale. Dire che quella che cresce nel grembo materno è vita e che sopprimerla sia omicidio é violenza nei confronti delle donne e chi se ne macchia deve essere punito severamente, censurato, messo a tacere.

Di recente, anche il tuttologo Roberto Saviano, in piena ansia da promozione del suo ultimo capolavoro letterario, ha sentito la necessità di dire la propria, definendo le associazioni pro vita portatrici di “oscurantismo, imbroglio, menzogna e profondo disprezzo per le donne”.

Quasi che la dignità delle donne si concreti nella libertà di liberarsi in fretta del figlio che portano in grembo, in modo rapido, da sole, magari nel water di casa, dopo aver assunto una compressa in ambulatorio.

Quasi che la sola esistenza di persone che si battono per la promozione della vita possa costituire un attentato al libero esercizio di quel diritto (?) che sta tanto a cuore a tutti loro e che, se potessero, lo vorrebbero indiscriminato, senza regole e senza limiti.

Le associazioni pro life si allargano sul territorio nazionale, dove governano Lega e Fratelli d’Italia. E grazie alla loro vicinanza con la politica ottengono fondi pubblici ed entrano nei consultori rendendo ancora più difficile l’applicazione della legge 194“: così, ad ottobre, il settimanale l’Espresso descriveva l’incombente minaccia pro vita.

Con lo stesso tono che si riserverebbe a pericolosissimi gruppi sovversivi, aggiungono: “Il loro unico scopo è la riduzione del numero degli aborti”.

Questi oscurantisti, per cui un feto non è solo un grumo di cellule, rappresentano una minaccia: devono essere messi a tacere, deve essere vietata la loro propaganda, devono essere tenuti fuori dai consultori.

Eppure, a ben vedere, non c’è alcuna minaccia all’effettività della legge 194 nelle attività delle associazioni pro vita: chi lo sostiene dimostra di non conoscere affatto quella legge che brandisce come una scure contro chiunque rifiuti di arrendersi all’idea di considerare un bambino semplice prodotto del concepimento, di cui disporre liberamente.

È la stessa legge 194/1978 – recante norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza –  all’art. 2 a stabilire che “i consultori familiari istituiti dalla legge 29 luglio 1975, n. 405, assistono la donna in stato di gravidanza: […]

d) contribuendo a far superare le cause che potrebbero indurre la donna all’interruzione della gravidanza. I consultori sulla base di appositi regolamenti o convenzioni possono avvalersi, per i fini previsti dalla legge, della collaborazione volontaria di idonee formazioni sociali di base e di associazioni del volontariato, che possono anche aiutare la maternità difficile dopo la nascita”.

L’attività dei volontari pro vita, quindi, non solo non ostacola l’applicazione della legge 194 ma ne costituisce aspetto fondamentale: la norma prescrive che si debbano promuovere azioni atte a rimuovere le cause che determinano la donna all’aborto con il coinvolgimento anche delle associazioni di volontariato.

Ora, sono gli stessi abortisti a definire l’aborto un momento traumatico, allorché invocano il ricorso facile ed indiscriminato alla RU 486 in luogo della procedura ordinaria e, allo stato, più sicura per la salute delle donne.

Ed allora, se, per loro stessa ammissione, l’aborto è un evento traumatico, perchè tanta ostilità – paura – nei confronti di chi prova ad aiutare le donne a non ricorrervi?

Perchè è così intollerabile che qualcuno tenti di venire incontro ai bisogni di quelle donne che ricorrono all’interruzione di gravidanza perchè disperate, sole e senza prospettive?

Perchè l’idea che lo Stato, a qualsiasi livello, investa nella protezione della maternità e nella tutela di donna e nascituro suscita simili, violentissime, reazioni?

Cosa temono costoro?

No, non si parli di pericolo per la libertà!

Nessuno vuole impedire alle donne di autodeterminarsi.

Chi usa l’aborto come metodo anticoncezionale, chi non vede qualcosa di inviolabile nella vita che cresce dentro il proprio corpo, chi desidera liberarsi del grumo di cellule che infesta il loro corpo (cit.) non rischia di essere influenzato dai pericolosissimi pro life. Purtroppo.

Ma ci sono donne che sono spinte a compiere un gesto così estremo dalla paura di dover affrontare tutto da sole, di non avere sufficienti risorse economiche, di essere giudicate dalla società, di non essere adeguate a crescere un figlio. Ci sono donne che sono costrette dai compagni a sbarazzarsi di un figlio che, invece, vorrebbero dare alla luce.

Chi si preoccupa di loro?

Signori abortisti, dov’è la libertà in tutto questo? Che fine fa la dignità della donna in questi casi? E dov’è il rispetto per quel corpo di cui rivendicate proprietà e totale disponibilità?

La gravidanza è un evento enorme nella vita di una donna.

Alcune la cercano, ad altre capita, alcune ne sono entusiaste, altre rimangono atterrite e temono di non saperla gestire. È sicuramente una situazione di grande stravolgimento emotivo.

Una donna spaventata non ha bisogno di una pillola e di essere rispedita a casa ad espellere in solitudine il proprio bambino: spesso le serve qualcuno che la aiuti ad affrontare la famiglia, qualcuno che le spieghi dove trovare un sostegno economico, quali saranno i diritti suoi e del nascituro anche nei confronti del padre.

Spesso le donne hanno bisogno di qualcuno che le aiuti a superare la paura di non farcela. Che offra loro delle alternative, lì, proprio dove la scelta appare fatta, inevitabile.

Già, perché la scelta è tale solo a fronte di alternative concrete e concretamente praticabili.

Senza alternative non esiste scelta e senza scelta non c’è libertà.

Signori abortisti, quelle brutte persone pro vita, quelle che vi spaventano tanto, quelle che rubano la libertà alle donne ed attentano al loro diritto ad autodeterminarsi, provano solo a metterle in condizione di decidere liberamente.

Come prescrive la vostra legge preferita.

 

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