Storia d’Italia: ma quale “fact”? Ma quale “checking”?

Storia d’Italia: ma quale “fact”? Ma quale “checking”?

di Andrea Rossi

IL METODO VETERO-MARXISTA DELLA “VULGATA” NARRATIVA…

Come giudichereste una collana di volumi storici intitolata “Fact checking” (Controllo dei fatti) nella quale si sostiene che la tragedia delle foibe in gran parte ce la siamo “meritata”? E che comunque i morti sono stati assai meno di quelli oggi ricordati? Oppure che l’identità italiana, in fondo, non sia mai esistita, senza citare una singola volta il cristianesimo come valore unificante di un idem sentire della Penisola?

Che valutazione dare di uno studioso (il coordinatore della collana) che ritiene seriamente i valori antifascisti in crisi non perché dopo tre quarti di secolo e la fine delle ideologie genocide i cittadini hanno probabilmente capito la differenza fra propaganda e democrazia, ma a causa di una sorta di complotto di forze reazionarie, xenofobe e sovraniste impegnate a cancellare il “glorioso” passato della guerra civile italiana 1943-45? O una autrice che squaderna una rivalutazione della Resistenza talmente acritica da negare (anche qui) qualsiasi ruolo della Chiesa nella conquista della libertà nel nostro Paese? E che riduce a puri “accidenti della storia” le decine di sacerdoti e di politici di ispirazione cattolica massacrati a guerra finita in Emilia e in Romagna?

Probabilmente si potrebbe pensare che parliamo di “agit prop” di una delle tante case editrici semiclandestine, vicina ai centri sociali e alla sinistra radicale. Ma così non è. La collana “Fact checking” è il fiore all’occhiello della casa editrice Laterza e i titoli dei volumi (“E allora le foibe?” di Eric Gobetti, “L’antifascismo non serve più a niente” di Carlo Greppi, “Anche i partigiani però” di Chiara Colombini e “Prima gli italiani” di Francesco Filippi) sono oggetto di una propaganda strabordante, ben al di là di qualsiasi merito storiografico.

Greppi e i suoi colleghi, non negano il loro obiettivo, fin dalla presentazione della collana: «Oggi la storia è tornata ad essere un campo di battaglia», scrivono. Noi, personalmente, ritenevamo che la storia fosse terreno di confronto fra idee diverse. Scopriamo invece, all’alba degli anni Venti del secolo XXI, che alcune interpretazioni faziose non solo hanno ancora seguaci e uno spazio esorbitante sulla “stampa amica”, ma che addirittura si ritiene che trent’anni di faticose conquiste della storiografia liberale, cattolica e conservatrice vadano buttati all’aria, per tornare alla storia militante, quella imposta nelle scuole e nelle università fino al crollo del muro di Berlino.

Analizzeremo prossimamente i pregi (pochi) e i difetti (abnormi) dei volumi sopra citati, in modo da fare luce sulle criticità di queste interpretazioni e su questa deriva di pericolosa intolleranza non solo per la storia, ma per la cultura e il sistema educativo del nostro Paese. Una deriva alla quale dovremmo preservare, soprattutto, le generazioni più giovani.

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