L’arrivo di Giuseppe a Nazareth e la vita domestica con Gesù e Maria
di San Giovanni Bosco
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Informazione Cattolica vi offre una pagina al giorno (in una nostra versione nell’italiano odierno) del libro scritto da San Giovanni Bosco, nel lontano 1867, ma tuttora attuale, sulla VITA DI SAN GIUSEPPE SPOSO DI MARIA SANTISSIMA «PADRE PUTATIVO DI GESÙ CRISTO»
“Constituit eum dominum domus suae” (Lo costituì padrone della sua casa. PSAL. CIV,20).
Erano finalmente terminati i giorni dell’ esilio. Giuseppe poteva di nuovo rivedere la sospirata terra nativa, che gli richiamava alla mente le più care memorie. Bisognerebbe amare il proprio paese come lo amavano allora gli Ebrei, per comprendere le dolci impressioni che riempivano l’anima di Giuseppe allorquando apparve da lontano la vista di Nazareth. L’umile patriarca accelerò il passo della cavalcatura di Maria, e ben presto arrivarono nelle strette vie della loro cara città.
I Nazareni, i quali ignoravano la causa delle partenza del pio operaio, videro con gioia il suo ritorno. I capi di famiglia vennero a dare il benvenuto a Giuseppe, e a stringere la mano del vecchio, la cui testa era incanutita lungi dalla sua patria. Le figlie salutarono l’umile Vergine, la cui grazia era ancora aumentata dalle cure, delle quali ella circondava il suo divino fanciullo. Gesù, il prediletto Gesù vide accorrere presso di se i ragazzi della sua età, e, per la prima volta, intese il linguaggio de’ suoi antenati invece di quello amaro dell’esilio.
Ma il tempo e l’abbandono avevano ridotto la povera abitazione di Giuseppe in pessimo stato. L’erba selvaggia era cresciuta sopra le mura, e la tignola si era impossessata dei vecchi mobili della santa famiglia.
Alcune terre che circondavano la casa furono vendute, e col loro prezzo furono comperate le masserizie più necessarie. Le meschine risorse dei due sposi furono impiegate negli acquisti più indispensabili. Non restavano adunque più a Giuseppe che il suo laboratorio e le sue braccia. Ma la stima che ciascuno sentiva pel santo uomo, la confidenza che si aveva nella sua buona fede come nella sua abilità, fecero sì che a poco a poco gli ritornassero e il lavoro e gli avventori; e il coraggioso falegname ebbe ben presto ripreso il suo consueto lavoro. Era invecchiato nelle fatiche, ma il suo braccio era pur sempre robusto, ed il suo ardore si era ancora accresciuto dopo che si trovava egli incaricato di nutrire il Salvatore degli uomini.
Gesù cresceva in età e sapienza. Nella stessa guisa che Giuseppe aveva guidato i suoi primi passi, quando piccino ancora incominciava a camminare, diede pure a Gesù le prime nozioni di lavoro. Egli teneva la sua piccola mano e la dirigeva nell’ insegnargli a tracciare le linee, e a maneggiare la pialla. Egli insegnava a Gesù le difficoltà e la pratica del mestiere. E il Creatore del mondo si lasciava guidare dal suo fedele servitore, che egli si era scelto per padre!
Giuseppe, che era assiduo agli uffizi nel sacro tempio, come era diligente dei doveri del suo lavoro, osservava rigorosamente la legge di Mosè e la religione de’ suoi antenati. Così giammai si sarebbe visto lavorare in giorno festivo, egli aveva compreso come non sia di troppo un giorno per settimana onde pregare il Signore e ringraziarlo de’ suoi favori. Ogni anno alle tre grandi solennità giudaiche, alle feste di Pasqua, della Pentecoste e dei Tabernacoli, egli si recava al tempio di Gerusalemme in compagnia di Maria. Ordinariamente egli lasciava a Nazareth Gesù, che si sarebbe soverchiamente stancato dal lungo cammino; e soleva sempre pregare qualche suo vicino perché s’incaricasse della custodia del fanciullo nell’ assenza dei suoi genitori.
Ottimo