Gilbert Keith Chesterton, il paradosso di Dio
Di Gianluca Agostini
Il 14 giugno 1936 Pio XI inviò un telegramma a Beaconsfield, in Inghilterra, nel giorno della morte di quello che definì un “devoto figlio della Santa Chiesa, difensore ricco di doti della Fede Cattolica”. Si trattava del romanziere, poeta, autore teatrale, saggista e giornalista Gilbert Keith Chesterton. I giornali britannici dell’epoca non furono molto generosi verso di lui, se non vollero pubblicare per intero il testo del telegramma papale in quanto osava riconoscere ad un suddito di Sua Maestà il titolo (quello di defensor fidei) spettante unicamente al Re d’Inghilterra (conferito, infatti, con la bolla del 1521 di Papa Leone X ad Enrico VIII).
Eppure anche di recente un cardinale della levatura di Giacomo Biffi, nell’Introduzione alla raccolta pubblicata da Gribaudi Perché sono cattolico e altri scritti, ha definito Chesterton “un dono fatto alla cattolicità (e all’umanità intera) direttamente da Dio” (p. 5).
Nato a Londra il 29 maggio 1874 da famiglia anglicana, nel 1922 Chesterton aveva abbracciato il cattolicesimo grazie anche alla determinante amicizia coltivata con il sacerdote irlandese John O’Connor, cui si ispirerà per il personaggio della saga fortunatissima di romanzi con protagonista quel “Padre Brown” impersonato da Renato Rascel in una indimenticabile serie per la RAI-TV. Il primo dei romanzi, Il segreto di Padre Brown (The secret of Father Brown, 1927), si segnala per la profonda conoscenza dell’animo umano che caratterizza il sacerdote-investigatore, che scava nell’animo delle persone sino a immedesimarsi in loro. Chesterton così spiega in uno splendido dialogo contenuto nel romanzo il metodo d’indagine particolare di Padre Brown: “‘Conosciamo – continuò con fermezza lo straniero – le ben note imprese di Dupin e altri; e quelle di Lecocq, Sherlock Holmes, Nicholas Carter e altri immaginari personaggi del ramo. Ma per molti versi notammo una spiccata differenza tra il vostro metodo di approccio e quello di questi altri pensatori, fittizi o reali che siano’ […] ‘nessuno, a quanto pare, ha mai avuto un resoconto completo del vostro metodo, Padre Brown […] Posso dire che alcuni dei nostri connazionali vanno dicendo che la vostra scienza non può essere spiegata, perché è qualcosa di più della semplice scienza naturale. Dicono che il vostro segreto non possa essere divulgato, essendo occulto per sua natura’. Padre Brown […] rispose con voce atona: ‘Benissimo. Bisogna che dica il segreto… il segreto è – disse, e si fermò, come incapace di proseguire. Poi, riprese: ‘Vedete, sono stato io a uccidere tutte quelle persone’ ‘Cosa?’ fece eco l’altro con voce flebile nel vasto silenzio. ‘Vedete, le avevo uccise tutte io stesso’ spiegò paziente Padre Brown. ‘Così, naturalmente, sapevo come fosse successo…Avevo progettato ognuno dei delitti con gran cura’ proseguì Padre Brown ‘Avevo pensato esattamente come si potesse fare una cosa del genere, e in quale stile o stato d’animo un uomo potesse realmente compierla. E quando fui del tutto sicuro di provare esattamente gli stessei sentimenti dell’assassino, naturalmente capii chi fosse’”.
Sherlock Holmes ed il suo mondo scientista e razionalista, non può quindi uscirne bene secondo queste premesse, come Chesterton fa spiegare all’altro investigatore dei suoi romanzi, il Basil Grant protagonista de Il club dei mestieri stravaganti (ult. ed.: Guanda 1987): “i fatti come fatti nascondono la verità. Io posso essere uno sciocco – e in realtà sono un po’ squilibrato – ma non ho mai creduto a… – come si chiama il protagonista di quelle clamorose vicende? – Sherlock Holmes. Ogni particolare ci conduce a qualcosa, certo, ma quasi sempre ci conduce alla cosa sbagliata. I fatti ci conducono in tutte le direzioni, almeno a quanto mi sembra, come i mille rami di un albero. E’ solo la vita dell’albero che possiede un’unità e si innalza”.
Un esauriente viaggio nell’universo chestertoniano si ha anche attraverso il saggio “La Chiesa cattolica. Dove tutte le verità si danno appuntamento” (ed. Lindau, con Prefazione di Marco Sermarini, Torino 2010, pp. 128, € 13), definito dallo stesso Autore “il diario di un convertito”.
Nel Capitolo I, intitolato Una religione nuova, Chesterton spiega così come un uomo, anche in età matura come lui, può essere colpito dalla novità del Messaggio di Cristo: “Il cattolicesimo, infatti agisce sul suo ambiente con la forza e la freschezza tipici di una cosa nuova. Persino i suoi oppositori generalmente lo denunciano per questo: perché è un’innovazione e non una semplice sopravvivenza. Ora questo è piuttosto strano, dal momento che Roma non è poi così nuova. Tra tutte le religioni nuove e fastidiose, è piuttosto vecchia; ma è anche l’unica religione antica ad essere così nuova” (pp. 13-14).
Nel Capitolo II, intitolato Gli errori palesi, spiega invece il suo cammino di convertito: “La Chiesa è una casa con cento porte, e nessun uomo vi entra mai con la stessa identica angolazione di un altro. La mia era tanto agnostica quanto anglicana, anche se per un certo periodo accettai la terra di confine dell’anglicanesimo (ma solo partendo dal presupposto che potesse davvero essere anglo – cattolicesimo)…si potrebbe dire che l’anglo-cattolicesimo fu soltanto la mia conversione incompleta al cattolicesimo” (pp. 26-27).
Il Capitolo III, I veri ostacoli, contiene invece preziosi suggerimenti, validi ancora oggi, per l’approccio con il protestantesimo: “[…] gli opuscoli cattolici, spesso, tradiscono una eccessiva preoccupazione di contestare le accuse del protestantesimo. In realtà possiamo dire che i preti e i propagandisti cattolici sono rimasti indietro coi tempi solo perché si ostinano a sprecare energie nel tentativo di eliminare un’eresia che si è suicidata molto tempo fa. […] Il predicatore, e finanche il persecutore, davvero prende l’eresia più sul serio di quanto in definitiva l’eresia stessa non meriti; l’inquisitore ha più rispetto per l’eresia di quanto non ne abbiano gli eretici. Nondimeno, è vero che i motivi di sospetto o di timore che in effetti assalgono il convertito, e talvolta lo paralizzano proprio in punto di conversione, non hanno proprio niente a che fare con questa vecchia messe di calunnie grossolane e falsi ragionamenti, e anzi sono spesso il loro esatto contrario” (pp. 48-49). Anche nel Capitolo IV, intitolato Il mondo alla rovescia, Chesterton dipinge originali ritratti psicologico-culturali del variegato universo protestante: “I protestanti sono cattolici che hanno fatto uno sbaglio: è questo che si intende realmente dicendo che sono cristiani. In alcuni casi il loro è stato un grosso sbaglio, ma sono rare le volte che hanno portato avanti un errore tutto loro. Così il calvinista è un cattolico ossessionato dall’idea cattolica della sovranità di Dio. Ma quando le attribuisce il significato che Dio desidera la dannazione di alcune persone, possiamo affermare, senza timore di esagerare, che è un cattolico morboso. […] Il carattere inclusivo o continentale della Chiesa si applica tanto alle manie moderne che alle vecchie manie religiose, e quindi tanto ai materialisti, o agli spiritisti, che ai puritani. In tutte ritroviamo un dogma cattolico che subisce sempre lo stesso destino: all’inizio gli adepti del movimento lo danno per scontato, poi lo esagerano fino a corromperlo, quindi gli si rivoltano contro e lo respingono come errore, tornando indietro di qualche passo sulla strada verso casa” (pp. 75-76).
Gli ultimi due capitoli de La Chiesa cattolica. Dove tutte le verità si danno appuntamento, intitolati rispettivamente L’eccezione conferma la regola e Una nota sulle prospettive attuali: cosa allontana dalla Chiesa?, sono finalmente dedicati all’oggetto specifico del libro. Si soffermano, quindi sull’“unica cosa in grado di salvare l’uomo da una schiavitù degradante, quella di essere figlio del suo tempo”. “Una realtà antica quanto la Chiesa cattolica – aggiunge lo scrittore sempre nel Capitolo V – ha accumulato un arsenale e una camera del tesoro a cui attingere; può pescare con cura tra i secoli e chiamare un’epoca in soccorso di un’altra. Ha la possibilità di evocare il mondo antico perché ristabilisca l’equilibrio del nuovo” (p. 86).
L’analisi chestertoniana del Capitolo VI offre una eccezionale disamina della condizione giovanile del tempo che, letta a posteriori, lascia ampiamente presagire il successivo Sessantotto europeo. Per valutare la valenza “profetica” di questi passaggi del libro, si leggano le righe che seguono: “La vecchia cantilena razionalista sostiene che è la ragione a impedire il ritorno dei giovani alla fede, ma è falso: non si tratta più della ragione, quanto piuttosto della passione…Se davvero studiamo le caratteristiche della generazione emergente, niente risalta più del fatto che i giovani non agiscono sulla base di una filosofia precisa e definita, come quelle che diedero vita alle rivoluzioni del passato. Se sono anarcoidi, non sono anarchici…La loro è una straordinaria rivolta negativa contro la religione” (pp. 103-104).
In Il Corriere del Sud n. 1
anno XXI/12, p. 3