Santa Margherita e la battaglia spirituale, vinta a 15 anni, con il demonio
Quando ero piccola chiamavo tutte le mie bambole con il nome di Margherita che, allora non lo sapevo, significa in greco antico perla ed ecco perché le pratoline sono le piccole perle bianche dei prati. Sognavo, un giorno, di metter quel nome bello a una bambina mia, ma le strade del Signore han deviato il corso della mia fantasia e così mi sono accontentata delle due Margherite, una bionda e una bruna, che hanno avuto altrettante amiche care. Ma il nome di Margherita mi è rimasto nel cuore e forse è per questo motivo che, entrando nella stupenda Basilica di San Pietro in Vincoli, che ha di sacrissimo le catene fuse insieme (le ebraiche e le romane) di San Pietro e lo stupendo monumento funebre michelangiolesco di Giulio II, io, portata dal cielo, sono andata diritta alla Cappella Silvestri, che è sulla destra dell’altar maggiore e ha per vicino proprio il monumento di Michelangelo. Mi chiamava dove la piccola santa, che era opera, come mi fu subito evidente, del mio amatissimo Domenichino.
Chi fosse quella fanciulla non lo sapevo, così domandai lumi a uno dei canonici lateranensi, che lì sono rettori. Non lo sapeva neanche lui e dovette ricorrere a un libro per saperlo. Scoprii così, e lui con me, che si trattava di Santa Margherita di Antiochia di Pisidia. Il Domenichino, pittore di sante e di sibille, la raffigura con una Croce in mano e accanto a lei c’è un drago. Sono questi i simboli suoi che servono al riconoscimento.
Insieme alla memoria di Santa Margherita, voliamo dunque nella regione di Isparta in Turchia, famosa per la produzione di acqua di rose e camminiamo tra le rovine di ciò che rimane di una grande città ora in rovina, dove portarono la Buona Novella San Paolo e San Barbaba e dove la nostra Margherita nacque nel 275 e morì nel 290. Suo padre era un sacerdote pagano, che, rimasto vedovo, la mise a balia. Margherita, sola, senza famiglia, visse dunque con semplicità in casa della sua balia che era cristiana e che le regalò la fede e l’amore di un focolare. Pascolava le sue pecore nel silenzio della pianura e intanto imparava ad amare devotamente il Figlio di Dio fatto Uomo e morto sulla Croce per i nostri peccati. Vagando per le campagne turche un poco desolate non sarà difficile immaginare questa giovinetta, tra cielo e terra, in compagnia solamente delle sue pecore e del Signore. Doveva esser bella perché, come riporta la sua passio, entrò nelle mire di un potente romano, il prefetto Ollario. In una bella miniatura quattrocentesca di Jean Fouquet, celebre artista francese, si vede, in piedi, la piccola Margherita, nella rotondità dell’adolescenza appena sbocciata, con la coda di cavallo, in mano un bastoncello e i piedini calzati in un bel paio di scarpette nere a punta. Intorno amiche e pecore. Dietro di lei minacciosi s’avanzano a corona i cavalieri, tra cui Ollario, che da lontano la osservano e che sono pronti a ghermirla, rendendo sinistra e ferale la visione pastorale nel giglio della pace.
Lui le fece la sua proposta che lei rifiutò, essendosi tutta consacrata al Signore. Denunciata come cristiana, Margherita fu quindi arrestata. Ed è qui che entra in scena il drago, dipinto dal Domenichino, di cui abbiamo scritto sopra. Il drago naturalmente è il demonio che entrò nella sua cella, forse per tentarla, forse per sedurla. Quel che accadde ha del prodigioso ed è anche spaventoso perché Margherita fu divorata dal Drago, ma poi, con una Santa Croce, gli squarciò il ventre e uscì vittoriosa dalla battaglia per subire poi il martirio. Provarono ad ammazzarla, poi,i n molti modi, ma invano e mentre ci provavano, una colomba bianca scese dal cielo per incoronarla in purezza e candore e dirla tutta quanta del Signore. Alla fine fu decapitata. Morì, ma la sua memoria forte sfidò i Secoli e la devozione fiorì nella speranza. Molti secoli più tardi, in voce e verità, comparve a Santa Giovanna d’Arco, insieme con San Michele e con Santa Caterina d’Alessandria. Invitava Giovanna a combattere per la Patria francese. E chissà che cosa direbbe, oggi, la pulzella d’Orleans nel vedere in che stato è ridotto il cristianesimo nella sua Francia, dimentica delle tante apparizioni mariane che la facevano Nazione beata e prescelta per annunciare la vittoria del Cuore Immacolato di Maria…
Anche Margherita fu combattente. Tutta spirituale la battaglia vinta, a quindici anni appena, con il demonio. Fatale quella col mondo che spense anche Giovanna. Una sorte comune che mi fa volare a un’altra serva di Dio, cioè alla Beata Eustochio, venerata nella chiesa di San Pietro (anche lei in San Pietro) a Padova. Sono andata una volta solamente, insieme con mio marito, padovano, in questa chiesa spoglia che reca nel suo ventre la copia della Santa Casa di Loreto, e ho pregato nella cappella di Eustochio che fu, per tutta la sua breve vita, tormentata dal demonio che la possedeva. La Beata Eustochio è patrona, infatti, degli esorcisti. Sopra il marmoreo altare che contiene il suo corpo, c’è una pala che la rappresenta mentre calpesta il demonio. Anche Eustochio aveva il suo dragone…
Benedetta De Vito