Don Iapicca: “non sono migranti anche quanti lasciamo affogare nel peccato?”

Don Iapicca: “non sono migranti anche quanti lasciamo affogare nel peccato?”

“Il Signore ci chiederà conto di tutti i migranti caduti nei viaggi della speranza. Sono stati vittime della cultura dello scarto”. (Angelus di Papa Francesco, 23 agosto 2020).

Parole chiare di Papa Francesco, che chiamano tutti a conversione. Almeno io mi ci sono sentito severamente chiamato. Perché penso a quante volte ho lasciato cadere nel mare dell’indifferenza che mi separava da loro, le persone moleste, noiose, pesanti, irritanti, con caratteri insopportabili, nevrotiche.

Quanti viaggi della speranza ho lasciato naufragare, quelli delle persone che chiedevano da me l’annuncio del Vangelo, la Parola capace di salvargli la vita, mentre ho offerto loro succedanei mondani e filantropici.

Quanti ho lasciato affogare nel peccato con cui hanno scambiato la felicità, mentre mi chiedevano in mille modi di vedere, ascoltare, conoscere Cristo in me, e hanno trovato vuote parole religiosamente corrette, ipocrisie moralismi.

Lo ha detto il Papa proprio oggi, sferzando tanto inutile e illusorio attivismo sociale: “La carità cristiana non è semplice filantropia ma, da una parte, è guardare l’altro con gli occhi stessi di Gesù e, dall’altra parte, è vedere Gesù nel volto del povero. Questa è la strada vera della carità cristiana, con Gesù al centro, sempre”.

Eccoci allora al punto, e non c’è proprio ragione per nessuno di strumentalizzare le parole di Francesco.

Non è un migrante che viaggia con speranza verso la nascita il cucciolo d’uomo nel grembo di sua madre?

Non migrano verso la nostra stessa riva i milioni di bimbi abortiti, per i quali non si preoccupano tanti che oggi plaudono alle parole del Papa?

Non sono migranti che viaggiano verso la speranza e l’affetto dei cari gli anziani o i malati ai quali, i tanti tifosi delle parole di Francesco, iniettano la morte spacciandola per diritto e conquista di civiltà? Bare agli scartati, in mare come nelle cliniche della morte e negli ospedali.

Non è un migrante disperato che viaggia verso di te in cerca di perdono tuo marito, tua moglie, quel fratello, il cognato, la collega?

Non è un migrante che cerca la riva del rispetto quella donna che stai usando per il tuo piacere, o quel bambino che stai distruggendo con la tua propaganda gender?

O tutti quei bimbi che non vedranno la luce per le campagne malthusiane dell’ONU, Oms e politici affiliati?

O tutti gli anziani riposti in un ospizio come in un’isola in mezzo all’oceano mentre cercavano il calore e la gratitudine di figli e nipoti?

Certo non affogati, ma sospesi tra vita e morte, indotti nel coma farmacologico del non essere amati. Non cerca di raggiungere la riva della tua vita il nemico che ti disprezza, calunnia, odia, e che il Signore ti ha detto di accogliere con amore?

Non sono migranti in cerca di speranza quelli che fai cadere in un’aula di tribunale, nelle mani di uno strozzino o di un curatore fallimentare?

Non sono migranti i malvagi che Gesù ci ha detto di non respingere ma di lasciare sbarcare per caricare su di noi i loro peccati?

Non sono migranti gli abitanti di un quartiere o di una zona che cadono nello scandalo che li allontana da Cristo, trovando chiuse le porte delle chiese, o pastori che impediscono l’evangelizzazione in nome dei propri criteri pastorali?

E potremmo continuare, perché oggi il Signore ci sta chiedendo conto di tutte le vittime dei nostri scarti, divorzi, aborti, uteri in affitto, e poi rancori, odi, giudizi, maldicenze, avarizie, accidie, tiepidezze, pigrizia nell’annuncio del Vangelo, pensiero e metodi mondani nella missione, etc etc.

C’è da tacere tutti, e convertirci. Perché tutti siamo stati e siamo migranti che, spesso ingannati dal demonio, viaggiamo nella speranza di trovare misericordia, dignità, senso e pienezza alla nostra vita schiava del peccato. E abbiamo incontrato solo le braccia di Cristo distese sulla Croce per accoglierci nel suo amore. Se ne abbiamo fatto davvero esperienza non faremo difficoltà ad accogliere le parole del Papa, e convertirci. Perché il business vigliacco sulla pelle di tanti migranti non è diverso da quello che facciamo noi, e dal quale solo il Signore può liberarci.

Non siamo politici, non entriamo in beghe più grandi di noi, ma senza però chiudere gli occhi sui crimini del traffico di uomini a cui anche il Papa ha fatto riferimento ricordando il “decimo anniversario di un sequestro e di un massacro ancora avvolti dal mistero.

Il 24 agosto del 2010 infatti furono trovati i corpi di 72 migranti a San Fernando, Tamaulipas, nel Messico centrale, a partire dalla segnalazione di un ragazzo ecuadoriano riuscito a scappare. Tra quelli identificati c’erano i corpi di honduregni, salvadoregni, guatemaltechi, ecuadoriani, brasiliani e una persona dell’India. Un livello di violenza efferata, tale da far parlare nel tempo del coinvolgimento del narcotraffico” (Vatican News).

Le sue parole sui migranti prendono spunto da questo episodio. Anche se non siamo politici, siamo però chiamati ad essere sale, luce e lievito per i politici, offrendo in noi cristiani vite e parole profetiche. Accogliamo Cristo allora, la nostra vera politica, perché cambi il nostro cuore e lo renda capace di accogliere il prossimo, senza giudicarlo e senza esigere.

 

Don Antonello Iapicca – Da Facebook

Subscribe
Notificami
0 Commenti
Oldest
Newest
Inline Feedbacks
View all comments