Shemà. Commento al Vangelo del 27 dicembre della teologa Giuliva Di Berardino
Shemà (in ebraico “Ascolta”), un commento al Vangelo del Giorno di Giuliva Di Berardino.
Anche a noi, uomini e donne del terzo millennio, Nostro Signore Gesù Cristo dice: “Shemà”. Ascoltiamolo!
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IL COMMENTO TESTUALE
IL VANGELO DEL GIORNO: Lc 2,22-40
domenica 27 dicembre 2020
SANTA FAMIGLIA DI GESÙ, MARIA E GIUSEPPE
In questa prima domenica dopo il Natale del Signore, la liturgia celebra il nucleo familiare in cui il Figlio di Dio si è fatto uomo. La santa famiglia di Nazareth, composta da Gesù bambino, Maria e Giuseppe, ci viene indicata come il luogo che ha permesso la crescita e la realizzazione del mistero del Dio fatto uomo, dentro la vita concreta. Contempliamo allora oggi il mistero del Dio con noi, nella sua realtà di vita, che è qualificata, come quella di tutti noi, dalla realtà relazionale che si vive nella famiglia. E’ vero però che la famiglia di Gesù non è come tutte le altre famiglie: Maria e Giuseppe erano stati scelti per sposarsi, infatti all’epoca il patto nuziale era deciso insieme alle rispettive famiglie, era già questo un atto di famiglia. Ma la particolarità della santa famiglia di Nazareth è il nucleo relazionale che esiste tra Maria, Giuseppe e Gesù è pura opera della grazia. Gesù, infatti, è legato a Maria e Giuseppe secondo una modalità che fonda una particolare presenza di Dio, quella del Dio fatto uomo. La bellezza della famiglia di Gesù, allora, è che è possibile identificarla come una famiglia per concreta, ma nell’ordine della grazia essa è molto di più. Per questo la santa famiglia è certamente il modello di tutte le famiglie, ma lo è anche di ogni espressione di comunione che si apre alla dimensione della grazia di Dio, visto che nella santa famiglia è la custodia e la crescita della grazia che diventa primaria rispetto a tutto il resto. Lo leggiamo nel Vangelo di oggi, che ci presenta come la famiglia di Gesù, rispettando le pratiche religiose prescritte per la nascita dei primogeniti maschi, va a Gerusalemme per presentare Gesù, primo figlio maschio, al tempio, offrendo in sacrificio due tortore o giovani colombi, per la purificazione della madre. La santa famiglia, quindi, rispettando il culto e le norme religiose del popolo d’Israele, proclama il primato di onore e di Dio su tutti gli altri aspetti della vita. Il testo del vangelo poi ci mostra che, proprio nel tempio, Maria e Giuseppe incontrano Simeone “uomo giusto che aspettava la consolazione d’Israele” e un’anziana vedova di nome Anna, che “non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere”. Sono incontri che si realizzano nel segno della consolazione, infatti Gesù Bambino è consolazione per Simeone e Anna, tanto che addirittura Simeone proferisce un cantico che ha adottato anche la Chiesa nella liturgia della Compieta, che i monaci pregano a termine di ogni giorno. Però, grazie a Gesù Bambino, Maria e Giuseppe ricevono anche la profezia, in particolare Maria riceve la profezia del dolore che la farà madre di tutti noi. Ecco, allora il Vangelo ci mostra oggi che Gesù Bambino può essere la consolazione anche delle nostre famiglie e delle nostre vite se apriamo il cuore alla grazia e andiamo incontro a chi, in realtà, già ci attende, perché il Signore è sempre preceduto dal desiderio del cuore. Così, nel celebrare questa prima domenica dopo Natale, accogliamoci gli uni gli altri e affidiamoci alla santa famiglia di Nazareth perché i nostri incontri e le nostre relazioni non siano più soltanto delle semplici formalità, ma condivisioni di gioia, proclamazioni di lode, segni della grazia che portano alla profezia. Che oggi anche a noi, alle nostre famiglie, alle nostre comunità, sia affidato il piccolo Gesù Bambino e si si compia anche per noi la consolazione che aspettiamo. Buona domenica!
Lc 2,22-40
Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù] a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima –, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
IL COMMENTO IN VIDEO: https://www.youtube.com/channel/UCE_5qoPuQY7HPFA-gS9ad1g/videos