La moneta di proprietà popolare

La moneta di proprietà popolare

di Alvise Parolini

IL PROMETTENTE PROGETTO AURI DELL’ASSOCIAZIONE SENTIERI DI GRIMOALDO

Il progetto Famiglia e Sviluppo sociale “Buoni Auri” promosso dall’Associazione “Sentieri di Grimoaldo” consente una feconda sinergia tra le proprie associazioni territoriali con le circoscrizioni comunali, con l’ambizioso ma necessario obiettivo di progressivamente condurre l’economia locale fuori dalla schiavitù del sistema globalizzato del mercato verso una transizione genuinamente micropianificata e basata sulla proprietà popolare della moneta, terza via – cristiana – tra quella attuale del debito e quella del credito sociale che si sta facendo largo insieme al progetto di un’unica moneta elettronica per l’Unione Europea.

In antitesi sia con le varie ultime teorie del reddito di cittadinanza e del reddito universale, rispettivamente epigone di Keynes e di Marx, per Giacinto Auriti – figura dalla quale l’associazione prende le mosse – l’unico reddito buono e necessario rimane quello locale, dove le esigenze lavorative dei residenti sono conosciute empiricamente, direttamente da ben conosciuti responsabili locali e non statisticamente, da meri funzionari statali.

Inoltre, se si comprendesse, come fa notare il vicepresidente Nicola Arena, che se la vita è una corsa, compito degli organizzatori della gara sarebbe creare le condizioni per cui tale gara si svolga in condizioni ottimali e non in un luogo accidentato e pericoloso. Fuor di metafora, potremmo dire che se in futuro si riuscisse a provvedere del necessario per tutti in forza della cittadinanza stessa dei singoli, potrebbe essere evitato l’attuale circolo vizioso che per molti è rappresentato dal “lavora per vivere e vivi per lavorare”. Il socialistico sogno del “welfare state” potrebbe lasciare il posto ad una forma di “garanzia natale”, ovvero una garanzia del necessario per vivere per il fatto stesso di essere al mondo, di esser nati uomini e donne all’interno di una comunità. Un diritto riconosciuto, un diritto naturale.

Di fronte alla proposta di una moneta popolare e sovrana, dunque “dal basso”, gli economisti sostenitori della MMT (Modern Money Theory), fanno criticamente osservare che attualmente la moneta assume potere d’acquisto solamente in forza dell’autorità dello Stato, il quale impone con emendamenti vincolanti per legge la “moneta a corso legale” per pagare i tributi ed accedere ai servizi pubblici. Anche qualora, per convenzione, i cittadini accettassero come mezzo di pagamento un simbolo monetario diverso da quello ufficiale, poi dovrebbero necessariamente cambiare quel simbolo con quello legale ogni qual volta essi entrassero in contatto con i poteri pubblici.
Tale vincolo legale è ovviamente conosciuto dall’associazione, che infatti, oltre ad emettere un buono monetario parallelo, consente alle aderenti partite I.V.A. di commutare gli incassi in Auri (questo è il nome del buono monetario) nella moneta nazionale – in Italia in Euro – per poi poter pagare le tasse. Tutto questo per mezzo di un fondo di convertibilità posseduto dall’intero gruppo degli associati, indivisibilmente, a disposizione di questa categoria di soci.

È importante puntualizzare che la teoria del valore indotto non deve essere considerata secondo una politica economica solamente repubblicana, quanto piuttosto democratica. Come insegna l’etimo, con “repubblica” s’intende quel particolare atteggiamento dello Stato nel “rendere pubbliche”, manifeste le proprie intenzioni, le procedure legali, le nomine… Insomma: un potere che si propone di “essere trasparente”, di “rendere ragione del proprio operato”. Nonostante tale premessa, non è automatico che l’approccio repubblicano, non tirannico ma comunque centrale e universale, realizzi i bisogni della democrazia, basata su esigenze locali e particolari. La vera democrazia si realizza a partire dai bisogni locali concreti: la sua natura si realizza appieno non nel politico, ma nell’economico.

Per ovviare all’abuso repubblicano che, a partire dal contratto sociale di Rousseau è giunto allo Stato etico di Hegel ed alle successive derive kelseniane e post-kelseniane, bisognerebbe rivalutare la proposta economica “democratica” del professor Giacinto Auriti all’interno di una concezione politica imperiale di stampo biblico e per mezzo di una profonda rivalorizzazione e di un intelligente sviluppo del meglio dello spirito dell’Ancien Régime, come vedremo nel prossimo articolo.

In tal modo si potranno massimamente evitare sia le derive capital-comunistiche – tese a trasformare il cittadino in ingranaggio – che quelle schiettamente antisistema abbracciate a partire dal socialismo utopico di Saint-Simon (1760-1825) e dall’anarchismo federale di Proudhon (1809-1865), oggi fuse nel pur interessante fenomeno degli ecovillaggi; fenomeno che potrebbe essere salvato dalle accuse di abusivismo e riscattato a pieno titolo, a patto di innestarsi sulle possibilità offerte dalla preziosa legge 168/2017, che colloca circa il 25% del territorio nazionale sotto la dicitura “usi civici” a “perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” (art. 1), gestiti sia dalla collettività comunale o circoscrizionale che anche da enti associativi, quale potrebbero essere, appunto, i Sentieri di Grimoaldo (oltre alle associazioni territoriali ordinarie).

Le associazioni territoriali potrebbero, un giorno, poter proporre un’alternativa al principio sussidiarietà, facendosi portavoce di una gestione micro-confederata dell’assetto amministrativo, mettendosi d’accordo – di caso in caso – per quanto riguarda collaborazioni per produzioni ad alta intensità di capitale e mantenendo una sostanziale autonomia e sovranità della politica economica locale.

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