Quale attendibilità hanno le altre religioni?
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SI È SEMPRE INDAGATA CON PUNTIGLIOSA E PEDANTE CURA LA STORICITA’ DEI VANGELI. MA COSA ACCADE SE ANCHE LE ALTRE RELIGIONI SONO SOTTOPOSTE ALLO STESSO ESAME?
Hanno fatto abbastanza scalpore le parole di Papa Francesco pronunciate davanti ai giovani del Catholic Junion College di Singapore nel suo viaggio apostolico in Asia del settembre scorso quando, in sintesi, disse che tutte le religioni sono vie di accesso a Dio. A questo proposito vogliamo segnalare un interessante articolo pubblicato sul blog dell’Unione cristiani cattolici razionalisti (Uccr) che riporta le conclusioni, scientifiche, riguardo l’indagine condotta sulle fonti storiche delle maggiori religioni non cristiane: buddismo, induismo e islamismo.
Il fatto Nostro Signore si sia presentato agli uomini come l’unica strada percorribile per la salvezza – «Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me» (Gv 14,1-6) – ha sempre destato scandalo; ancora di più in epoca moderna e contemporanea, in cui hanno cominciato a dilagare il laicismo, l’ateismo, la moda per le religioni orientali e “alternative”. Al punto che la stessa Chiesa cattolica ha cominciato a smussare gli angoli e “zuccherare” il proprio annuncio di salvezza inaugurando addirittura una stagione di dialogo che ormai sembra aver assunto l’aspetto di rinuncia. Da qui l’esternazione di Francesco, che peraltro è coerente con quanto sostenuto dal Concilio Vaticano II, ovvero che le religioni non cristiane «non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini».
Forse anche a causa di questo scandalo si è sempre indagata con puntigliosa e pedante cura l’attendibilità storica dei vangeli. Ma cosa accade se anche le altre religioni sono sottoposte allo stesso esame?
Ebbene, l’articolo dell’Uccr riporta che lo studioso statunitense Gary Habermas, presidente del dipartimento di Filosofia della Liberty University (Virginia), assieme al teologo Benjamin CF Shaw hanno effettuato un interessante excursus sulle fonti storiche delle religioni non cristiane, rilevando non poche «difficoltà». Intanto ricordiamo che l’attuale analisi storico-critica sulle fonti cristiane attesta all’unanimità che esse risalgono a 20-60 anni dopo la morte di Gesù, sottolineando anche l’esistenza di fonti precedenti, datate al 35/36 d.C.
Altrettanto non si può dire per il buddismo, in cui è messa in dubbio l’esistenza stessa del fondatore. Lo storico James Ketelaar dell’Università di Chicago ha calcolato una discordanza di oltre duemila anni (!) tra le prime fonti sulla data di nascita di Buddha e questo nonostante l’esistenza storica del personaggio sia cruciale, in quanto la fede buddista – scrive Ketelaar- è «basata sul fatto che il Buddha storico avesse effettivamente raggiunto l’illuminazione». Lo studioso buddhista Edward Conze ha anche rilevato che i principali scritti di Buddha risalgono a 600-900 anni dopo la sua morte, il che fa sorgere qualche dubbio su cosa sia rimasto di originale del suo pensiero.
Non va meglio per l’induismo, dove la maggior parte degli studiosi indù dubita che Krishna, il dio della gioia e dell’amore, sia effettivamente vissuto. Nella prefazione al Bhagavadgītā del 1983, il testo sacro dell’induismo, l’autorità spirituale Abhay Charan De scrisse infatti che Krishna è «un simbolo poetico per presentare le idee di un genio anonimo o, nella migliore delle ipotesi, un personaggio storico minore». Inoltre per lo scrittore indiano Nirad C. Chaudhuri nessuno dei testi indù esistenti può essere datato con precisione prima del XII secolo d.C. quando secondo la tradizione Krishna avrebbe parlato col suo primo discepolo intorno al 3000 a.C., ovvero ben 4.100 anni prima. Anche in questo caso quanto sarà rimasto degli insegnamenti originali?
Per finire l’Islam, secondo il quale Dio stesso – attorno al 600 d.C. -avrebbe dettato il Corano a Maometto e per questo nulla in esso contenuto deve essere interpretato ma tutto deve essere applicato alla lettera. Anche qui non mancano le criticità, a cominciare dal fatto che il Corano almeno su di un punto dice il falso, ovvero quando vi si legge che Gesù non sarebbe morto in croce, poiché in quanto profeta di Dio non poteva fare una fine del genere. Ma nessuno storico del cristianesimo, neanche tra i più scettici, ha mai rifiutato la storicità della crocifissione dell’ebreo Gesù di Nazareth. E’ un dato certamente storico, attestato in tutte le fonti cristiane e non cristiane dell’epoca.
«Questo è devastante per la convinzione dell’Islam di essere la vera religione di Dio», ha scritto Michael Licona, docente alla Houston Baptist University. «Poiché il Corano sbaglia. E poiché l’ispirazione divina del Corano è quella della dettatura, se il Corano sbaglia non è divinamente ispirato, e il fondamento dell’Islam vacilla».
Ma i problemi non finiscono qui. Secondo Keith Small, islamista al Center for Islamic Studies di Londra e alla Bodleian Library dell’Università di Oxford, la copia esistente più antica del Corano, cioè il manoscritto di Birmingham ritrovato nel 2015, «dà più fondamento a quelle che sono state le vedute periferiche della genesi del Corano, come se Maometto ed i suoi primi seguaci avessero usato un testo che era già esistente e lo avessero modellato per adattarlo al loro proprio programma politico e teologico, piuttosto che Maometto abbia ricevuto una rivelazione dal cielo».
Ma l’evidenza principale, ha aggiunto Larry Hurtado, storico delle religioni all’Università di Edimburgo, è che «non c’è mai stato un testo originale del Corano» e che «la storia della trasmissione del testo coranico è una testimonianza della sua conservazione tanto quanto lo è per la sua distruzione». Sono noti infatti diversi momenti storici in cui diversi testi e varianti antichi del Corano furono appositamente distrutti, come avvenuto per la prima volta attorno all’850 d.C.
La “demolizione” della storicità e attendibilità del testo sacro ai mussulmani prosegue e rimandiamo al sito dell’Uccr. A questo punto concludiamo parafrasando il grande Gilbert K. Chesterton: chi non crede in Nostro Signore Gesù Cristo, non è vero che non crede a niente perché comincia a credere a tutto.