Ecco perché è importante conoscere la verità del peccato originale
Di Sara Deodati*
In un tempo di trascuratezza e di “disincanto” verso alcuni dei temi classici della teologia tradizionale come l’attuale, cercherò di presentare in questo articolo le conseguenze del peccato originale ricorrendo al Magistero della Chiesa.
La verità del peccato originale è pacificamente inscritta nel deposito della Fede fin dalle origini e manifestata sia nella vita liturgica (battesimo dei bambini) sia nella preghiera.
Per i Padri apostolici e gli apologisti del II secolo il tema non riveste grande interesse poiché l’attenzione è focalizzata sull’esigenza di salvaguardare la libertà dell’uomo piuttosto che chiarire l’origine storica del peccato.
Un primo accenno tematico alla condizione deteriorata dell’umanità si trova nell’Omelia della Pasqua del vescovo di Sardi, Melitone che, intorno al 180, parla esplicitamente dell’eredità di impudicizia e di morte che ogni uomo acquista dalla nascita. Si deve attendere Ireneo di Lione (115-200) per una vera e propria teologia del peccato originale, in chiave trinitaria: «il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo plasmano nell’uomo l’immagine di Dio che, persa a causa del peccato di Adamo, viene ricreata dal Verbo incarnato».
Nel quinto secolo il monaco Pelagio (360-420) mette in dubbio il peccato originale affermando che l’uomo nasce libero da ogni macchia di peccato, si salva da solo e il battesimo dei bambini è soltanto un inserimento nella comunità ecclesiale (non la remissione di una colpa originaria).
In contrario sant’Agostino spiega l’assoluta necessità della Grazia di Cristo Redentore affermando che tutti nascono con il peccato di Adamo. Quest’ultimo, in definitiva, ha reso tutti peccatori e, tale effetto, riguarda anche i bambini e si trasmette non per imitazione, come affermava Pelagio, ma per generazione.
L’eresia di Pelagio viene condannata dalla Chiesa sia dal Concilio di Cartagine del 418 sia, successivamente, a causa del riproporsi di tali teorie, dal Concilio di Orange del 529.
Non vi sono grosse discussioni sul peccato originale durante il Medioevo in quanto le tesi agostiniane rimangono valide e comunemente accettate. Nel XVI secolo il protestante Martin Lutero (1483-1546), travisando l’insegnamento di Agostino, afferma che l’uomo è radicalmente pervertito dal peccato d’origine e, questo, ne comporta la corruzione radicale e la totale incapacità di conoscere e amare Dio. In pratica Lutero identifica il peccato originale con la concupiscenza umana, a differenza di Agostino che evita di confondere il peccato con l’inclinazione al male.
Così possiamo riassumere le tesi di Lutero: identificazione assoluta del peccato originale con la concupiscenza; corruzione intrinseca dell’uomo; inettitudine del battesimo a liberare l’uomo dalla corruzione; concezione della giustificazione quale imputazione dei meriti di Cristo, indipendentemente dalle opere.
Per rispondere alle posizioni protestanti e avviare la Riforma cattolica fu indetto il Concilio di Trento (1546). Il tema del peccato originale è trattato in sei canoni.
Nel primo canone si mettono in evidenza gli effetti del peccato, affermando che Adamo a seguito della sua trasgressione perde la santità e la giustizia originali. La morte, la schiavitù al demonio e la perdita della comunione con Dio si estendono anche alla sua discendenza.
Nel secondo canone si afferma che il peccato dei progenitori diventa peccato originale in tutti gli uomini (peccato originale originato, cfr. Rm 5,12-21).
Nel terzo canone si specifica la modalità di trasmissione del peccato originale: non per imitazione ma per generazione; si tratta di un peccato proprio per ciascuno che ha pertanto bisogno della redenzione personale di Cristo.
Nel quarto canone si ribadisce la validità ecclesiale di battezzare i bambini in remissione dei peccati.
Nel quinto canone si sviluppa un tema nuovo rispetto a quelli affrontati dai Concili di Cartagine e di Orange: la possibile identificazione tra peccato originale e concupiscenza umana. La concupiscenza non viene tolta dal battesimo che in sé non è peccato, anzi serve per la nostra lotta per raggiungere la santità, permettendo di acquistare meriti di fronte a Cristo.
Nel sesto canone di Trento, dopo varie dispute sull’opportunità di definire l’Immacolata Concezione, ci si limita a sostenere che quanto affermato sul peccato originale e la sua presenza in tutti gli uomini non si può applicare alla Vergine Maria che costituisce un caso unico ed eccezionale.
Pur avendo visto come il peccato originale si trasmetta per via di generazione umana, esso rimane un mistero che non possiamo comprendere appieno. Come insegna il Catechismo della Chiesa Cattolica, «Adamo ed Eva commettono un peccato personale, ma questo peccato intacca la natura umana, che essi trasmettono in una condizione decaduta.[…] Per questo il peccato originale è chiamato “peccato” in modo analogico: è un peccato “contratto” e non “commesso”, uno stato e non un atto» (n.404). Quindi il peccato originale originato è un vero e proprio stato di peccato in quanto include la rottura della comunione con Dio e la conseguente morte dell’anima.
Il primo effetto del peccato originale è la perdita dell’amicizia con Dio ed è senz’altro il più grave di tutti, in quanto gli altri sono subordinati.
Il secondo effetto è la perdita del dono dell’immortalità. La morte è entrata nel mondo a causa del peccato, come conferma chiaramente la S. Scrittura: «Perché Dio non ha creato la morte e non gode per la rovina dei viventi. Egli infatti ha creato tutto per l’esistenza» (Sap 1,13-14).
Il terzo effetto è la sottomissione al diavolo, vista come una vera e propria schiavitù. L’uomo rimane libero ma il demonio acquista un certo potere su di lui.
Il quarto effetto è il danno causato alle facoltà dell’uomo, subendo egli un offuscamento dell’intelletto, una diminuzione della capacità di conoscere la verità e un indebolimento della volontà di fronte alle seduzioni.
Il quinto effetto è la concupiscenza o fomes peccati, ovvero un disordine e connessa inclinazione al male che rimane anche dopo aver ricevuto il sacramento del Battesimo.
Per spiegare la nascita e l’universalità del peccato originale conservando il suo carattere di evento storico, si può ricorrere alla teoria cristocentrica del cardinale e teologo tedesco Leo Scheffczyk (1920-2005). Essa parte dal presupposto che la creazione è avvenuta nella grazia di Cristo, il capo della creazione sin dalle origini, predestinato all’incarnazione e alla redenzione di tutta l’umanità.
Il peccato originale non è una corruzione della natura umana ma una rinuncia e, quindi, una perdita dello stato di grazia originariamente conferito all’uomo. Adamo, per sua essenza e per grazia divina, in virtù del ruolo di guida di Cristo, è nato come Suo rappresentante nell’umanità, perciò quello che gli è accaduto deve necessariamente trasmettersi ai suoi discendenti. In pratica il nostro progenitore ha perso peccando la sua funzione di intermediario della grazia di Cristo ricevuta in quanto capostipite dell’umanità. La felix culpa ha avuto in definitiva come conseguenza che nessun uomo avrebbe più potuto ricevere la grazia di Cristo se prima all’umanità non fosse stato restituito il suo capo attraverso l’incarnazione e redenzione del Figlio di Dio. Di qui il significato teologico essenziale della teoria cristocentrica: il fine ultimo della dottrina del peccato originale è la redenzione di tutti gli uomini attraverso Gesù Cristo e, la colpa dei progenitori, è “usata” da Dio come via per la Sua rivelazione attraverso il Figlio fatto uomo.
* Laureata in Scienze Religiose nella Facoltà di Teologia della
Pontificia Università della Santa Croce (Roma)